L'ultimo profilo dell'edizione 2020 di Costruttori di Libri, iniziativa che abbiamo presentato qui, è quello di Federico Maggioni, scritto da Lorenzo Cantatore. Costruttori di Libri è nato da un'idea di Antonella Abbatiello, Lorenzo Cantatore, Martino Negri e Giovanna Zoboli, con l'obiettivo di fornire strumenti adeguati alla conoscenza dei libri con le figure e dei processi creativi che li riguardano. Nel 2020, a causa della pandemia, non è stato possibile dar luogo anche all'incontro in programma presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre. Qui trovate il primo profilo che riguarda l'editrice Fausta Orecchio, raccontata da Martino Negri. Qui il secondo profilo, di Giusi Quarenghi, scritto da Giovanna Zoboli. Qui il terzo profilo di Alessandro Sanna scritto da Antonella Abbatiello
[di Lorenzo Cantatore]
Di molti artisti si dice che fisicamente somigliano alle loro opere. Di Federico Maggioni si potrebbe dire il contrario. All’apparenza nulla li accomuna. Tanto deformato e martoriato dal nero e dagli strati di colore distribuiti in forma di schizzi, puntini, scarabocchi, trame di ‘sporco’, veli che ne celano l’immagine centrale, appare il suo repertorio iconografico più recente, tanto linda e cordiale ci si manifesta la sua postura fisica, umana e culturale.
In disegno e in pittura, una spia di questa sua comunicatività Maggioni l’affida ora all’ironia affilata del bianco e nero ora all’emozione vivida del colore, a quella vivacità cromatica che, tutte le volte che egli rinuncia alla verginità della china, alla quale, negli anni, ha dimostrato lunga fedeltà, è per l’osservatore sempre una rivelazione di vita e di energia, che stupisce per la brillantezza, inaspettata e flagrante, dei toni e della luce. Ecco allora che quel nero e quel bianco, che sembrano incatramare, infangare, infarinare, innevare le immagini, assumono un significato diverso dalla cupezza nebbiosa che, sul principio, pare caratterizzarli.
Le stratificazioni di segni, disposte in tormentato disordine, smentiscono la loro apparente volontà di velare. In realtà sono un invito a svelare. Sembra quasi trattarsi della tessitura di un ragionamento d’autore che occorre attraversare per arrivare alla potenza dell’immagine che si trova al di sotto e che affiora in virtù del suo accentuato cromatismo. Nella composizione di questa figura sottostante, svelata graficamente e rivelata concettualmente, Maggioni concentra la sua interpretazione del testo che illustra: lì sotto c’è la forza creativa di questo artista, densa di gesti dal profondo significato culturale e morale, segnali accentuatamente critici.
Illustrazione di Federico Maggioni per I promessi sposi, di Alessandro Manzoni, Piemme 2006.
L’illustrazione di un testo letterario è sempre il risultato di una presa di posizione critica e interpretativa, che ha il potere di condizionare la ricezione del lettore.
Il lavoro di Maggioni, in particolare quello sui classici della letteratura, ci arriva come una proposta di rilettura orientata a liberare il classico dalle interpretazioni che ne hanno inquinato alcuni dei significati originari, spesso nella prospettiva di una pedagogia banalizzante (ecco un altro di quei veli fra cui occorre farsi spazio).
Se la sua lunga esperienza professionale, iniziata in modo non ortodosso (per lui non ci sono state né accademie né scuole d’arte, ma ‘solo’ quelle straordinarie botteghe che furo- no le redazioni della “Domenica del Corriere”, del “Corriere dei Piccoli” e del “Corriere dei Ragazzi”), ha permesso a Maggioni di vivere da protagonista nell’officina della costruzione del libro illustrato e, soprattutto, di conoscere in profondità le competenze varie e molteplici che servono per celebrare l’unione fra testo, immagine e impianto grafico, oggi per lui costruire un ciclo di illustrazioni vuole dire essenzialmente tirar fuori, come un fiume in piena, la sua versione dei grandi classici della letteratura.
È per questo che, nei suoi Promessi Sposi, don Abbondio è martire e vittima fra carnefici dai volti ensoriani e non solo un pavido prete di campagna, è per questo che nel Canto di Natale dobbiamo cercare fra il chiaroscuro del nevoso inverno londinese e nell’animalesca umanità che lo popola il significato notturno del gufo-Mr Scrooge, è per questo, infine, che il buon Garrone del Cuore deamicisiano ci viene incontro come una locomotiva lurida di carbone, con due fanali gialli che ci rassicurano. Occorrerà riflettere a lungo sulla tensione morale delle illustrazioni di Maggioni e, fra i molti possibili, dedurne un insegnamento di cultura, di libertà interpretativa, di ricerca tecnica e stilistica che, come ha sottolineato Antonio Faeti, per Maggioni nasce sempre dall’avere “un testo tutto suo da proporre”.