Il Giappone, quello vero

 

[di Massimiliano De Giovanni]

La prima volta che sono stato in Giappone avevo vent’anni. Internet non era ancora entrato nelle aziende e nelle case italiane, non si condividevano le esperienze su Instagram o Facebook e le uniche guide di viaggio dedicate al Sol Levante erano in inglese. Booking non ti assisteva nella prenotazione di un albergo né TripAdvisor nella scelta di un buon ristorante, e non esisteva il Japan Rail Pass con cui percorrere liberamente oltre 20.000 km di rotaie nipponiche. Era tutto molto complicato.

Io ero cresciuto guardando i cartoni animati giapponesi (che in Italia nessuno chiamava ancora anime): Barbapapà nel 1976, Vicky il vichingo nel 1977 e poi Heidi e Atlas UFO Robot nel 1978. Goldrake in particolare ha fatto nascere in me l’amore per queste complesse serie televisive, cosi diverse da quelle a cui ero abituato. Rappresentavano il mio mondo di evasione, il mio rifugio sereno, e in un attimo avevano spazzato via dal mio immaginario i vecchi eroi di Hanna & Barbera, Disney e Warner Bros.

Negli anni del liceo, la voglia di saperne di più mi ha spinto a cercare amici di penna in Giappone. Grazie all’organizzazione International Pen Friends ho conosciuto due giovani appassionati di arte italiana a cui scrivevo lunghe lettere in un inglese stentato. Nonostante i lunghi tempi di attesa della posta aerea (perché, neanche a dirlo, non si comunicava ancora via email), riuscivamo a scambiarci informazioni e regali. Così ho scoperto che gli anime erano quasi sempre la trasposizione di manga di successo e che in patria c’era una distinzione netta tra i titoli per maschi e quelli per le femmine. Non vi dico quanta fatica ho fatto per spiegare ai miei pen friends che, pur amando Lady Oscar, ero un maschio!

Insomma, sognando il mio primo viaggio in Giappone, mi preparavo guardando cartoni animati e sfogliando fumetti.

Nel frattempo avevo messo in piedi una piccola redazione con alcuni amici (Andrea Baricordi, Andrea Pietroni e Barbara Rossi, poi divenuti con me il collettivo Kappa boys) e producevo con loro una fanzine in fotocopia dedicata ai manga, agli anime e alla cultura giapponese, il modo migliore per condividere la nostra passione.

Oggi sarebbe stato più semplice con Internet e i tanti possibili blog, ma all’epoca bisognava essere dei veri pionieri. Il successo ci ha fatto capire in fretta che non eravamo gli unici ad amare l’Oriente e i cartoni animati. La fanzine è diventata così la prozine stampata “Mangazine” e infine una vera rivista da edicola grazie a Granata Press, temerario editore che ci ha permesso di portare ufficialmente i manga in Italia.

La mia passione mi ha portato a studiare giapponese all’università e ad acquistare il mio primo biglietto aereo per Tokyo.

Atterrare all’aeroporto di Narita è stato davvero emozionante. Ogni cosa che vedessi o provassi era totalmente nuova. Usi e costumi tutti da scoprire.

Da quel momento, lavorando per Edizioni Star Comics, ho avuto l’opportunità di visitare il Giappone molte volte e di apprezzarne il patrimonio culturale e le tante tradizioni, anche quelle più nascoste. E, naturalmente, ho potuto occuparmi di centinaia di manga, tra cui grandi successi come One Piece e Dragon Ball, importando nel nostro paese la “lettura alla giapponese”.

Per tre decenni, attraverso riviste come “Mangazine” e “Kappa Magazine”, ho cercato di raccontare il Giappone più autentico, sfatando i tanti luoghi comuni che circolavano in Italia e spiegando tutto ciò che nella traduzione degli anime veniva modificato o censurato (per paura che gli spettatori più giovani potessero non capire).

Oggi che il Giappone sta godendo di una rinnovata popolarità e sempre più persone hanno la possibilità di raggiungerlo per lavoro e per vacanza, mi sono reso conto che le informazioni attendibili sono ancora poche. Pur avendo a disposizione autorevoli guide di viaggio, in molti continuano a non sapere come rapportarsi agli usi e costumi nipponici, rischiando di essere loro malgrado dei pessimi turisti.

È per questo che ho iniziato a scrivere una guida di sopravvivenza, il manuale del perfetto gaijin (“persona esterna”, ossia colui che non è nativo del Giappone, non è del luogo), spiegando come ci si comporta nelle varie situazioni quotidiane. E per farlo ho scelto un linguaggio a me caro, quello degli anime.

In Giappone con gli anime non traccia percorsi di viaggio né racconta la storia dei principali monumenti di città come Tokyo, Osaka o Kyoto, ma suggerisce cosa fare e cosa non fare nella vita di tutti i giorni. Non solo perché in Giappone ci sono regole che il cosiddetto “turista responsabile” dovrebbe rispettare, ma anche per facilitare una vacanza a chi non parla giapponese.

Ho messo su carta per l’editrice Kappalab tutto ciò che ho imparato in trent’anni di viaggi, a cominciare dall’utilizzo dell’indispensabile JR Pass, valido non solo su treni a lunga percorrenza, ma anche su linee urbane come la circolare di Osaka o la Yamanote Line a Tokyo: il costo, la durata, dove acquistarlo, come comportarsi a bordo di un treno o quando si passeggia per strada, una volta usciti dalla stazione. Perché non si può più fumare mentre si cammina (come faceva Madoka in Kimagure Orange Road) né mangiare, non ci si soffia il naso in pubblico, bisogna fare attenzione al significato di gesti che noi italiani facciamo spesso inconsapevolmente… E questo nessuna guida ce lo insegnava.

Da bravo foodblogger (nonché autore di due ricettari sugli anime), ho dedicato un’ampia sezione alla cucina, perché in Giappone non ci si nutre di solo sushi, come lasciano supporre tanti ristoranti cino-giapponesi in Italia. Il ramen di Naruto, il riso in Dragon Ball, la soba e gli onigiri in Demon Slayer, il tempura in Nana e i dorayaki di Doraemon sono solo alcune delle prelibatezze che mi sono divertito a presentare. Spiegando anche come utilizzare correttamente le bacchette, che non vanno tenute in bocca o succhiate, lasciate sul piatto (o sulla ciotola), piantate nel riso, e che non devono essere utilizzate alla stregua di un cucchiaio o per passarsi il boccone, spostare le stoviglie, tagliare il cibo…

La scelta del periodo è fondamentale per una bella esperienza di viaggio in Giappone. Tra la fine di giugno e l’inizio di luglio è tempo di pioggia costante e spesso di tifoni, mentre ad agosto il tasso di umidità è altissimo e le temperature superano abbondantemente i 30° C nelle aree metropolitane. In inverno, un freddo rigido inghiotte tutto il Giappone, invece la primavera è mite e ci permette di godere della bellezza della fioritura degli alberi, soprattutto quelli di ciliegio. In TV ci sono addirittura speciali “previsioni metereologiche” che riguardano l’Hanami (“guardare i fiori”), da inizio aprile nell’isola Honshu a metà maggio in Hokkaido. Ma sono tante le festività da non perdersi in Giappone, dall’Hinamatsuri (“Festa delle bambole” o “Festa delle bambine”, che cade ogni 3 marzo) alla Golden Week (dal 29 aprile al 5 maggio), che comprende ben quattro festività: Showa no hi (compleanno del defunto imperatore Hirohito), Kenpo Kinenbi (“Giornata della costituzione”), Midori no hi (“Giornata del verde”) e Kodomo no hi (“Giornata dei bambini”). Tra le feste buddiste, la mia preferita è l’Higan, celebrata sia durante l’equinozio di primavera sia durante quello d’autunno: indica il passaggio da una stagione all’altra, ma ancor più simboleggia il passaggio dall’ignoranza all’illuminazione.

Al di là delle feste, le occasioni per divertirsi in Giappone non mancano mai. Si può scoprire il vero karaoke (esperienza che in molti vivono in totale solitudine, per allenarsi o semplicemente sfogarsi, come nel caso della protagonista dell’anime Aggretsuko) o trascorrere qualche ora in un Manga Caffè (caffetterie che mettono a disposizione dei clienti non solo fumetti, ma anche internet, computer, videogiochi e persino docce, per chi decide di passarci la notte) o in un Maid Caffè (dove cameriere in crinolina si prodigano per riverire in tutto e per tutto il cliente).

E per ricaricare le energie, tra le pagine di In Giappone con gli anime ci si può infine rilassare in un sentoo (bagno pubblico) o in un onsen (sorgente d’acqua termale) in compagnia della ciurma di One Piece, di Ranma ½ o dei protagonisti di Pokémom… ma solo a condizione che non siate tatuati come me (che ho un paio di ali sulle spalle in stile Devilman) o che riusciate a coprire i vostri tatuaggi con un cerotto o un asciugamano…

Tra tradizioni popolari e luoghi di culto, il Giappone è una delle location più affascinanti del mondo: vi aspetto in libreria per portarvi in viaggio con me!