Il paese degli Antinori

Il paese degli elenchi lo avevamo già presentato qui, attraverso le parole di Cristina Bellemo, sua autrice. Oggi ripresentiamo questa novità che sta incontrando il favore dei lettori, attraverso il punto di vista di Andrea Antinori, autore delle illustrazioni, che su questa storia brillante offre il proprio sorprendente (ed esilarante e autobiografico) punto di vista.

[di Andrea Antinori]

I bozzetti di Andrea Antinori per Il Paese degli Elenchi.

Quando ho letto Il paese degli elenchi, il testo di Cristina Bellemo che Topipittori mi ha proposto di illustrare, diciamo che mi sono sentito un po’ preso in causa. Non tanto per l’aspetto principale (la surreale - ma poi non così tanto - organizzazione che si cela dietro la società di Roccaperfetta), ma piuttosto per il carattere estremamente preciso e puntiglioso del Signor Sicurini.

Spesso anche io posso sembrare un po’ così agli occhi di chi mi incontra. Non su tutto, su alcune cose sono più preciso che in altre, su altre ancora sono proprio ossessivo-compulsivo, convinto addirittura (sbagliandomi praticamente sempre) che le cose si facciano in un modo soltanto, e che il modo giusto lo conosca solo io. Potrei sembrare così, a meno che nelle vicinanze non ci sia qualcuno  ancora più ossessivo di me, situazione che mi si è presentata più volte.

Nel libro c’è una scena specifica che sento mi rappresenta più delle altre: «[...] e rovistando in un baule tirò fuori un bel quadro del mare. Al largo c’era una barchetta bianca. Tornò nell’ingresso, attaccò il quadro del mare, lo sistemò perché era storto e si allontanò per apprezzare meglio la scena.»

È una cosa che potrei fare io: attaccare un quadro, dirigermi verso un’altra stanza, tornare indietro prima di cambiare ambiente per guardare e raddrizzare il quadro. Andare così nell’altra stanza e poi, pensando solo a quel maledetto quadro, tornare di nuovo indietro per accertarmi che il quadro sia dritto, o che sia rimasto dritto durante la mia assenza. Allo stesso modo, vado in giro a tastare mensole per sentire che reggano (anche dopo molto tempo che sono state montate, e non sempre si tratta delle mie mensole), muovo un tavolo per accertarmi che non balli, misuro un milione di volte lo spazio che si trova alla destra e alla sinistra di un punto per essere sicuro che sia identico, segnando le distanze con il metro avvalendomi anche dello spazio vuoto che c’è tra un millimetro e l’altro.

La cosa fondamentale perché le cose vengano fatte bene è non badare al tempo che passa, o alla previsione del tempo che verrà impiegato. Non si va al risparmio su questo: vale la pena usare tutto il tempo del mondo perché una porta smetta di cigolare, o affinché (giusto per entrare anche un po’ nel mio ambito) il bianco abbia valore #FFFFFF per tutta l'estensione dello sfondo di un’immagine. E non si usa la gomma, si usano solo le maschere. Per non parlare delle impalcature di livelli di regolazione perché si possa sempre cambiare tutto, o tornare all’origine dei tempi. Non si sa mai, potrebbe servire.

Di solito, per questo mio atteggiamento, vengo preso in giro dagli amici più stretti, ma pensate che in famiglia, tra tutti gli Antinori, io sono quello più moderato. Vengo addirittura deriso, ma per il motivo contrario: faccio le cose alla buona e all’ultimo minuto, dicono, adducendo come motivazione a questa mia grave elasticità il mio essere artista, ovviamente con l'accezione del termine che viene usata da chi non fa parte dell’ambito: “Colui che ha la testa per aria”.

Nella mia famiglia insomma c’è un solo modo di montare, attaccare, cucinare, calcolare, pulire o riporre qualcosa, ma la cosa comica è che ognuno conosce questa verità assoluta, ed è diversa da quella degli altri. È per questo che dedico questo libro agli Antinori, perlomeno a quelli della mia famiglia, o per intenderci quelli a me più vicini, perfetti abitanti del paese degli elenchi.

(Per essere precisi, per l’appunto, dedico le mie illustrazioni, insomma la parte del mio lavoro, non proprio tutto il libro. Si può dedicare a qualcuno un libro che non hai scritto tu?)

P.S. Perché poi, a fronte di ciò, io trovi tanto piacere nel disegnare tutto storto, male e in modo approssimativo, rimarrà anche per me sempre un mistero.