Nel 2019 è uscito un volume collettaneo di saggi dal titolo La casa nella Letteratura per l’infanzia contemporanea, Figure, modelli e visioni nella Letteratura per l’infanzia dal Novecento ad oggi, a cura di Giuseppe Zago, Carla Callegari, Marnie Campagnaro dell'Università di Padova. Si tratta di una raccolta che mira a offrire modelli interpretativi e chiavi di lettura del topos della casa, secondo una duplice prospettiva: storico-educativa e critico-letterario-estetica. L’obiettivo è di offrire un’originale ricostruzione del panorama storico della raffigurazione della casa (e dei modelli dell’abitare dei bambini) nella letteratura per l’infanzia dal Novecento a oggi. Il volume, pubblicato da Pensa Multimedia, nella collana “Emblemi. Teoria e storia dell’educazione”, diretta da Pierluigi Malavasi, Roberto Sani e Simonetta Polenghi, propone due orizzonti di analisi: rappresentazioni letterarie e visive della casa nella letteratura per l'infanzia e la casa nel genere fiabesco.
Come si legge nella presentazione del volume: «Ineludibile topos della letteratura per l’infanzia, la casa è uno spazio imprescindibile nei libri per ragazzi e ragazze, uno spazio così totalizzante che pare impossibile immaginare le tante storie lette durante l'infanzia senza evocarne le ambientazioni: la casa selvaggia di Robinson Crusoe, quelle maleodoranti di Charles Dickens, le case mutanti di Alice nel paese della Meraviglie, la casa fredda e poverissima di Pinocchio, la villa sbilenca di Pippi Calzelunghe, la casa sugli alberi di Cosimo Piovasco di Rondò. Altrettanto suggestive risultano essere anche le case nelle fiabe popolari, considerate preziosi spazi di iniziazione o zone liminali dell’altrove, come in Hansel & Gretel, Vasilissa La Bella, I tre porcellini o Cappuccetto Rosso.
Il concetto di casa, come lo intendiamo oggi, è il frutto di una conquista alquanto recente. Ricostruendo la vita privata degli ultimi quindici secoli, Philippe Ariès e Georges Duby hanno dimostrato che, sebbene già intorno al Quattrocento si fosse avviato un processo di progressiva trasformazione dell’architettura abitativa, solamente nel XIX secolo si approderà a una piena e consapevole privatizzazione dell’ambiente domestico. Il secolo della casa sarà però il Novecento, quando i modelli domestici rifletteranno l’evoluzione di determinate identità sociali e di nuovi stili di vita familiare destinati a consolidarsi poi nei nostri anni. Questi mutamenti investiranno inevitabilmente anche la letteratura per l’infanzia.
Il volume, composto da otto saggi, analizza il topos domestico secondo una duplice lettura interpretativa. Da una parte, la casa è indagata, in chiave storica, come “oggetto pedagogico” primario. Dall’altra, invece, vengono esplorati i modelli, le forme, le visioni e le trasformazioni (letterarie e visive) della casa che hanno animato quella particolare forma narrativa che è l’albo illustrato.»
Giuseppe Zago in La casa come “oggetto pedagogico”. Uno sguardo storico traccia un interessante excursus sull'importanza della casa e della famiglia nei processi educativi e di crescita, mettendo a fuoco i cambiamenti intervenuti nell'immagine e nel concetto di casa attraverso le epoche.
Carla Callegari in Le trasformazioni storiche della famiglia e della casa attraverso un albo illustrato, analizza il modo in cui Casa del tempo di Roberto Piumini e Roberto Innocenti (La Margherita 2010) racconta i cambiamenti delle culture, dei ruoli e delle dinamiche familiari nella società italiana.
Illustrazione di Beatrice Alemagna per Il meraviglioso Cicciapelliccia.
Illustrazioni di Beatrice Alemagna per Il disastrosissimo disatro di Harol Snipperpott.
In Sull’abitare. Geografie domestiche e visioni di “genere” negli albi illustrati, Marnie Campagnaro mette a fuoco le diverse rappresentazioni della casa e della famiglia (casa-fortino, casa-zattera, casa-abito etc.), e le modifiche in esse intervenute, attraverso una selezione di albi illustrati particolarmente significativi, fra i quali Il meraviglioso Cicciapelliccia, Il disastrosissimo disatro di Harol Snipperpott e Via buio togliti.
Lorenzo Cantatore in Case e bambini fra realtà e sogno negli anni del Neorealismo si occupa dei meravigliosi Le straordinarie avventure di Caterina di Elsa Morante e Le macchine inutili di Bruno Munari.
Illustrazione di Simone Rea per Via buio togliti.
La “casa mobile” nelle fiabe russe e negli albi illustrati contemporanei, di Dorena Caroli, analizza il topos della casa mobile a partire dalla tradizione folklorica russa, la casetta della Baba Yaga che cammina su piedi di gallina, e ne studia le diramazioni fino agli odierni albi illustrati.
In La casa da fiaba, Susanna Barsotti si occupa delle case nelle fiabe come luogo di iniziazione, di cui analizza nello specifico quella famosissima di Cappuccetto Rosso, in particolare nell'albo C'era una volta una bambina di Giovanna Zoboli e Joanna Concejo.
La casa sull’albero. Infanzie sospese e libere nella letteratura per l’infanzia di Maria Teresa Trisciuzzi indaga le narrazioni di case arboree e le storie che raccontano di di personaggi sopraelevati e leggeri, a metà tra terra e cielo, distanti dal mondo adulto terreno.
Illustrazioni di Joanna Concejo per C'era una volta una bambina.
Infine, Oltre la casa: la luna come simbolo di ricerca identitaria, di Sabrina Fava, intrepreta l'immagine della luna presente in La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick, come casa metaforica, simbolo di appartenenza affettiva e interiore, ricerca da parte del protagonista, orfano come molti altri personaggi famosi della letteratura per l'infanzia, di un luogo simbolico da abitare.
Riportiamo di seguito un brano del saggio di Dorena Caroli in cui si parla, oltre che della casa della Baba Yaga, delle case che appaiono nell'albo Casa di fiaba di Giovanna Zoboli e Anna Emilia Laitinen. Ringraziamo l'editore e i curatori del volume per averci permesso la sua pubblicazione.
«Case che ruotano su se stesse nel fitto della foresta, che camminano, che si allargano e che viaggiano su rotaie, in aereo e in nave; case giocattolo e a forma di cappello oppure di scarpe che si indossano; case che galleggiano nel piatto della zuppa, da costruire oppure da ritagliare. Sono tanti gli esempi di case mobili illustrate nei libri per l’infanzia; case dalle forme particolari e variopinte che ricordano quelle immobili ovvero “tradizionali” ma dai contorni indefiniti ed evanescenti come nella pittura di inizio Novecento. […]
Le svariate forme di queste abitazioni sono l’oggetto di questo saggio che intende da un lato approfondire il topos della casa mobile nei libri per l’infanzia, descrivendone l’architettura di tipo fiabesco, case, anche moderne, che in numerosi albi contemporanei si muovono come automi oppure sono trainate da mezzi di trasporto, fino a essere umanizzate esse stesse, talvolta, grazie alla vita dei loro abitanti, dall’altro analizzare le finalità educative veicolate dalla narrazione di queste storie paradigmatiche, popolate di personaggi reali e fantastici. […]
Una delle rappresentazioni di “casa mobile” più nota è quella presente nelle fiabe russe, il cui carattere saliente è quello di incutere paura ai bambini che le si avvicinano. L’analisi testuale di alcune fiabe raccolte dal celebre folklorista russo Aleksandr Afanas’ev (1826-1871) e delle loro illustrazioni mette, infatti, in evidenza proprio il tipo di atteggiamento che i bambini e le bambine provavano alla sua vista. Le edizioni delle traduzioni delle fiabe russe, che riproponevano le illustrazioni della casa della baba-jaga realizzate dal pittore russo Ivan Bilibin (1876-1942) nel 1900, hanno contribuito a fare di questa casetta un archetipo dell’immaginario europeo tanto che il personaggio della vecchia maga e la sua abitazione – “capannuccia” sono stati rivisitati in alcuni albi recenti.
Nella fattispecie si tratta dell’izba (cioè una casa di legno) che è appoggiata su “zampe di gallina” (in russo izba na kurijnych nožkach), che si trova nel fitto della foresta e che le permettono di ruotare su se stessa per volgere la porta d’entrata verso il nord. Non si tratta, tuttavia, di una semplice izba fatta di tronchi di legno tipica delle famiglie contadine russe, né di un nascondiglio sicuro per quanti si fossero persi nel bosco e neppure della dimora di fate e elfi del bosco, ma della piccola capanna della vecchia maga baba-jaga, un personaggio fiabesco, dal comportamento ambiguo: al contempo “donatrice” perché fornisce qualche oggetto magico all’eroe/ina per superare le sue prove, in altri casi nemica dei fanciulli, pericolosa strega pronta a cuocerli in pentola e a divorarli. Discussi sono l’etimologia della parola baba-jaga, la sua origine, il suo cannibalismo e la sua funzione nella tradizione folkloristica nell’area centro-orientale. Secondo alcuni studiosi, la vecchia maga è un personaggio dall’aspetto grottesco con gambe d’osso e lungo naso (talvolta di pellicano) che appartiene al regno dei morti.
Peraltro anche la forma zoomorfa della sua casa è stata oggetto di dibattiti fra gli specialisti del folklore, ma l’ipotesi e i risultati più plausibili sembrano quelli avanzati dalla scuola strutturalista e dagli studi che da essa sono derivati, secondo i quali la “capannuccia” avrebbe originariamente costituito un luogo di iniziazione rituale e, per questo, nelle antiche culture slave dell’area centro-orientale e non solo, doveva considerarsi luogo liminale, di collegamento fra il mondo dei vivi e quello dei morti (la sua porta d’entrata era infatti orientata verso il nord). Le zampe di gallina altro non erano che sostegni ricavati da tronchi tagliati in una forgia che ricordava la zampa di una gallina, benché si debba sottolineare che anche la gran parte dei ripari destinati ai riti di iniziazione e situati nel bosco fossero anch’essi zoomorfi.
Si può supporre che nella folkloristica russa, il bambino e la bambina che si avvicinavano alla casetta della baba-jaga, si fossero allontanati dalla casa paterna per essere iniziati alle esperienze che segnavano il passaggio alla società degli adulti. Il mistero che avvolge questa capanna si spiegherebbe per il fatto che si sarebbe trattato di un luogo sì di formazione, ma legato a riti di iniziazione fisicamente molto dolorosi, subendo gli iniziandi in alcuni casi varie forme di mutilazione. La capanna suscitava spavento poiché non era uno spazio di cura nel senso tradizionale del termine ovvero il riparo della famiglia, bensì un luogo che ruotava per impedire l’accesso agli estranei e il pericoloso contatto con i poteri sovrannaturali della maga. A livello simbolico, tuttavia, le prove richieste all’interno della capanna da parte della baba-jaga erano i riti che potevano predisporre l’alleanza della maga nella sconfitta della malvagità e nel trionfo della giustizia.
Passando ad analizzare la funzione di questa capanna, sembra opportuno soffermarsi su quattro delle fiabe contenute nel volume di Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev, Antiche fiabe russe, raccolte dal 1855 al 1864, per mezzo delle quali è possibile mettere in luce alcuni aspetti della simbologia delle fiabe di magia in cui questa capanna è presente. L’analisi dettagliata consente altresì di fare un confronto con la rivisitazione recente di alcune di queste fiabe classiche dell’inventario folkloristico russo, che sono state oggetto di numerosi adattamenti testuali e iconografici. Come sottolinea lo studioso Franco Venturi, anche “Afanas’ev, seguendo le tracce dei fratelli Grimm – di cui egli studiò le opere con particolare attenzione – [...] cercò di penetrare fino al significato primitivo, religioso e mitologico delle favole che aveva raccolte”.
Fra queste fiabe classiche, in cui viene evocata la capanna misteriosa, vi sono I cigni, La penna di Finist, falco lucente, Vassilissa la Bella e La baba-jaga, tutte assai note e pubblicate in diverse edizioni. Certo è vero che solo le prime due fiabe parlano esplicitamente della casetta della baba-jaga che ruota, mentre le altre due si limitano ad evocare la casetta della vecchia maga che arriva in volo sul mortaio come le streghe, senza descriverne la forma particolare, talvolta preceduta dal passaggio di cavalieri (neri e bianchi). Tuttavia il fatto che in queste due ultime fiabe la capanna ruotante compaia ugualmente nel corredo iconografico ha fatto sì che la stessa sia diventata il simbolo della casetta nella foresta delle fiabe russe.
Nella prima di queste fiabe, I cigni, si narra di due genitori che affidano alla figlia maggiore il fratello più piccolo durante la loro assenza. Incurante delle raccomandazioni dei genitori, la fanciulla si accorge che il fratellino è scomparso; raggiunta una radura per cercarlo, si rende conto che era stato rapito dai cigni che lo avrebbero portato in pasto alla baba-jaga. La fanciulla “corse, c’era una piccola izba dalle zampe di gallina, di quelle che stanno-e-si-voltano. Nell’izba c’era seduta una baba-jaga, muso rugoso, gambe d’argilla. Se ne sta seduta, e su un panchetto c’è il fratellino che gioca con delle mele d’oro”.
La fanciulla riesce a sottrarre il fratellino alla baba-jaga e a riportarlo a casa dopo aver superato alcune prove grazie a due oggetti magici che le dà il gatto della maga (un pettine e una tovaglietta).
Fig. 1: La capanna dalla forma zoomorfa della baba-jaga (riprodotta alla destra del titolo).
Illustrazione di I. Bilibin tratta da La piuma di Finist, falco lucente. Fiabe russe.
Anche la seconda fiaba, La penna di Finist, falco lucente, presenta la capanna dalla forma zoomorfa (Fig. 1). La sua trama è più complessa rispetto alla precedente con la differenza che la figura della baba-jaga non è malvagia. Vi si narra di due anziani genitori che avevano tre figlie. In partenza per il mercato, il padre promette alle figlie un dono. Il fiore vermiglio richiesto dalla figlia minore si rivela esser magico poiché faceva apparire Finist, un falco che si trasforma in un giovanotto il quale le faceva visita ogni notte. Rimasto ferito sul davanzale della finestra in seguito all’insidia tramata dalle sorelle della fanciulla, Finist scompare e la fanciulla, addolorata, si mette in viaggio per cercarlo. Chiesta la benedizione del padre, che le fa fabbricare scarpe, tre bastoni, tre berretti e tre gallette di ferro, va a cercarlo attraverso la foresta ove si imbatte nella capanna della baba-jaga. La fanciulla non sembra impaurita alla sua vista e pronuncia la formula magica per poter entrare nella sua casa: “D’un tratto vede innanzi a sé una piccola isba di ghisa dalle zampe di gallina che gira senza posa su se stessa. Dice la fanciulla: Casa casetta! Volta le spalle alla foresta, a me volgi la testa! – Entra nell’isba, c’è la baba-jaga stesa da un angolo all’altro, con le labbra sulla soglia, col naso al soffitto: Fu-fu-fu! Prima non si vedeva, non si sentiva odore di russo; ma ora odore di russo si sparge nel libero mondo, all’occhio s’accusa, col naso s’annusa! Dove dirigi i tuoi passi, bella fanciulla? Vai cercando l’avventura, vai fuggendo la sventura?”.
La fanciulla racconta allora la storia di Finist alla baba-jaga che si comporta da vera e propria “donatrice” nella ricerca del giovane. Dapprima la maga le svela che Finist vive con una principessa in un lontano reame, poi la manda dalle sue due sorelle mezzana e minore che abitano anch’esse in case che ruotano grazie alla solita formula. La sorella minore della maga è l’alleata che le fornisce il necessario per ritrovare l’amato Finist: due chiodini di brillanti e un martellino d’oro che in seguito la fanciulla offre alla fidanzata-principessa in cambio dell’incontro con il giovane Finist. Dopo il racconto della fanciulla, infatti, il principe decide di ripudiare la fidanzata dalla quale si sentiva tradito e, su consiglio dei suoi consiglieri, i bojari, di vivere con la fanciulla che lo aveva infine coraggiosamente ritrovato. L’illustrazione della capanna sulle zampe di gallina, situata fra gli alberi della foresta nel buio della notte, a corredo di questa fiaba è opera del pittore russo Ivan Bilibin (1900), il quale ha saputo ben ricreare l’atmosfera notturna e cupa in cui la fanciulla si avventura, guidata dal suo coraggioso sentimento.
Fig. 2: La capanna della baba-jaga con le zampe di gallina. Vassilissa, la Bella. Fiabe russe. Immagini di I. Bilibin.
Interessante è notare, nel testo, la posizione della maga all’interno della sua abitazione e il fatto che l’odore che la maga dice di sentire mentre la fanciulla le si avvicina, costituirebbe uno degli indizi della natura liminale della capanna. A conferma di questa sua funzione, secondo lo studioso strutturalista Vladimir Propp, infatti, “questo odore dei vivi ripugna i morti” quando i primi vogliono entrare nel regno dell’aldilà custodito dalla maga. Si può ipotizzare che la scomparsa di Finist sia metafora di morte dalla quale la fanciulla lo resuscita grazie all’aiuto delle tre maghe, che la premiano per il superamento delle diverse prove. […]
Il personaggio ambiguo della maga baba-jaga ricorre anche in altre fiabe della raccolta di Afanas’ev, ma non sempre vi si evoca la sua capanna che tanto ha incuriosito la fantasia e l’immaginario legato al mondo delle fiabe russe. A questo proposito occorre ricordare che lo studioso Joost Van Baak attribuisce alla casa della tradizione culturale slava una funzione mitopoetica, soffermandosi infatti sul concetto di casa come archetipo che, secondo antichi riti, presenti nella cultura indoeuropea, spiegano la sua mobilità come “cosmogonico axis mundi”; a tale tradizione sarebbe da ricondurre pure la struttura simbolica e rituale dell’izba contadina che rispecchierebbe queste antiche ritualità (per il suo orientamento, la sua struttura e la posizione della sauna).
La mobilità dell’abitazione della baba-jaga, e in particolare la sua rotazione, sarebbe anche rivelatrice di una simbologia astrale che caratterizza i castelli erranti dell’epica francese e tedesca. Difatti, l’immagine del castello che ruota è presente nel poema epico francese La démoiselle à la mule (o La mule sans frein), redatto da Paien de Maisière probabilmente fra il 1190 e il 121036, in un romanzo in prosa dello stesso periodo, Perceval le gallois, nonché nell’epica tedesca, in particolare in Diu Crône di Heinrîch von dem Türlin (composto nel XIII secolo); esso fa la sua comparsa anche in qualche romanzo del Graal e della tradizione arturiana.
Questo topos del castello ruotante, che meriterebbe di essere approfondito ulteriormente in ragione della sua funzione di collegamento fra le due dimensioni, terrena e ultraterrena, ha ispirato probabilmente anche la scrittrice americana Diana Wynne Jones (1934-2011), nel celebre romanzo Il Castello errante di Howl (1986).
La circolazione dell’immagine della capanna misteriosa delle fiabe russe della raccolta di Afanas’ev già analizzate precedentemente – I cigni, La penna di Finist, falco lucente, Vassilissa la Bella e La baba-jaga – può essere considerata un vero e proprio fenomeno transculturale, poiché questa rappresentazione è stata costantemente riproposta nei libri di fiabe russe e albi illustrati che narrano storie a sfondo fiabesco.
Per quanto riguarda queste quattro fiabe russe, ci limitiamo qui ad alcuni esempi che meriterebbero di essere arricchiti, poiché sono state oggetto di adattamenti e di riscritture dalla fine dell’Ottocento fino a tempi recenti, non solo in Russia, ma anche in Francia, grazie all’interesse per la cultura russa nutrito da scrittori e artisti emigrati. Quanto agli albi illustrati ispirati alle mitologie fiabesche e ai loro archetipi, la mobilità delle abitazioni ispira una dimensione fantastica legata al mistero del bosco […] oppure riflette relazioni educative declinate fra adulti e bambini, non solo di tipo iniziatico, proprio alle società tradizionali e premoderne, ma anche inscritte nel processo di trasformazione delle strutture familiari e delle responsabilità educative e parentali e nella cultura contemporanea dell’infanzia (come nell’albo Casa di fiaba). […]
Allo stesso modo, anche la capanna che figura fra le innumerevoli case passate in rassegna nell’albo Casa di Fiaba (2013) di Giovanna Zoboli è arricchita dalla fantasia della illustratrice Anna Emilia Laitinen. Simbolo delle diverse civiltà per le architetture peculiari – dalla casetta quadrata con la cupola e le ruote della copertina alle altre tipologie di abitazioni (case grandi, agglomerati di case, torri, case in accampamenti, casette appese agli alberi per gli uccelli) che le pagine dell’albo fanno scorrere sotto gli occhi del lettore –, le piccole case sono rese accoglienti dalle illustrazioni che riproducono i tronchi di legno delle strutture e tappezzano di motivi floreali pareti interne e muri esterni, offrendo una rara percezione dell’interrelazione stessa che la materialità e/o la spazialità della casa hanno con l’ambiente che la circonda.
Si tratta infatti di innumerevoli casupole a misura di bambino, che si moltiplicano di fronte agli occhi del piccolo lettore e che sono il simbolo di tante culture e modi di vivere della società multietnica.
Fig. 3: La torre sospesa sull’acqua che corre su “piedi di pollo”.
Illustrazione © Anna Emilia Laitinen tratta da G. Zoboli, A. E. Laitinen, Casa di Fiaba,Topipittori, Milano 2013.
Le casupole si susseguono nelle pagine dell’albo, incorniciate da due risvolti su sfondo scuro, con qualche interno arredato con rari oggetti (un tavolo, una sedia a dondolo oppure un letto), appena abbandonate dai loro abitanti-personaggi e pronte per accoglierne altri, e che si prestano a essere abitate da nuovi personaggi di storie ancora da inventare e raccontare.
Fra queste c’è anche la torre sospesa sull’acqua sorretta da quattro pali conficcati sul fondo che proiettano un’ombra a forma di “piedi di pollo” (Fig. 3), evocativa di un mondo fiabesco, misterioso e magico: “torre di pietra, conchiglia di luce, casa sull’acqua, del tempo che è stato, casa che corre su piedi di pollo, casa futura, casa dipinta, casa prigione, casa scoppiata”.
Fig. 4: La “casa mobile” su ruote. Illustrazione
© Anna Emilia Laitinen tratta da G. Zoboli, A. E. Laitinen, Casa di Fiaba,Topipittori, Milano 2013.
C’è infine, nell’ultima pagina, una casetta di legno con le ruote trainata da una bicicletta (Fig. 4): “casa sprangata, porta sul mondo, orto e giardino, parco di re. Oggi, seduta qui sulla soglia, guardo i tuoi muri e vedo me”. L’immagine raffigura una piccola abitazione che si muove portando con sé, fra le altre cose, anche una cupola di cielo con la luna piena, simbolo della dimensione emotiva che la lega al suo passato e al trascorrere del tempo. Ciascun piccolo lettore può identificarsi nella grande varietà di case e fantasticare sulla vita degli abitanti in virtù della frequenza con cui nelle società attuali le famiglie si trasferiscono o migrano da una località all’altra.
Come si è potuto osservare, la mobilità della casa che appare in questi albi si colloca in dimensioni educative diverse, dalla simbologia della cultura folkloristica ispirata all’inventario fiabesco russo alla metafora dei cambiamenti culturali e sociali che sono al centro anche delle narrazioni seguenti.»