ovvero il nostro blog secondo la lettura che ne ha fatto Susanna Miano, tirocinante e studentessa della Facoltà di Lettere Alma Mater Studiorum Università di Bologna e dell'Accademia Drosselmeier.
[di Susanna Miano]
Come iniziare questa relazione? Quale forma darle, e come riuscire a non sminuire il portato dell’attività dei Topipittori senza scadere in uno sterile riassunto? Come riuscire a essere sincera senza però apparire lusinghiera o troppo critica?
Ecco, questi sono i dubbi che ormai da giorni coltivo e ai quali non ho ancora trovato soluzione, e siccome, facendo i conti con la mia autostima, la probabilità di non trovarne mai è alta – molto alta – è giunta l’ora d’iniziare e mettersi in gioco in ogni caso; perciò vorrei premettere che cercare di comprendere e poi stabilire il portato e il valore di qualcosa pone problemi complessi: credo sia innanzitutto necessario mettere in relazione il mio essere neofita dell’argomento trattato, ossia la cultura dell’infanzia, con la profondissima conoscenza che invece ne hanno gli editori in questione (ed essere clementi con il timido tentativo di una studentessa di lettere moderne, per favore).
Alla fine della mia lettura credo dunque di poter dire che il blog dei Topipittori sia nato, quel 18 settembre dell’ormai lontano 2010, in risposta a un generale e imponente vuoto d’interesse rispetto all’universo infanzia: era quindi storicamente e geograficamente necessario iniziare a porre l’attenzione sull’argomento, cercando di costruire, con e per i lettori che frequentano abitualmente la letteratura cosiddetta “per adulti”, una coscienza rispetto alla letteratura cosiddetta “per l’infanzia” che non si esaurisse al mero riconoscimento di che cosa è pensato per i bambini e che cosa invece no, ma che andasse alla radice del problema, il quale, come ogni problema culturale, è in sé etico ed estetico.
Era necessario dunque cogliere la complessità della questione e cercare di stabilire sistemi di valori, criteri di giudizio, insomma parametri chiari e condivisibili su cosa fosse questa ‘grande esclusa’. Era necessario far acquisire alla realtà della cultura dell’infanzia una dimensione di rilievo non perché fosse più importante della cultura in senso lato, ma per evidenziare tutte le sue dimensioni, per farsi suoi protagonisti, per avere mezzi adeguati a porle (e soprattutto porsi) domande puntuali ed essenziali, ma giammai banali.
Bisogna, quindi, prendere coscienza del fatto che raramente alla cultura dell’infanzia è stato dato lo spazio che meriterebbe e pure del fatto che raramente il suo significato è stato indagato in profondità, in un modo scevro da banalizzazioni dai toni pastello.
I Topipittori, in quel 18 settembre 2010 hanno iniziato criticamente a problematizzare quel particolare momento della vita che è l’infanzia e quanto importante sia, specialmente in questa nostra frettolosa e mutevole società occidentale, hanno iniziato a dare spazio alla condivisione democratica, laica e orizzontale della cultura che la rappresenta e ne esprime le istanze, coscienti del fatto che, se è sempre stata sottovalutata, lo è stata perché non si è mai dato il giusto spazio all’incredibile potenziale che i bambini sono in grado di esprimere.
Di ciò che riguarda la cultura dell’infanzia nulla è tralasciato nel blog Topipittori: gli argomenti trattati sono i più disparati e vengono approfonditi con zelo e passione sincera, non rinchiudendosi in una fortezza di autoreferenzialità, bensì dando voce e prestando ascolto a tutti gli altri attori e fruitori del settore. È possibile leggervi qualche articolo scritto dai tirocinanti ospitati, alle prime armi come me; racconti di come illustratori e autori hanno concepito il proprio lavoro; resoconti dei giurati dei numerosi premi assegnati ogni anno ai libri per l’infanzia; inviti alla visione di film e documentari; approfondite ricerche storiche su libri dimenticati o scritti in luoghi e tempi distanti da noi; pareri di esperti del gioco; presentazioni di altre case editrici o blog che si adoperano anch’essi nella diffusione della cultura della e per l’infanzia; resoconti di spettacoli teatrali e festival circensi o letterari; generose condivisioni d’impressioni avute alle mostre d’arte e di fotografia; inviti alla lettura di saggi che hanno destato negli editori particolare interesse; interviste a pediatri e pedagogisti; inviti alla fruizione di librerie indipendenti e biblioteche notevoli (nonché pasticcerie e osterie limitrofe – e pare che questi Topi abbiano papille sopraffine!). L’elenco è, invero, ancora lungo e devo includervi ancora brani che danno spazio all’importanza d’osservare la bellezza anche nell’architettura o nella musica sinfonica; pubblicizzazione di meravigliosi concorsi (non pochi quelli indetti dagli stessi Topipittori e che chiamano a partecipare soprattutto bambini, mettendo generosamente in palio per il vincitore uno degli albi del loro catalogo); consigli sinceri, ma non spietati agli esordienti sul modo migliore di presentarsi a una casa editrice – e relativi chiarimenti sulle scelte e i programmi editoriali dei Topipittori; articoli degli esperti riguardanti le disabilità e come confrontarsi degnamente con esse senza scadere mai nel pietismo che spesso pervade queste narrazioni; analisi critiche rispetto alla letteratura del passato entrata alla storia per riuscire a comprenderla profondamente, senza le giustificazioni aprioristiche di quei modelli talvolta errati ma ormai dai più assunti quali esempi assoluti di Letteratura; approfondimenti sulle tecniche di stampa e realizzazione degli albi illustrati; resoconti di fiere del libro nazionali e internazionali così come di premi letterari o all’illustrazione; attenzione sincera alle donne e alla questione di genere con il rispetto e i riferimenti culturali adeguati, e ben prima che il femminismo diventasse di tendenza; pezzi sulle personali passioni degli editori, dalla storia di oggetti d’uso quotidiano alle passeggiate nella natura, che consciamente o meno ‘contaminano’ poi anche i Topilettori; le nette prese di posizione di docenti di scuole di ogni ordine e grado sulle riforme scolastiche o sui metodi didattici utilizzati, che difendono a spada tratta tutto ciò che la scuola è, ma soprattutto ciò potrebbe essere; approfondimenti storici su case editrici rilevanti nel panorama internazionale e nazionale come l’encomiabile esperienza dell’Emme edizioni di Rosellina Archinto.
Per quel che riguarda la forma, gli articoli si fanno via via più lunghi e dettagliati e vengono sempre arricchiti di documentazione fotografica o di un apparato figurativo (fuori misura il tempo che ho trascorso indugiando sulle bellissime illustrazioni a disposizione dei lettori), numerosissimi i web-link e le indicazioni bibliografiche, che sono ricche e precise a dimostrazione della cura professionale e della reale disponibilità di condivisione di chi scrive: gli autori hanno saputo suscitare in me un intenso e autentico interesse verso quasi ogni argomento trattato (e lo posso dire senza timore d’esagerare: dopo la lettura di un articolo le pagine di ricerca che apparivano sul mio computer erano circa una decina e ancora moltissimi erano i libri che prendevo in prestito in biblioteca e i film e la musica che, vorace, cercavo in rete); d’altro canto i temi ospitati sono così vari da avere la potenzialità di solleticare la curiosità di chiunque, e questa è una qualità rara quanto lodevole.
Tutto ciò, per altro, lascia ampio spazio ai lettori del blog, che vengono sempre interpellati, per lasciare un commento e fare tutte le osservazioni o domande del caso, mostrando proprio come non si tratti meramente di una rivista online per addetti ai lavori: i destinatari sono i genitori come i figli, i professionisti come gli studenti, i curiosi e gli sfaccendati, gli autori-illustratori allo stesso modo dei lettori: è un luogo virtuale aperto e condiviso, un territorio di esplorazione e ricerca costruito da chi scrive e da chi legge nella stessa misura e siamo noi tutti che decidiamo di riempire di senso questo sito web attraverso la nostra frequentazione.
Un ruolo chiave all’interno del blog dei Topipittori lo ha, chiaramente, l’oggetto libro, che collocato in uno stile di vita preciso, attraversa il quotidiano descrivendone potenzialità e limiti. Del libro si parla in modo complesso e astratto, lineare e pragmatico, in termini qualitativi piuttosto che quantitativi, puntando alla circolarità e alla divulgazione di buoni libri e considerando questi strumenti come latori di codici comunicativi non solo linguistici, ma anche simbolici, tentando di coglierne la complessità che è loro propria in virtù dell’interrelazione tra parole e immagini e forma e contenuto perché possano assolvere davvero alle loro funzioni (tra cui c’è senz’altro anche quella di non averne alcuna).
Il libro è osservato nei suoi scopi materiali ed estetici nonché etici e, infine, in quanto parte di un processo sempre in divenire: è l’elemento non esclusivo – e ciò è evidente nell’attenzione prestata a ogni altro tipo di strumento o manifestazione culturale – ma, certamente, prediletto e singolare, di quell’importantissima operazione, sociale quanto individuale, che è la comunicazione, la tradizione nel senso strettamente latino del termine, e all’interno di questo contesto è giustamente considerato non come traguardo definitivo ma come tappa indispensabile e variabile.
I Topipittori danno, a mio parere, al rapporto col libro e la lettura il legittimo riconoscimento di occasione di crescita per la persona e per la società, e poiché la cultura è un percorso collettivo in quotidiana costruzione, credo che essi abbiano il merito non comune di riconoscere il periodo dell’infanzia come il singolare momento della vita umana che, di fatti, è.
Sappiamo bene tutti – o per lo meno, in quanto adulti, dovremmo proprio – che proponendo a un bambino un libro si stimolano in lui abilità varie e di altissimo grado: la lettura è quell’atto che permette di combinare e organizzare informazioni, sviluppare un ragionamento elastico, un’attenzione diffusa insieme a una concentrazione paziente, una capacità immaginativa forte, una senso altrettanto forte della realtà in prospettiva analitica e critica, un alto livello di competenze linguistiche e visivio-sensoriali, una larga disponibilità nel riconoscimento e nella correzione dell’errore, ovvero un senso di non passività nell’assorbimento delle informazioni, di ricerca perenne, di educazione al pensiero divergente, di frequentazione dei sentimenti e della difficile elaborazione e comprensione che ne consegue.
I Topipittori, nel concepire e parlare d’un libro superano il libro in sé per dare spazio al legame speciale che connette le parole e le immagini col mondo tangibile, tendendo sempre a dar spazio a ciò che inferno non è.
Per concludere, da studentessa con un vivo interesse per la teoria della letteratura, vorrei esprimere la mia sincera gratitudine verso tutti coloro i quali hanno, in questi undici anni, preso parte alla scrittura del blog per avermi, senza riserve, fatto dono del frutto della loro ricerca e delle loro passioni permettendomi così d’imparare moltissimo su questo fatto chiamato letteratura di cui, per quanto se ne possa parlare, non si è compreso poi ancora così tanto.
Io credo che non si presti a costrizioni né rigide categorizzazioni come quella che si cerca di stabilire tra opere per l’infanzia e per l’età adulta ma che, anzi, gli autori più grandi siano quelli ‘anfibi’ (citando Giovanna Zoboli), e che scrivono non perché gli sia riconosciuto d’averlo fatto, ma per la scrittura in sé e per sé – il che non significa senza cognizione di causa, ma piuttosto avendo obiettivi vastissimi e profondi che travalicano tutti gli ostacoli (non solo quello generazionale) al fine di rendere giustizia alla Letteratura in un perpetuo e passionale esercizio di sintesi.
Illustrazione di copertina di Carll Cneut, per La casa di Topo Pitù di Roberto Piumini.