La prima volta

Dopo il racconto di Elham Asadi, autrice dell'albo, La prima neve (che trovate qui) oggi tocca a Sylvie Bello che ha realizzato le meravigliose tavole che lo illustrano. Qui spiega come sono state progettate e perché ha scelto, per realizzarle, la complicatissima e manuale tecnica della monotipia.

[di Sylvie Bello]

La copertina distesa di La prima neve (di Elham Asadi e Sylvie Bello, Topipittori 2021).

C’è una prima volta per tutto. Non tutte le prime volte si ricordano…

Quando sogniamo, viviamo intensamente ciò che accade nel sogno, ma spesso al risveglio non ricordiamo che qualche elemento: una scarpa persa o un dente bucato, poi dimentichiamo tutto, o quasi. È strano, ma oggi ho la sensazione di aver fatto un gran sogno e di non ricordarmi come ho realizzato le illustrazioni per La prima neve. Vediamo un po’…

Io non possiedo una formazione specifica come illustratrice, non ho veramente un metodo di lavoro o una tecnica particolare per la realizzazione di un albo illustrato. Ho imparato tanto sui libri per bambini grazie alle mie letture, all’osservazione dei dettagli del lavoro altrui, all’esperienza personale e, in questo caso, ai preziosi consigli di Giovanna.

Normalmente funziona così: comincio dalla lettura del testo che rileggo diverse volte, finché nuvole di immagini iniziano a fluttuarmi intorno. Vedo animarsi una festa di carnevale, sento un ronzio di api qua, un profumo di fiori là, una goccia di pioggia sulla mano. Dopodiché mi lancio in una lunga ricerca iconografica - normalmente di vecchie foto in bianco e nero - e creo per ogni pagina un piccolo dossier nel quale infilo tutti i riferimenti che serviranno per le immagini definitive. Questa fase è fondamentale. Mi dà l’ispirazione. Aaah! Ecco Bruegel e Botticelli che bussano alla mia porta!

Fotografie in bianco e nero, Bruegel e Botticelli: tutte ispirazioni per le illustrazioni di La prima neve.

Di solito, quando realizzo una tavola, non faccio schizzi: credo che questo dia al disegno dinamismo e spontaneità. Una volta che ho un’idea generale su quello che voglio rappresentare, metto sul foglio un primo elemento chiave e poi aggiungo i dettagli che costruiranno l’atmosfera generale. Tuttavia, un albo illustrato non è mai frutto del caso, no. È composto da una serie di immagini narrative che rispondono a regole ben precise rispetto al formato, al rapporto con il testo, al ritmo, all’inquadratura, alla composizione: una riflessione complicatissima. È così che, a un certo punto, mi sono accorta che il mio modo di procedere aveva dei limiti e che uno scrupoloso lavoro preparatorio sarebbe stato fondamentale per valutare l’efficacia del libro.

Dai quaderni di Sylvie Bello.

Inoltre, mi sentivo sommersa dalla quantità di immagini che il testo mi suggeriva, cosa che mi ha gettato nella confusione. Scarabocchiavo frammenti di idee che non riuscivo a connettere tra loro e, nonostante Giovanna non avesse visto la versione definitiva del libro, dal confronto con lei risultava che l’insieme era troppo vuoto, troppo simbolico, ancora non abbastanza narrativo. Sono rimasta molto tempo nel buio della pagina bianca. A forza di perseverare con le ricerche, con la concentrazione, con gli scambi di e-mail con Giovanna (nelle quali mi dava un riscontro sul mio lavoro e le regole da seguire per la strutturazione di un racconto visivo), ho capito la strada da intraprendere. Ho iniziato disegnando una ferrovia della dimensione di un francobollo per riprodurre poi ogni scena in modo sempre più dettagliato; quindi ho messo in fila i miei schizzi, pezzo dopo pezzo, finché è nato uno storyboard. Urrà!

Dai quaderni di Sylvie Bello.

L’idea di realizzare il libro in monotipia è venuta in modo del tutto naturale. Questa tecnica, che uso dai tempi della scuola, è una compagna di lavoro con la quale sono cresciuta artisticamente. Ho l’impressione che faccia parte integrante del mio stile. Mi piace la monotipia perché trovo che sia una tecnica viva che suscita emozioni, lasciando spazio all’imprevisto. Per La prima neve ho usato la monotipia come se fosse una matita a colori. Ciò significa che, anziché utilizzare le combinazioni di colori, come per esempio in serigrafia (giallo + blu = verde), ho cambiato inchiostro ogni volta che mi serviva un determinato colore; è un procedimento molto laborioso. Ho lavorato in grande formato per dare maggiore leggibilità e respiro al disegno.

Tavole definitive e dettagli delle monotipie di Sylvie Bello.

Creare un libro illustrato è appassionante. È un’esperienza intensa e bella come un sogno.

C’è una prima volta per tutto. Non tutte le prime volte si ricordano. Io ne ricordo una in particolare: La prima neve.


La monotipia

Con la monotipia si può lavorare in mille modi diversi, io procedo in questa maniera:

  1. prendo una lastra di vetro, che cospargo di inchiostro con un rullo;
  2. applico un foglio da disegno sulla lastra;
  3. disegno sul verso del foglio (il lato rivolto verso di me) con matite e penne di vari colori;
  4. il disegno si imprime sul recto del foglio.

L’inchiostro abbraccia il foglio dove vuole lui, io non ho mai idea di come sarà il risultato. Con l’esperienza, ho messo a punto dei piccoli stratagemmi, come inserire della carta di giornale per evitare che il disegno si sporchi troppo e far sì che l’immagine si legga correttamente.