Nei racconti di Beatrix

Oggi abbiamo l'onore di ospitare sul nostro blog la grande Beatrix Potter. La raccontiamo attraverso la voce di Cecilia Mutti, direttore editoriale di Nuova Editrice Berti, che ne sta ripubblicando, in edizioni curate e tradotte benissimo, tutta l'opera. Se volete acquistare i libri di Beatrix, trovate Nuova Editrice Berti nelle migliori librerie; dall'4 all'8 dicembre sarà a Roma, a Più Libri Più LIberi, stand D54; a Parma la trovate in P.le San Lorenzo 3 c/d, per il consueto mercatino natalizio, dove è presente anche una selezione di nostri albi.

[di Cecilia Mutti]

I racconti scritti e illustrati da Beatrix Potter arrivano in Italia all’inizio degli anni Ottanta grazie alla lungimiranza della casa editrice Emme di Rosellina Archinto, nelle traduzioni di Giulia Niccolai. Fotografa, scrittrice e poetessa del Gruppo 63, la Niccolai traduce oltre ai racconti di Beatrix Potter anche testi di Gertrude Stein, Dylan Thomas, Virginia Woolf. Le sue sono dunque, com’è naturale, traduzioni molto attente alle sfumature poetiche dei testi originali, comprese assonanze e rime. Ad esempio, fin dal primo titolo potteriano tradotto per Emme Edizioni salta subito all’occhio una scelta che tradisce la volontà di privilegiare l’assonanza, anche a costo di cambiar nome al personaggio: Peter Rabbit si trasforma così in Ludovico Coniglio, Mrs Tiggy-Winkle nella Signora Riccio Rotolò, e Benjamin Bunny in Costantino Coniglietto. Si tratta di una scelta editoriale comprensibile: nei primi anni Ottanta la familiarità dei lettori con certe espressioni inglesi era molto meno diffusa e le filastrocche in rima erano considerate uno dei più popolari canoni narrativi per l’infanzia.

Dal 1989 il corpus delle opere di Beatrix Potter passa editorialmente a Sperling&Kupfer che ripropone soprattutto le avventure di Peter Rabbit, da sempre il più popolare tra i personaggi potteriani, tanto da vedersi da subito dedicata un’enorme quantità di gadget e, in tempi più recenti, anche una serie televisiva, un film e un sito internet. Nelle traduzioni per Sperling&Kupfer vige la regola di mantenere invariato il nome di battesimo dei personaggi (Peter, Samuel, Timmy, Tom, Jemima), con una libera italianizzazione dei “cognomi” che vengono tutti tradotti più o meno felicemente (Coniglio, Baffetti, Puntappiè, Micio, Anatra de’ Stagni).

Nel 2016 Mondadori ha ripreso la raccolta di tutte le ventitré avventure di Peter Coniglio, accompagnate dalle filastrocche. Come si legge, le storie sono «presentate nell'esatta sequenza in cui furono pubblicate, per rispettare i riferimenti e i rimandi pensati dall'autrice, grazie a personaggi che ritornano e trame che si prolungano da un testo all'altro». I canoni traduttivi sono all’incirca gli stessi adottati da Sperling, soprattutto per quanto concerne nomi e cognomi dei personaggi.

Le edizioni originali delle storie di Beatrix Potter.

Circa tre anni prima, nel dicembre del 2013, avevamo incominciato come Nuova Editrice Berti il nostro progetto su Beatrix Potter, che da allora ha sempre seguito alcune tacite linee guida:

  1. Occupandoci di narrativa e saggistica per adulti, ci saremmo concessi una sola incursione all’anno nel mondo degli albi illustrati per l’infanzia;
  2. Sarebbe stata una buona scusa per collezionare le edizioni originali inglesi (mio personale regalo di Natale);
  3. Una volta stabiliti formato, carta e grafica, non ci saremmo lasciati tentare da modifiche in corso d’opera, restando fedeli negli anni alle caratteristiche della collana;
  4. Le traduzioni avrebbero mantenuto il più possibile i termini inglesi, in particolare per quanto concerne i nomi dei personaggi, ma non solo. Questo perché ormai la familiarità dei lettori con i termini anglofoni è tale che suonerebbe strano, ad esempio, trasformare il muffin in una generica e non meglio definita “focaccina”. Poi credo che immergersi nel mondo di Beatrix Potter possa essere un modo per tuffarsi anche in quello britannico, sia pure di parecchi anni fa.

Le storie di Beatrix Potter pubblicate da Nuova Editrice Berti.

Nei racconti di Beatrix Potter si prende spesso il tè sgranocchiando sandwich coi cetriolini; ci si chiama Mr o Mrs e il giardinaggio è di gran lunga l’attività più in voga. Gli usi e i costumi di questi animaletti antropomorfi sono gli stessi dell’Inghilterra vittoriana in cui viveva Beatrix Potter, e anche la morale è coerente con l’epoca: ricorre spesso l’elemento della disobbedienza, che innesca la disarmonia e/o una punizione, ma il lieto fine è sempre assicurato, per lo più grazie all’intervento del cagnolino domestico, che arriva in extremis a ripristinare l’ordine. È un mondo con la sua etica, ma non troppo politicamente corretto, visto che non si tace sulla triste sorte dei conigli nelle fattorie inglesi (Mr MacGregor vorrebbe farne un pasticcio di carne, o tutt’al più venderli al mercato per comprarsi del tabacco) e la caccia è pratica diffusa anche tra gli animali, purché sia compatibile con la loro natura (Mr Todd, un vecchio volpone dai modi suadenti, mira solo a mangiarsi Jemima Puddle-Duck, che da brava oca è parecchio credulona).

Le illustrazioni che accompagnano i testi nascono come riproduzioni dal vero e funzionano come una fedele mappatura della campagna inglese: non solo animali, ma anche fiori, piante, qualche contadino. Se Walt Disney ha creato dei meravigliosi pupazzi che si muovono in un coloratissimo mondo a parte con le sue animate metropoli, come Topolinia e Paperopoli, Beatrix Potter non si discosta mai dall’osservazione del reale e anche le sue storie sono ispirate alla vita di tutti i giorni. Gli animali, per quanto antropomorfi, restano realistici per fattezze e movimenti e appartengono a specifiche razze ben distinte tra loro. Gli abiti che indossano servono solo a caratterizzarli rendendoli immediatamente riconoscibili: sappiamo che si tratta di Peter Rabbit perché ha sempre una giacchetta azzurra, a differenza di suo cugino Benjamin Bunny che porta una marsina rossa. Ma siccome sono qui ospite dei Topipittori, parlar di topi mi pare doveroso.

Si avvicendano nei racconti di Beatrix Potter diverse specie di topi, sempre rappresentate con dovizia di particolari. C’è il topino di campagna come Timmy Willie, piccolo, paffuto, con la coda corta, che è molto diverso da un topo di città come Johnny Town, un tipo magro col muso appuntito, la coda più lunga e i suoi eleganti abiti d’ordinanza. Sono presentati entrambi come personaggi positivi, mentre altrove si coglie una nota polemica nella descrizione di un ratto di campagna come Samuel Whiskers, capostipite della sua “numerosa e insopprimibile discendenza” che dopo aver rubato per anni pancetta e formaggio in casa Potter si trasferisce nel granaio di Mr Potatoes, il contadino, per continuare a fare razzia di avena, crusca e farina. La mia preferita resta invece la minuscola Thomasina Tittlemouse, che appartiene alla famiglia dei topi selvatici (Apodemus sylvaticus) e debutta con un ruolo secondario, ma cruciale, nella storia dei Coniglietti Flopsy Bunnies, liberandoli dal sacco di tela in cui sono intrappolati. Come ricompensa, riceverà in dono abbastanza lana di coniglio da confezionarsi un morbido cappottino col cappuccio, un soffice manicotto e un bel paio di manopole calde.

Quel che si dice uno splendido lieto fine.