Per non dimenticare il bene

Oggi, 27 gennaio, Giorno della Memoria, pubblichiamo questa intervista a Cesare Moisè Finzi, girata da una giovane regista modenese, Valentina Arena, da alcuni anni impegnata in un progetto di recupero della memoria che è partito come ricerca personale per approdare in seguito all'incontro con il Museo Ebraico di Bologna e al suo progetto di creare un database sui Giusti tra le Nazioni dell'Emilia-Romagna. Per una bella coincidenza la prima intervista girata per questo ciclo di documentari è stata fatta proprio a Cesare Moisè Finzi, autore di Il giorno che cambiò la mia vita, primo romanzo della nostra collana Gli anni in tasca. Trovate il filmato completo dell'intervista in coda all'articolo.

[di Valentina Arena]

Cara Giovanna,

mi chiedi di raccontare del mio incontro con le storie di Giusti tra le Nazioni e dell'impatto che hanno avuto sulla mia vita lavorativa e personale. Farò del meglio, e chiedo pazienza: la scrittura non è decisamente un mezzo di espressione che mi compete.

All'inizio del 2013 alla Seconda Guerra Mondiale di certo non pensavo, e di Giusti tra le Nazioni non sapevo nulla, finché una mia amica mi raccontò la storia della sua famiglia, di come i suoi bisnonni nel 1943 avessero ospitato e nascosto una famiglia di ebrei nel loro mulino a Polinago, piccolo comune dell'appennino modenese: la convivenza durò oltre un anno, e tra le due famiglia si formò un legame di affetto e riconoscenza tale da resistere al tempo e al susseguirsi delle generazioni. Per questo Rossana Ottolenghi, discendente della famiglia ebrea, aveva scelto di sposarsi civilmente proprio a Polinago, e al suo fianco aveva voluto, come testimoni di nozze, i figli della coppia di mugnai. Il matrimonio sarebbe avvenuto di lì a qualche mese, e la mia amica mi chiese di fare un video di documentazione dell'evento.

L'immagine si preannunciava così vivida, così lampante, da restituire contorni definiti anche al ricordo del tempo di Guerra: era una chiave di accesso alla vita e alle vicissitudini reali di quel periodo, una storia piccola che restituiva la Storia. Fu una folgorazione vera e propria, e nei mesi successivi mi buttai a capofitto nella costruzione di un nuovo progetto, che subito diventò IL progetto: un documentario che raccontasse questa e altre vicende di Giusti tra le Nazioni, riconoscimento che l'istituto Yad Vashem di Israele attribuisce i non ebrei che, durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno aiutato, protetto e salvato uno o più ebrei.

Dopo un buon numero di peripezie, e la fondazione di Insolita, associazione sotto la cui ala si sono raccolte le persone che hanno collaborato con me al progetto, all'inizio del 2016 il documentario Al riparo degli alberi ha debuttato in società, dove si è lentamente e dignitosamente fatto strada, tanto da spingere il Museo Ebraico di Bologna a chiedermi di continuare i lavori: avevo già documentato quattro storie, ero disponibile ad affrontarne anche altre?

Al riparo degli alberi - trailer from Valentina Arena on Vimeo.

Nel 2017 ho quindi felicemente cominciato ad organizzare nuove riprese per una serie di documentari, dal titolo Per non dimenticare il bene, che avrebbero fatto parte di un database sui Giusti tra le Nazioni dell'Emilia-Romagna, progetto che deve la sua esistenza al bando sulla Memoria del 900 promosso dalla Regione - mentre scrivo queste righe pende sul mio capo la spada di Damocle delle elezioni, e sento di dover sottolineare questo aspetto.

Da Al riparo degli alberi, documentario di Valentina Arena, 2016.

Ho inaugurato questa nuova fase dei lavori con un'intervista a Cesare Finzi, sulla famiglia Muratori,nominata fra i Giusti, che incontravo per la prima volta in quell'occasione, dopo che ci eravamo sentiti telefonicamente. Nel momento in cui abbiamo cominciato l'intervista ho capito che incredibile fortuna avevo avuto: Cesare non è solo testimone diretto di quello che la sua famiglia ha passato durante la Seconda Guerra Mondiale, ma ha dedicato la sua vita ad affinare il modo giusto per raccontare la sua storia, consapevole dell'importanza dell'efficacia della sua comunicazione. Per me si trattava di una situazione inedita: fino ad allora avevo avuto a che fare con racconti disordinati, ricordi confusi, stralci di realtà che avevo dovuto faticosamente organizzare in una narrazione. E non c'era nessuna sorpresa in questo: così funziona la nostra memoria, soprattutto quella del vissuto familiare. Ma Cesare ha fatto della Memoria un mestiere, un'arte: ha organizzato i ricordi familiari in maniera coerente, li ha intrecciati con la ricerca storica, e non ha mai tralasciato il suo vissuto umano ed emozionale, vero e proprio fulcro del racconto.

Cesare Moisè Finzia nel documentario di Storia delle famiglia Muratori e Morganti di Valentina Arena, 2017.

Come quando, durante l'intervista, Cesare ci ha parlato del suo esame di terza media: il preside decise di separare lui e un suo compagno, unici due ebrei presenti, dagli altri ragazzi, indicando loro un banco separato dal resto del gruppo. Nel suo racconto Cesare lo definisce “il banco più buio che c'era nell'aula”. Nel corso del montaggio ho sentito questa frase più volte, e ad un certo punto mi sono chiesta: possibile che nella stessa stanza di fossero dei banchi al buio e altri no? Credo che questo dettaglio non derivi dall'esperienza oggettiva, ma da quella puramente soggettiva di Cesare, bambino ferito dalla discriminazione subita.

Da Al riparo degli alberi, documentario di Valentina Arena, 2016.

Ed è per questo, esattamente per questo che ho passato gli ultimi sette anni a raccogliere queste testimonianze: sono racconti vivi, intrecciati alla soggettività di chi li tramanda oralmente, e ci permettono di intravedere i pensieri, le emozioni, le motivazioni dietro alle scelte compiute. L'inevitabile imprecisione storica, la confusione che a volte provoca l'incrocio di testimonianze diverse, sono prezzi davvero piccoli da pagare per avere accesso a questa Memoria che non troveremo mai nei libri di storia, che restituisce la quotidianità della Guerra, e un volto alle persone che l'hanno vissuta.

Una Memoria che raccogliamo in ritardo, e che stiamo perdendo. Con il tempo ho capito che lo stesso riconoscimento di Giusto tra le Nazioni ha dei limiti: le persone che ricevono il riconoscimento sono solo una piccola parte di quelle che hanno aiutato gli ebrei a quei tempi, ci sono tantissime storie sommerse che è davvero difficile poter ricostruire. I testimoni diretti, per ragioni anagrafiche, sono sempre meno, e i discendenti non sempre riescono a conservare intatti i ricordi. Persino Cesare, con la sua incredibile bravura e dedizione, non è riuscito a identificare una delle persone che più di tutte ha aiutato la sua famiglia, e colpisce molto vedere come questo pensiero lo tormenti ancora dopo tutti questi anni.

Chiudo questo percorso di ricerca, per me così importante, con una nota di rimpianto: per tutte le persone che non ho incontrato, per tutte le storie che non mi sono state raccontate.

Il database sui Giusti tra le Nazioni dell'Emilia-Romagna promosso dal Museo Ebraico è già disponibile online, anche se si tratta ancora di un work in progress. Alla fine di Marzo, in data da definirsi, lo presenteremo a Modena, all'interno della seconda parte della rassegna Quel ripostiglio chiamato Memoria.

Storia delle famiglia Muratori e Morganti di Valentina Arena, 2017.