L'ideadi questo libro è nata nel 2011, quando Paolo Canton era ingiuria a Bologna per la Mostra degli illustratori. Paolo ricordache, entrando nella grande sala dove li aspettavanoqualcosa come 14000 tavole originali, leprime illustrazioni che lui e Sophie van der Linden notarono furono quelledell'illustratrice iraniana Nooshin Safakhoo.
Perché? Perché erano meravigliose. Così, dopola Fiera, ci mettemmo in contatto con Nooshin che ci spiegòcome quei lavori fossero ispirati ad alcune storie contenutenel Mathnawì. Pensammo subito che questa fosseun'occasione imperdibile per far conoscere nel nostro Paese sia quei testicosì importanti nella storia della letteratura, della spiritualitàe della poesia, sia il lavoro di una illustratrice quasi sconosciutama dall'immaginario e dal talento irresistibili. Nooshin accettò lanostra proposta di sviluppare quell'abbozzo di progetto per farne unlibro, e, a partire da quelle prime sei tavole realizzate, ci si misesubito a lavorare.
Molto complesso è stato il lavoro sui testi per l'adattamentoalla lingua italiana. Risalire dalle illustrazioni alle parti del poemascelte da Nooshin (nell'edizione italiana raccolto in cinque volumi),e lavorare a questi testi per proporli a un pubblico di ragazzinon è stata una passeggiata. Ci ha supportato validamente inquesta impresa Anna Villani, redattrice anomala e dai moltepliciinteressi: poetessa, redattrice, lettrice, alpinista, schiva sì, madall'inesauribile curiosità.
Quando le abbiamo proposto illavoro su queste storie, senza nasconderle le difficoltà che avrebbeincontrato, ha accolto l'idea con entusiasmo e con il sangue freddodi un rocciatore. E infatti, con accuratezza e pazienzacertosina, ha portato egregiamente a termine il compito.
In questo post sarà proprio lei a raccontare come siaandata questa esperienza.
Mi pare che tutto abbia avuto inizio così.
Era un grigio mattino di fine novembre, quando Paolo miinvitò per un caffè e mi chiese se mi sarebbe piaciuto occuparmidei testi di un libro del quale esistevano già delle meraviglioseillustrazioni. I Topi e io ci conoscevano da poco, da un corso dialbi illustrati e da qualche deliziosa cena o aperitivo culturale,nutrimento di corpo e spirito; da poco mi si era aperto un mondonuovo, fatto di persone interessanti e di lavori bellissimi,e di tutto il grande impegno (dedizione, pazienza e conoscenza)che ci sta dietro per realizzarli.
ITopi, nel loro intuito topesco, sapevano quanto questo lavoroavrebbe potuto essere di soddisfazione per me, e così, dopoqualche giorno da quel caffè, io, commessa Alpstation col pallinodella scrittura, mi sono trovata con in mano i sei volumi del Mathnawìdi Jalâl âlDîn Rûmî, editi in italiano da Bompiani. Assieme al testooriginale, tradotto dal persiano da Gabriele Mandel Khàn e di Nùr-CarlaCerati-Mandel, avevo con me le illustrazioni di Nooshin Safakhoo e untesto di riassunti in inglese dell'opera, nonché alcuni utilissimiindici delle storie in pdf, per iniziare a orientarmi all’internodei volumi.
L’impatto con la scrittura di Rûmî è statotutt’altro che facile: i racconti sono quasi sempre frammentati dadigressioni e parabole che fanno perdere, agli occhi di una lettriceinesperta, il filo conduttore della storia. Dai primi racconti uscivanomorali molto dure, a volte di difficile comprensione, e molto lontane dauna cultura occidentale moderna e laica, in cui spesso la fede si annacquain vaga adesione, svuotata di senso.
Per andareavanti con il lavoro e intuire il grado di insegnamento mistico del libro,dovevo entrare più in sintonia con Rûmî: sapere chi era stato e in checontesto aveva vissuto. Sapere ad esempio che Rûmî, oltre che un grandepoeta, è stato il fondatore della confraternita dei Dervisci rotanti,oggi identificati con gli esecutori della celebre danza, ma in origineasceti mendicanti in cerca del passaggio dal mondo materiale a quellocelestiale. Queste informazioni mi sono state utili per ritrovare neltesto quelle caratteristiche che contraddistinguono la ricerca misticasufi: l'amore di Dio, il distacco dalle passioni mondane, dai beni e dallelusinghe del mondo, il rispetto e l’interesse per tutti gli esseri umanie la natura, visti come base di partenza per una crescita spirituale,al di là di religioni e ideologie.
Inquesto modo, sono riuscita a cogliere meglio il senso profondo delmessaggio dei vari racconti, accontentandomi di non dover per forzatrovare – perché viene sempre un po’ spontaneo cercarli – terminidi paragone con la letteratura occidentale: né i miti greci né lefavole di Esopo né il Vangelo né la Divina Commedia. Perché il Mathnawìresta proprio un mondo a sé.
Alcuni racconti in particolaresono state delle piccole e inattese folgorazioni: inattese perchénella mia testa la storia si poteva concludere diversamente in modomolto più 'logico' e consequenziale; ma la mistica pare abbia benpoco di logico e consequenziale…
Altri sono semplicementeimpeccabili – penso a quello de I tre pesci;su altri ancora resto a oggi con il dubbio di averli capiti iostessa, o forse un poco rammaricata per averli riscritti propriocosì. Ma credo che in parte questo sia inevitabile perché un testosapienziale è enigmatico per sua natura.
Adessoè facile parlare con il senno del poi e rivedere le proprie sceltesotto un’altra luce; è facile dire dopo quello che si sarebbe potutofare prima. Ora che un po’ di tempo è passato da questo lavoro, michiedo con quale piccola incoscienza o più semplicemente immodestia,mi sono messa a leggere e a riscrivere un testo così complesso,senza farmi troppe domande, senza preoccuparmi della mia ignoranza inmateria di sufismo e mistica, solamente lasciando condurre il pensieroda entusiasmo, buon senso, soggezione e intuito, e, alla fine, da unagrande simpatia per i suoi personaggi…