Quaderni di noi

Un percorso educativo a partire dai libri di Cristina Bellemo

[di Alessio Cotena, Marco Isaia e Anna Zucca - Dipartimento educativo Fondazione Museo della Ceramica di Savona Onlus

Anche per questa seconda edizione del festival Zerodiciannove presso il Comune di Albissola Marina si è svolto uno spinoff che ha coinvolto tutta la scuola primaria A. Barile e i bambini di cinque anni della scuola dell'infanzia. Il tema di quest’anno era Leggersi, le storie come vie per conoscersi e per costruire la propria identità personale. L’autrice che abbiamo pensato di coinvolgere per questo progetto è stata Cristina Bellemo con il suo libro Il paese degli elenchi. La cura che rivolge alle parole, ma anche la grande passione per i quaderni, erano perfetti per lavorare insieme alle bambine e bambini per creare un percorso che si muovesse tra immagini e scrittura per riflettere sulla propria identità. A differenza del percorso dello scorso anno abbiamo pensato, insieme alle insegnanti, di realizzare un itinerario uguale per ogni bambino, indipendentemente dalla fascia di età, dove i diversi linguaggi si unissero in un'esplorazione di se stessi. Confrontandoci con Cristina ci è venuto spontaneo pensare di raccogliere tutti i lavori all'interno di piccoli quaderni, uno per ogni allievo.

Riallacciandoci al tema del festival, l'identità, abbiamo pensato che il percorso visivo sarebbe stato incentrato sull'autoritratto come forma di autoconoscenza e di esplorazione. Come sempre ciò che ci interessa è affrontare diversi tipi di linguaggi e tecniche al fine di permettere ai bambini di affrontare diversi codici espressivi.

La fotografia è un mezzo che stiamo introducendo sempre più spesso nei nostri percorsi sia come forma di educazione all’osservazione, sia per riflettere su quanto sempre più utilizziamo le fotografie senza soffermarci sul tempo che precede lo scatto. Per questo primo laboratorio abbiamo pensato alla ricerca artistica di Vivian Maier come stimolo visivo, soprattutto ai suoi autoritratti. Le sue fotografie ci permettevano un passaggio ulteriore: ricollegarsi al progetto passato, creando un filone di continuità tra le attività. Se lo scorso anno il progetto educativo era iniziato proprio con le fotografie della città per scoprire i passaggi ad altri mondi, quest’anno la città sarebbe stato lo specchio in cui vedersi e riconoscersi. Partendo dall’albo Lei di Cinzia Ghigliano, edito da Orecchio Acerbo, i bambini hanno conosciuto la storia della fotografa e di come utilizzasse le superfici specchianti per realizzare degli autoritratti.

È stata una vera scoperta trovare in città così tanti elementi che riflettessero le nostre immagini e pensare quanto queste superfici influenzassero l’immagine cambiando e, a volte stravolgendo, la narrazione.

Il percorso è proseguito con l’esplorazione della tecnica del disegno e in questo caso ci siamo ispirati al lavoro dell’illustratore Gek Tessaro, utilizzando semplici esercizi per superare gli stereotipi: disegnare in pochi secondi, senza staccare la penna dal foglio o a occhi chiusi. L’ultima parte dei laboratori artistici sono stati dedicati alle tecniche miste ispirandosi al lavoro dell’illustratore Francesco Chiacchio nel libro Acerbo sarai tu. Il segno del disegno incontra così il colore dell’acquerello, diverse carte e superfici per dilatare ancora di più la narrazione.

Di che colore voglio fare il mio viso? Scelgo di usare il tratto-pen che a contatto con l’acqua sfuma o il segno deciso dell’indelebile?

Molte sono state le domande sorte dalla ricerca visiva e che inevitabilmente ci hanno riportato a riflettere su chi siamo, su come vogliamo apparire, come ci sentiamo e viviamo in momenti diversi.

Parallelamente ai laboratori visivi si sono svolti quelli sulla scrittura.

Esplorare la propria identità attraverso la parola con bambini dai cinque ai dieci anni ha richiesto elasticità e fiducia: tempi contenuti, competenze molto diverse, tanti stili educativi in gioco presenti nei vari gruppi classe.

Le prime si sono confrontate con gli apprendimenti freschissimi relativi al codice alfabetico attraverso il gioco dell’acrostico e del mesostico applicato al proprio nome.

A più riprese, e intensificando le difficoltà, i bambini sono partiti dalla ricerca di parole qualsiasi che si adattassero alle varie lettere, per poi passare alla selezione di parole più sentite, capaci di esprimere un frammento di sé insieme a quel suono/lettera necessari. A partire da semplici elenchi per arrivare a frasi, la ricerca sul proprio nome attraverso acrostici e mesostici si è poi rivelata molto produttiva anche per le classi successive alla prima.

In seguito alla lettura de Il paese degli elenchi, inoltre, è stato attivato un percorso di presentazione di sé attraverso elenchi o graduatorie, utilizzando l’osservazione dell’aspetto, delle preferenze o delle «repellenze», delle competenze o dei «non so ancora…». Tale percorso, con la pratica della «maestra scrivana» per i cinquenni, è stato efficace nel laboratorio di continuità tra scuola dell’Infanzia e classi prime.

Le seconde hanno ulteriormente approfondito il testo, anche sperimentando l’uso della rima nel produrre “certificati” delle proprie caratteristiche o abilità, sulla falsariga di quelli del signor Fermo Sicurini.

In questa fase è stato utilizzato anche il bellissimo albo illustrato La famiglia Lista di Kyo MacLear e Julia Sardà, edito da Rizzoli.

Per una esplorazione del linguaggio poetico, successivamente, è stato proposto un periodo di letture ad alta voce o intima di molti e diversi testi poetici, con l'obiettivo di un avvicinamento e una familiarizzazione, che non necessariamente dovesse includere una comprensione analitica dei testi stessi. I bambini delle classi terze e quinte  hanno sperimentato la possibilità di scegliere un verso, ad esempio, utilizzandolo come inizio di un proprio testo. Oppure hanno provato a produrre testi a impronta, oppure ancora hanno costruito  componimenti collettivi, unendo i versi di tutti, a partire da un comune inizio come Nessuno sa che… o Preferisco

Il lavoro sul testo poetico, come ovvio, richiede attenzioni e procedure particolari, ma pensiamo anche sia un terreno molto vicino al linguaggio delle immagini e che vada vissuto con una maggiore leggerezza e quotidianamente. Trattare la lingua come un materiale con cui si può giocare, senza paura e lasciando a momenti successivi il problema della valutazione, è senz’altro la strada maestra indicata dai più grandi pedagogisti, Rodari per tutti.

Nel nostro percorso, per trasformare testi liberi in testi poetici ci siamo limitati a due regole stringenti: togliere tutto ciò che si può e versificare, cioè ragionare su come andare a capo. Con queste due sole regole, insieme alla impegnativa ricerca della parola più adatta a dire proprio ciò che si vuole dire, è stato condotto il lavoro di trasformazione dei testi che iniziano con Io sono.

Alla fine dell’anno tutto il materiale prodotto è stato selezionato e preparato per essere raccolto in piccoli quaderni. Anche questa è stata una fase delicata e importante. Ogni bambino ha scelto cosa tenere di tutto il materiale realizzato, come disporlo, come mettere in dialogo i testi scritti con i disegni e le illustrazioni fatte. Un attività che ha preso spunto anche dai tanti albi letti durante l’anno e in quelli passati. Ogni quaderno, quindi, iniziava a comporsi e a diventare un piccolo racconto di ogni bambina e bambino della scuola.

Finalmente è arrivato il momento di incontrare Cristina, di farle tutte le domande che erano nate durante la lettura dei suoi libri, ma anche nel lavoro svolto durante l’anno.

L’anno è, poi, terminato con l'esposizione dei lavori e il racconto ai genitori. Sempre di più questo momento conclusivo non è solo una festa o la classica attività di chiusura di anno, ma l'occasione di raccontare ai genitori quanto fatto per tutto l’anno, di mostrare il risultato di tanta fatica. Inoltre, è anche opportunità di confronto tra pari, di lettura di diversità e affinità tra gli alunni della scuola. Ogni classe, nei giorni che hanno preceduto l'incontro con i genitori, ha visitato la mostra degli elaborati per poter vedere i quaderni degli altri compagni. Questo è stato un momento carico di curiosità: ogni bambino e bambina andava alla ricerca del quaderno del fratello o sorella, ma anche degli amici o proprio di quel bambino di cui voleva scoprire qualcosa. Si è trattato, quindi, di un momento per conoscere le diverse identità, magari anche di quei compagni e compagne più timidi, ma che nei loro quaderni lasciavano emergere una parte finora tenuta nascosta agli altri. Ed è stata l'occasione per tutti di leggere parole che raramente si ascolteranno, scoprendo modi diversi e a volte affini di vedersi e di leggere se stessi.

Per testimoniare l’intero lavoro svolto, infine, alcune delle produzioni di scrittura e visive degli alunni sono state raccolte in un unico quaderno, cercando di creare una piccola narrazione che rappresentasse una sintesi di tutto quanto prodotto. Tra sguardi e parole si è aperto, così, un dialogo profondo a testimoniare quanto il lavoro sull’identità sia importante e apra strade inaspettate, se solo diamo spazio ai bambini e alle bambine di raccontarsi.