Durante uncorso, alcuni mesi fa, ho cominciato la prima lezione leggendola prima fiaba che si incontra nella raccolta dei Grimm: Il principe ranocchio o Enrico diFerro. L'incipit di questa fiaba per me èimpareggiabile, così come lo è la sua misteriosa chiusa. InFiera, a Bologna, insieme a Monica Monachesi ho visitato la mostra Illustrareper l'infanzia, dedicata a Ugo Fontana, curata da Giorgia Grilli e Fabian Negrin. Insieme ci siamo soffermatesulle tavole di Il principe ranocchio, realizzateper la famosa raccolta Fiabe Sonore edita daFabbri. Monica, che aveva seguito il corso, la lezione successiva a quellain cui avevo letto il Principe ranocchio, ha portatoa lezione l'edizione delle Fiabe Sonore illustrata daFontana. C'è stata una riflessione collettiva su come l'illustratoreavesse reso la fiaba. Le illustrazioni ci sembrava rispettassero lospirito della narrazione, intensa ed enigmatica, più del testo delfascicolo la cui traduzione e resa tendevano invece a una incongruanormalizzazione, a un appiattimento dei contenuti più profondi.
UgoFontana, Il principe rospo,1966. |
Nel bel catalogo della mostra, scritto dai due curatori, unaillustrazione di Fontana per il Principe Ranocchioè affiancata a una tavola di Claudio Solarino che illustra ilmedesimo momento della fiaba (realizzata per la stessa collana, inuna edizione successiva). Solarino è uno dei molti illustratori chesoggiacque all'influenza di Fontana. La differenza fra le due immaginiè macroscopica: in quella di Fontana al centro vi è la relazione -conflittuale, ambigua - , fra la principessa e il rospo; nella seconda idue personaggi, letteralmente descritti, sono in una relazione puramentespaziale, di adiacenza.
UgoFontana, Leggende polacche,1963. |
La prima tavola,elegante e composta, deflagra; la seconda, teatrale ed enfatica,manca il bersaglio. Io non sono né esperta di illustrazione nétanto meno conosco profondamente Fontana. Ma le sue tavole, che inparte conoscevo come ascoltatrice e lettrice delle FiabeSonore) mi hanno colpito, al di là del talento figurativo etecnico, della sapienza e della vasta cultura visiva, per la capacitàdi finalizzare ogni strumento alla messa a fuoco dell'indicibile,come visione netta, tagliente, indelebile. Indicibile intesocome surplus della parola, corpo non letteraledella frase che sta in ogni narrazione, e a cui mira il lavoro ditessitura verbale di ogni scrittore. Surplus acui è possibile accedere esclusivamente attraverso la capacità dileggere, che è una competenza da equilibrista, sospesa fra rispettodel segno e ascolto delle sue molteplici, contraddittorie risonanze. Ungrande illustratore, in questo senso, deve forzatamente essere ungrande lettore. E qui mi fermo.
Il catalogoIllustrare per l'infanzia,che consiglio caldamente, tocca ogni aspetto della vita, dellacarriera e del lavoro di Ugo Fontana, offrendone un ritratto ampioe compiuto. Ed è a questo, infatti, che voglio lasciare spazio.
Ugo Fontana, Grandi regine,1968. |
Ilprimo brano che ho scelto è di pugno dello stesso Fontana e mette afuoco una questione cruciale del lavoro dell'illustratore, quella fratesto e immagine; il secondo, di Giorgia Grilli e Fabian Negrin (chequi ringrazio per la collaborazione e il permesso di pubblicazionedi parole e illustrazioni) esplicita con estrema chiarezza cosasignifichi fare, ed editare, immagini per bambini e ragazzi.
Se hodetto scherzosamente all’inizio “datore di lavoro” è perchécredo che questo termine tanto ricorrente nel campo dell’editoria noidovremmo riferirlo non all’editore, ma, con forza e legittimità,al bambino. E che l’editore assolva degnamente il suo compito diimprenditore! Chiarito questo punto – che ritengo fondamentale –siccome mi tocca parlare soprattutto dell’illustratore, vediamocome nasce un libro. Un libro è un’idea, una scoperta che ha insé del meraviglioso e si aggiunga nuova alle cose note. È meritodell’autore. La sua esperienza che si fa sentire nella forma poeticadel testo è il contenuto del libro, la parte pregnante, attiva,mascolina, che si manifesta e si esaurisce nella poesia. L’editoreè l’imprenditore. È lui che tiene le fila, è lui a sapere che untesto poetico non è ancora un libro per bambini (l’abbiamo dettoaltre volte) e sa che l’esperienza vissuta dell’autore giungeràtanto più completa quanto più varie saranno le esperienze sensitiveche vi si accompagnano. A tutto quello che il bambino può percepireintellettualmente vuole aggiungere la percezione visiva: alla formapoetica, una seconda forma: quella immaginativo-pittorica. A questopunto l’illustratore è chiamato a fare la propria parte: gli vieneproposto un testo che sul momento gli appare estraneo, una cosa cheviene dal di fuori, da lontano, di cui non può dire se sia buonae vera. Agire senza conoscere significherebbesottrarsi alla pur minima responsabilità. Un racconto reale, vero,non lo si può imparare né copiare o ricalcare da un raccontoraccontato, non importa da chi, ma deve essere il frutto di unaesperienza direttamente vissuta.
UgoFontana, Grandi regine,1968. |
Tocca all’illustratore percorrere a ritroso la stradache ha fatto l’autore, puntare alla sua stessa fonte, alla prima ideae conoscerla. Allora, l’autore e l’illustratore – che non hannoinventato nulla – ma hanno conosciuto la stessa cosa, la racconteranno,con linguaggio poetico l’uno, con linguaggio pittorico-immaginativo,l’altro. Così il bambino percepirà il libro per le vie degli occhie della mente e si sommeranno esperienze intellettuali e sensibili:valori di forma e contenuto si identificheranno e un ponte si stabiliràtra le percezioni dell’autore e dell’illustratore da una parte, equelle del bambino dall’altra. Ciò equivale a stabilire un contatto,un legame, tra l’idea soprasensibile e il sensibile.
[Ugo Fontana, dal Catalogo della Mostra degli illustratoridella Fiera del libro per ragazzi di Bologna, 1971.]
Ugo Fontana, Grandi regine,1968. |
Fontanasi è approcciato ai libri per ragazzi con una serietà, un impegno,una dedizione, un’intensità di coinvolgimento eccezionali, siaquando ha illustrato fiabe che quando ha illustrato romanzi, classici ocontemporanei, testi di divulgazione storica e scientifica, volumi discolastica, o perfino legati alla religione (diversi sono gli esempidi libri da lui illustrati di catechismo, per esempio per prepararealla prima comunione). La mole di lavoro che riusciva a portareavanti ha dell’incredibile – la sua bibliografia consta di quasiduecentocinquanta titoli – e sappiamo, da molte testimonianze, chea questo amato mestiere di illustratore egli dedicava forse perfino uneccesso di concentrazione (ci sono aneddoti in famiglia di come, emergendodallo studio dopo ore di lavoro per pranzare o cenare, egli fosse cosìassorto nei pensieri dell’opera svolta e ancora da finire che la mogliedoveva sollevargli il gomito dal tavolo per fargli scorrere sotto latovaglia e finire di apparecchiare).
Dal punto di vista dellatecnica e dello stile, Fontana è stato un infaticabile sperimentatoree soprattutto, nel complesso della sua opera, un illustratore che si èsaputo mantenere in equilibrio tra dimensioni apparentemente opposte, chelui è stato in grado eccezionalmente di conciliare. In particolare egliresta sospeso tra modernità e tradizione, tra realismo ed astrazione,con quelle straordinarie figure umane in cui, per esempio, voltoe mani sono realizzati con la massima precisione, sono ricchidi dettagli, di luci e ombre, di sfumature, di tridimensione,mentre gli abiti che le ricoprono o gli sfondi su cui si staglianosono quasi geometriche campiture di colore, superfici astratte,allusioni all’informale.
UgoFontana, Il califfo cicogna,1981. |
Ma la sua opera rivela anche altri tipi di quasi ossimoricaconciliazione: tra dettaglio e sintesi, tra metonimia e ridondanza,tra giapponismo e barocco e, mirabilmente, tra mondo dell’infanzia,tenuto costantemente presente, e quanto di più sofisticato, in terminiestetici, ha da offrire anche ai bambini – soprattutto ai bambini – ilmondo adulto. Che occorresse partire dall’infanzia e dalle opportunitàofferte ad essa per giungere alla formazione di un uomo ideale, era,del resto, l’idea stessa alla base del pensiero di Rudolf Steiner,fondatore dell’antroposofia che tanto aveva affascinato e convintoFontana. Ai bambini va dato il meglio, a loro va garantita un’esperienzaestetica il più possibile ricca.
Ugo Fontana, Pelle d'asino,1966. |
Credendoin questo, Fontana, come illustratore, non poteva far altro cheispirarsi agli esempi più alti della storia della cultura, in terminidi visivo. Ha infatti attinto, nel suo fare libri per bambini, a pienemani all’arte di ogni tempo e luogo, talvolta inserendo riferimentiespliciti a singoli quadri, ma più in generale interiorizzando edando forma alla tensione verso la complessità, l’eleganza, ilbello che ha mosso, nei secoli, l’umanità a dare il meglio e che,regalata all’infanzia fin da subito, può contribuire a educarneil gusto. Il bambino è stato davvero sempre l’implicito ‘datoredi lavoro’ di Fontana, e alla complessità delle richieste, delledomande, delle istanze dell’infanzia egli ha risposto, illustrando,col proprio rifuggire la banalità, la semplificazione, la sceltadelle vie e delle soluzioni più facili o già percorse a favore diuna ricerca vera, profonda, disposta a rischiare, altissima. Taleda poter essere degna di un bambino.
(daIllustrare per l'infanzia, di Giorgia Grilli, FabianNegrin).
Segnaliamo tre libri, illustrati da UgoFontana, usciti in concomitanza della mostra: Donatella Ziliotto, Mondobambino, Salani; di Roberto Piumini, Grandiregine, Mondadori; La bella addormentata nelbosco, Fabbri.
DallaFiera di Bologna, la mostra Illustrare per l'infanziasi è spostata, in questi giorni, alla PinacotecaNazionale di Bologna dove starà fino al 27 Aprile. Un luogoperfetto per un illustratore il cui lavoro ha profonde radici nellostudio dell'arte dei grandi maestri della pittura.
Chiudiamo il post con questo video, in cui Giorgia Grilli spiegaThe lost treasure, nuova sezione dellaannuale mostra degli illustratori di Bologna Children Bookfair,inaugurata con l'esposizione di Ugo Fontana.