[di Giovanna Zoboli]
La collana Gli anni in tasca è nata nel 2009. Da una sua costola, nel 2011, sono spuntati Gli anni in tasca graphic, sempre storie autobiografiche, ma a fumetti. Le due collane si riallacciano alla ricca tradizione di autobiografie destinate ai ragazzi e sono strutturate come una collezione di infanzie e adolescenze del presente e del passato, capaci di appassionare e sollecitare l’identificazione, mostrando a ragazzi e adulti quanto ci sia da condividere, fra generazioni, pur nelle differenze. Scrittrici e scrittori e fumettiste e fumettisti, diversi per età, sesso, nazionalità, professione, origine, classe sociale sono stati da noi invitati a raccontare la loro esperienza.
Raccontare i propri vissuti legati a questi periodi così importanti della vita ci è parso anche un modo interessante per comunicare il valore che può avere una storia personale, non in quanto dato meramente autobiografico, ma come generatore di significato rispetto all’esperienza non solo privata, ma collettiva.
I primi titoli di autori stranieri approdati a Gli anni in tasca sono stati Un altro me di Bernard Friot e Senza tv di Guillaume Guéraud, nel 2010. A questi sono seguiti Piccolo grande Uruguay di Alicia Baladan; Gli amici nascosti, di Cecilia Bartoli che ha reso in Italiano la storia di Robera e di sua madre Taiba, etiopi oromo; Non ero iperattivo, ero svizzero di Manuel Rossello; Un albero, una gatta, un fratello di Maria José Ferrada, cilena. Avere autori di altre culture e provenienze geografiche ha significato per noi e per i lettori poter contare su una maggiore ricchezza di punti di vista. Nella collana di fumetti, il primo racconto straniero è stato, nel 2014, A testa in giù di Zosia Dzierzawska, polacca; seguito da Sangue dal naso e altre avventure di Nadia Budde, tedesca; poi da Haiku siberiani di Jurga Vile e Lina Itagaki, lituane, e dall’ultimo nato Uffa! Come sono andate veramente le cose di Anke Kuhl, tedesca (trad. Paola Dal Zoppo).
Uffa! è stato accolto con favore dal pubblico italiano. Suddiviso in 18 episodi, racconta le giornate e le vite della piccola Anke e di sua sorella maggiore, Eva. Sono storie minime, ma non aneddoti. La loro piccolezza, infatti, non ha a che vedere con una dimensione accessoria. Si riferisce, invece, al fatto che la vita dei bambini scorre accanto a quella degli adulti in una dimensione del tutto inosservata di travolgente comicità e dramma. Crescendo, perdiamo quegli specifici organi di senso necessari a percepire la grandezza degli eventi che capitano ai bambini. Un po’ come non possiamo percepire gli ultrasuoni o l’ultravioletto. Chissà in che momento questo accade, forse non per tutti è lo stesso.
Anke Kuhl deve averne conservati almeno un parte, perché restituisce al lettore adulto la possibilità di intuire cosa si è perso quando ci si accorge che una giornata non è più fatta di 240 ore, ma di sole 24, o nel momento in cui la paura di un cane non assurge più a saga epica o non si è più in grado di ridere per 40 minuti, o quando non si sa apprezzare come si deve la bellezza di un duello con gli stoppoli del gabinetto o la fortuna di essere diventati proprietari di un paio di occhiali da vista. Tutte cose di valore inestimabile, paura compresa.
La grande risorsa di questa meravigliosa fumettista è sicuramente l’umorismo che si ritrova in pari misura sia nei testi sia nelle immagini. È abbastanza straordinario come riesca a far ridere un libro dove sostanzialmente non succede niente. Per esempio nell’episodio Scorribande telefoniche, dedicato agli scherzi al telefono, si vedono due bambine che ridono come oche perché hanno cercato di far credere a un malcapitato di avere vinto una pecora a un improbabile concorso a premi. Oppure in Le calze, c’è Anke che non riesce a infilarsi una calzamaglia che a ogni tentativo penzola tutta sbrindellata finché non interviene il papà. Oppure in Ghimmi Ghimmi Ghimmi quattro bambine, serissime, imitano le coreografie degli Abba cantando a squarciagola un testo di cui non capiscono niente.
Questo libro ha molto in comune con Sangue dal naso e altre avventure, altro fumetto caratterizzato da uno sguardo pieno di umorismo, scritto e disegnato da un’altra autrice tedesca, Nadia Budde. Per esempio, Nadia, proprio come Anke, descrive in modo affettuoso, ma ironico, i propri nonni, presenze lievi, ma importanti nella sua vita, di cui i lettori apprendono le stranezze fisiche, le curiose abitudini legate a un tempo andato, il buon odore caratteristico.
Se Nadia racconta con una sorta di umorismo nero del cupo destino che riguarda alcuni animali di famiglia, come il gatto a cui viene dato sempre lo stesso nome perché tanto prima o poi finisce sotto un’auto, in Anke troviamo la storia di un piccolo e assatanato coniglio killer.
Sia Nadia sia Anke descrivono le gioie e i dolori dei malanni infantili: cosa vuol dire avere il naso tappato o finire all’ospedale con un’ernia inguinale.
L’affinità fra le due autrici non riguarda, però, tanto o solo i temi universali relativi all’infanzia, quanto un punto di vista che è in grado di intrecciare registri apparentemente discordanti: per esempio convivono poesia (non lirismo) e comicità (non sarcasmo) nell’onestà con cui sono raccontati i legami affettivi o l’ingenuità di chi del mondo sa ancora poco, la spropositata capacità dei bambini di desiderare o quella ancor più spropositata di amare, odiare e quella incoercibile di immaginare.
Tutti gli autori della collana Gli anni in tasca graphic prediligono la chiave dell’umorismo nella rappresentazione della propria infanzia, anche perché l’umorismo è un ingrediente quasi fisiologico delle narrazioni a fumetti, specie quelle rivolte a lettori molto giovani. In questa collana ogni autore usa questa chiave in modi diversi. Nadia e Anke hanno un modo scanzonato e irriverente di riferirsi a sé e ai propri familiari che le accomuna; una scioltezza che ha un aspetto liberatorio che crediamo sia importante, oggi, nel nostro Paese, in cui spesso alla vita di famiglia si tende ad attribuire un’importanza quasi sacrale. Invece ridere è molto sano e aiuta tutti, anche i bambini e i ragazzi, a essere più liberi e felici.