Riflessioni a margine di una crisi /1: invito a una conversazione

Boekhandel Selexyz Dominicanen -Maastricht
La nostra amica DilettaColombo è una donna coraggiosa. Il 7 dicembre scorso, insieme auna socia, nel bel mezzo di una recessione durissima e dagli esitiancora incerti, ha aperto a Milano, nel quartiere Isola, una libreria nuova dizecca. Con Diletta, da parecchi anni, ci scambiamo ideee opinioni, ci confrontiamo su una realtà che vediamo da punti divista diversi, ma prossimi. Qualche giorno fa, abbiamo ricevuto un suomessaggio. Ci sembra sia di interesse generale e lo proponiamo in lettura,insieme alla nostra risposta. Se qualcuno desidera parteciparea questa conversazione, che vorremmo si aprisse anche ad altri librai,editori, distributori, bibliotecari e lettori, può commentare qui. Ocontattarci e inviare un pezzo con le proprie considerazioni all'indirizzoinfo[at]topipittori[dot]com.

Le immagini a corredo di questo post sono alcunedelle venti più belle librerie del mondo (via Il Post.it)

Diletta Colombo - L'editoria italianae il mercato librario sono in crisi. Da tempo il digitale mettein crisi la carta. La crisi economica crea una situazione diallarme.  Praticamente non si legge altro.

Atlantis Bookstore -Santorini

Proprioin questi giorni la storica libreria Hoepli mettein cassa integrazione a rotazione 60 dipendenti, laLibreria dei ragazzi è quasi in pensione, Utopia lascia largo La Foppa pertrasferirsi in via Vallazze e anche la Libreria del Mondo Offesotrasloca in una zona meno commerciale, chiude la libreria antiquariaRovello, il futuro di Milano Libri è incerto, i dipendenti Fnac sonoin lotta e sul Manifesto del 5 gennaio l'ODEI(Osservatorio degli Editori Indipendenti) mette in guardia dai grandicolossi editoriali che controllano la catena distributiva, rovinando ilmercato del libro e costringendo i piccoli a una vita di stenti. I Topifanno parte di ODEI?

Bookàbar Arion Palazzo delle Esposizioni -Roma

Da giovane donnae neo-imprenditrice, mi dico che non ne posso veramente più di analisipovere, stereotipate e vecchie sull'editoria e sul mercato librario.
La realtà è molto più complessa della dicotomia imperantebuono/cattivo, alla quale si tende a far corrispondere grande/piccolo(anzi, grande/indipendente).
La crisi non viene solo dallariduzione del potere d'acquisto e dal disinvestimento statale nellacultura e nell’istruzione. E non tutto va a rotoli. Ci sono impreseche stanno provando a trasformarsi, a cambiare e a crescere investendonelle idee, nei progetti di qualità, nelle tecnologie, in un'immagineattraente-seria e all'avanguardia e soprattutto nelle relazioni.

A livraria Lello eIrmao - Oporto

Perché lelibrerie, piccole o grandi, e gli editori, piccoli o grandi, hanno smessodi fare progetti?  Di porsi domande sulle trasformazioni inatto? Di curare e investire nella propria immagine e nella comunicazionecome moltissime aziende avevano già fatto negli anni cinquantae sessanta? Di selezionare prodotti di qualità? Di incentivare laformazione dei propri dipendenti? Di lavorare sullo spazio in relazionecol proprio pubblico? Di risparmiare nei settori giusti e di destinarerisorse in ciò che nel lungo periodo può generare reddito? Di fareanalisi di mercato per differenziare l'offerta senza arrendersi ai solitigadget e ai mini-vasetti di marmellata bio?

Capirenon è facile, avere la sensibilità e l'intelligenza di cambiare ancorameno.
E la crisi c'è davvero e pesa sugli scontrini.
Ma perché chi fa accordi con Amazon per vendere i Kindle e realizzauna nuova applicazione per comprare libri da iPhone, si tiene un sitoantidiluviano, esteticamente improponibile, e uno spazio vecchio, pococonfortevole e attraente? Non è la globalità di un progetto che fala differenza sui risultati?
Perché i grandi editori e legrandi catene di librerie investono più energie a piangere miseria che ainterrogarsi su come stiano cambiando i modelli culturali di riferimentoe su che cosa chiedono "i clienti" oggi?
Forse noi tutti –editori, librai, amministratori, analisti di settore, sociologi - nonci interroghiamo abbastanza sulle ragioni per le quali il modello dellagrande libreria di catena in voga negli anni ottanta e novanta non è piùefficiente, né efficace.

Bart's Books - Ojai,California

Forse cidimentichiamo che in Italia sono i lettori forti a trainare l'economia dellibro, non una vasta massa di lettori deboli. E da noi i lettori fortisono molto più numerosi che in Germania, dove pure una cultura penetraanche in strati più vasti della popolazione. E che questi lettoriforti sono stanchi della mediocrità di molta produzione editorialee della maggior parte dei modi in cui viene commercializzata. Forseci dimentichiamo che le persone (e i giovani soprattutto) guardanoall'estero per comprare molti libri al passo con la ricerca scientifica,economica e artistico-grafica.
Forse ci dimentichiamo delruolo che le biblioteche potrebbero avere nel rianimare l’economiadel libro.
Di questo si tende a non parlare. Si parla dellacrisi come di un fenomeno esogeno, un maligno deus ex machina entratodi nascosto nel regno della felicità e del benessere, contro ilquale l'unica possibile difesa è il sussidio pubblico, la prebenda,il privilegio, l'affitto agevolato.
E la risposta dellapolitica sembra essere l'offerta del privilegio, dell'affitto agevolatoe non di un progetto serio e ponderato. (Per quanto già costituisca unanovità che dalla politica, almeno da quella locale, venga una rispostacosì tempestiva).

Ler Devagar -Lisboa

Regna il silenziosui giornali e sui blog, che sembrano essere capaci solo di sottolinearela crisi e i suoi effetti, senza sondarne approfonditamente le cause,senza cercare, studiare e far conoscere le realtà produttive edistributive  (forzatamente piccole e, perciò, forsescarsamente appetibili dal punto di vista della “notizia”)che contro questa crisi stanno tentando strade nuove.
Eancora più rimangono in silenzio quegli esempi vitali imprenditorialiche trasformano progetti in economia che potrebbero aiutare a darenuove idee e nuovo coraggio.
Mi piacerebbe tanto chedi tutto questo si iniziasse a parlare, perché di questa crisidei libri, così come ce la raccontano, noi giovani non ne possiamopiù.

Barter Books -Alnwich, UK

PaoloCanton - No, cara Diletta, non facciamo parte di ODEI. Anzi,fino a poco fa non ne sapevamo nulla. Come spesso accade, questeiniziative collettive tendono a fare un proselitismo di prossimità. Unpo' come l'Associazione Italiana Editori: siamo editori da quasi diecianni, ormai, ma non siamo mai stati contattati da qualcuno che si siapremurato di spiegarci anche solo quali vantaggi avremmo potuto otteneredall'associarci. E così non siamo associati.
E siamo d'accordocon te. Le soluzioni alla crisi che vengono proposte e ventilate dapiù parti (per il comparto librario dell'editoria e la relativa catenadistributiva, intendo) sono vecchie, stantie, e soffrono degli stessimali che questa crisi hanno generato: immobilismo, conservatorismo,sospetto nei confronti del nuovo, disattenzione alla qualità dellaproposta (sia produttiva sia distributiva), scarsa considerazione, senon totale disistima del “cliente”, desiderio di nicchie protettee privilegi (ricordo qui che “privilegio” deriva da “privatalex”, una legge fatta ad hoc, non molto diversa dalle tanto criticateleggi ad personam).

El Ateneo - BuenosAires
La ragione del silenzio di quelliche definisci “esempi vitali imprenditoriali” è che, comeben sai, questi sono impegnati anima e corpo, tutto il giorno ditutti i giorni, a lavorare al proprio progetto. Come te e comenoi. E trovare lo spazio e il tempo per una riflessione a margineè sempre molto difficile. Serve uno stimolo forte, come il tuo,per farlo. Grazie di avercelo dato.

Ci consideriamo,orgogliosamente una di queste realtà. Nei nostri quasi nove anni divita, con il nostro piccolo catalogo, siamo diventati voce attivadella bilancia dei pagamenti, esportatori di cultura e creativitàitaliana (anche se in formato tascabile), insigniti di onorificenze inFrancia, beneficiari di sostegni governativi in Portogallo, invitatia rappresentare l'editoria più innovativa in Brasile, in Belgio, inCorea.

El Pendulo - Cittàdel Messico
Il 2012 è stato il primo anno difficiledella nostra breve storia. Quest'anno la voce del fatturato domesticonon avrà un segno positivo. Ci salva dalla decrescita il lavoro ditessitura di relazioni all'estero (un lavoro che conduciamo da soli,senza alcun supporto istituzionale). E ci salva da un grave segno negativoil prestigio che abbiamo conquistato presso insegnanti, bibliotecari,promotori della lettura, genitori più o meno organizzati: negli ultimitre mesi dell'anno, le nostre vendite dirette (cioè quelle effettuatefuori dal circuito delle librerie, quindi a scuole, associazioniculturali, gruppi di acquisto, biblioteche e privati) sono aumentatedel 60 per cento.

P L U R A L -Bratislava

Ilcavallo beve. Sono gli intermediari che non riescono a fargli arrivarel'acqua. Il nostro distributore (ALI) fa un lavoro egregio, ma si scontra conlogiche e sistemi di incentivazione tanto perversi quanto consolidati. Unofra tutti, l'incapacità di pensare a ogni editore come a un'entitàseparata, invece che a un frammento di un immenso catalogo indistintoda collocare in libreria, possibilmente attraverso un unico buyer cheserva più librerie, per minimizzare l'impegno e ottimizzare il costo delvenduto. Invece, le librerie di catena sono in fortissimo calo (compensatoin parte da Amazon e da IBS, che crescono vertiginosamente). Alcunepiccole realtà specializzate e non, hanno un successo incredibile incontesti difficili e ristretti, ma spesso incontrano molta difficoltàa essere riconosciute come interessanti e alimentate, sostenute dalladistribuzione.

The American BookCenter - Amsterdam

Sonoanche convinto che alla professionalizzazione del libraio e allariduzione del costo del venduto possa contribuire anche la formulazioneconcertata di un diverso regime per le rese. Sono infatti convintoche le rese, così come sono gestite oggi, siano un'ottima scusaper perpetuare la prassi ignobile degli invii d'ufficio, un fertileterreno per piccoli ricatti (se non prendi anche A e B, non ti do lequantità che mi chiedi di C), ma anche – se non soprattutto – unfortissimo incentivo per il libraio a non selezionare l'offerta e adelegare in toto al pubblico la scelta. È, quest'ultima, una strategiasuicida. Basti ricordare chi, fra i piccoli commercianti di quartiere,è sopravvissuto alla devastante orda dei supermercati, negli anniSettanta e Ottanta: solo chi ha saputo trasformarsi da vinaio a enoteca,da pizzicagnolo a salumiere (se non salumaio), da lattaio in bottegaspecializzata in formaggi selezionati. Anzi, sono stati proprio questicommercianti, e il loro successo di nicchia, a imporre alla grandedistribuzione vere e proprie rivoluzioni di approccio, e a sostenerela crescita di tanti piccoli produttori di qualità. Perché non sidovrebbe riuscire a fare altrettanto nel mondo del libro?

The Last Bookstore -Los Angeles

Sul frontedella politica, credo che spesso si guardi dalla parte sbagliata. Nonè pensabile immaginare che vengano messe a disposizione più risorsepubbliche di quelle attuali. Anzi, temo che dovremo accontentarci diqualcosa di meno. Non ho i dati sotto mano, ma credo che più del 90 percento delle provvidenze pubbliche per l'editoria finiscano nella taschedei quotidiani di partito e di gruppo parlamentare (che nessuno compra,neppure i pochi che li leggono) a garanzia di un pluralismo fittizio eparassita. Il resto finisce nelle tasche dei grandi editori. Un esempioper tutti è quello di Bookcity Milano, dove mi è stato riferitoche le poche risorse pubbliche disponibili sono state assegnate allegrandi fondazioni che portano il nome dei marchi editoriali piùimportanti del paese (e spero di essere stato informato male) e tuttigli altri si sono dati da fare, autotassandosi (e qualcuno facendopagare 12 euro per l'ingresso a una festa in una struttura musealedi proprietà dei Comune di Milano ottenuta gratuitamente).

Cook&book- Bruxelles

A mesembrerebbe più utile, per salvare l'editoria libraria (tutta:quella di qualità come quella nazional-popolare) cancellare tuttele provvidenze pubbliche all'editoria e trasferire i fondi cosìrisparmiati alle biblioteche (nazionali, comunali, scolastiche)affinché comprino libri. Magari imponendo loro per legge diacquistarli nelle librerie locali (con apposita asta, a tuteladella trasparenza e della concorrenza).Questo penso varrebbe assaidi più degli affitti agevolati e dei contribuiti a sostegno dellabibliodiversità.
Ma è un discorso molto più complessoe articolato di questo, cara Diletta.
E le nostresono solo due voci.

Mi piacerebbe che se neaggiungessero altre, magari sulle pagine di questo blog.