La nona novità di primavera 2021, è Il compleanno del tasso, diciassette storie di animali raccontate da Toon Tellegen, disegnate da Carll Cneut e tradotte da Laura Pignatti..
[di Paolo Canton]
Sulla soglia ci aspetta un tasso. Si capisce che oggi compie gli anni: ai suoi piedi ci sono due pacchetti ben incartati e infiocchettati e alle sue spalle, in mezzo alle foglie di un boschetto di betulle, un palloncino verde che ci guarda attonito e imperscrutabile.
E poi c’è il titolo che lo conferma: Il compleanno del tasso di Toon Tellegen e Carll Cneut.
Se, procedendo nella lettura, apriamo la porta, ci troviamo immersi nel verde cupo di una fitta foresta. L’unica luce viene da qualche fiore giallo. Abbiamo capito: siamo entrati in un luogo pieno di misteri. Un luogo fitto di vegetazione, ma abitato da animali. Molti animali. Qualche pagina dopo, scopriamo che sono almeno diciassette. Uno per ogni storia.
Storie di animali nel bosco. Dunque, storie per bambini. Ed ecco fatto un bel recinto. Chiudiamo il cancello e ce ne andiamo. Le storie per bambini, si sa, non hanno molto da raccontare a noi, che siamo cresciuti. Al massimo le possiamo leggere ad alta voce ai nostri figli: la sera in cameretta, la mattina in classe, il pomeriggio se piove.
Ma a voler concedere un po’ di fiducia a questo libro, scopriremmo che Toon Tellegen, l’autore di queste storie, è maestro nella difficile arte di metterci di fronte a uno specchio senza, tuttavia, solleticare il nostro narcisismo. Uno specchio che riflette, insieme al nostro volto, la densa foresta che ci abita, con i suoi toni scuri e misteriosi nel fitto dei rami e delle foglie, e i lampi di luce di qualche radura.
Scopriremmo che in questa foresta gli animali non sono inevitabilmente felici, ma quasi sempre hanno un problema: qualcosa con cui non sanno fare i conti e che pesa sulla loro piccola vita. C’è una lucciola che vorrebbe avere un altro nome: un nome altisonante, in grado di impressionare tutti gli altri animali, anche i più grandi e feroci. Un nome all’altezza del suo miracolo di luce. C’è una donnola che ama le improvvisate, ma solo in teoria, perché ogni volta che qualcuno le fa un’improvvisata, lei si spaventa, teme la delusione e fugge. C’è un passero che vorrebbe fare l’insegnante, ma non ha niente da insegnare e non ha allievi. C’è un luccio che pensa di poter sopportare tutto – «caldo, aria, gelo, qualsiasi cosa» -, ma proprio non riesce a sopportare la verità.
Scopriremmo, dunque, che sono storie meravigliose, scritte con maestria e tradotte con precisione. Storie filosofiche. E ci domanderemmo che cosa se ne possono fare i nostri bambini di tutta questa filosofia, di questo mondo che, a guardarlo distrattamente, potrebbe sembrare un po’ triste: un posto dove bisogna sempre pensare e pensare e pensare e non c’è mai una festa che riesca come si deve, dove il divertimento non è garantito e non c’è proprio niente di utile da imparare. Insomma, quelle classiche storie per bambini che in realtà sono per adulti che vogliono dimenticarsi di essere cresciuti e vogliono guardare le figure per farsi passare la nostalgia di quando erano piccoli.
Ed ecco fatto un altro bel recinto. Chiudiamo il cancello e ce ne andiamo: in fondo, cercavamo proprio un libro per i nostri bambini e i bambini, si sa, devono stare allegri, fare festa e imparare un sacco di cose utili. Al massimo, di questo libro possiamo fargli vedere le figure. Ma non tutte, s’intende. Solo quelle allegre e luminose, sennò poi fanno i brutti sogni.
Ma a voler concedere un altro po’ di fiducia a questo libro, potremmo cominciare a leggerlo insieme ai nostri bambini. E faremmo una scoperta esaltante: che per quanto gli animali descritti da Tellegen e Cneut ci somiglino, con le loro inquietudini, le loro tristezze, i loro problemi irrisolti, il loro essere sempre in bilico fra terrore ed esaltazione, sono proprio uguali ai nostri bambini: spiritosi, ironici, inarrestabili, sempre in bilico fra coraggio e spavento, con uno sguardo inatteso e a volte paradossale su una realtà che, a volte, sembra la caricatura di se stessa.
Una scoperta che ci dice che noi e i nostri bambini siamo quasi la stessa cosa. Che quello che ci separa non è un fiume ma un rivo, un ruscello. Possiamo saltarlo in qualsiasi momento e passare da qua a là, e poi da là a qua, come se niente fosse. Ma a cosa servirebbe?
E se invece di scavalcarlo, questo rivo fosse perfetto per costruire un ponticello di quelli che ci sono nei boschi, costruiti si direbbe, per magia, chissà da chi? Un ponticello per incontrarsi – noi e loro – seduti con i panini del picnic e un bel libro in mano. Magari questo. Poi, ognuno a casa sua, a guardarsi da sponde diverse, per quanto vicine. Fino alla prossima volta.