Tempo di Prime Comunioni. Peri bambini allevati nella tradizione cattolica, questo è il primorito da veri protagonisti, dato che il battesimo lo ricordanoin pochi. Non deve apparire blasfemo se si parla qui di unsacramento così importante per la Chiesa citando una novella,famosa e meravigliosa, La Maison Tellier di Maupassant,che è dedicata proprio alla Prima Comunione. Avremmo potutofare di peggio. Per esempio parlare di una poesia di Rimbaud, LesPremières Communions, quella sì veramenteterribile. Il racconto di Maupassant non vuole esibire lasplendida ferocia satirica di Rimbaud, anche se si tiene sempre su unpericolosissimo crinale fra la sensualità e il misticismo; ma lo salva daogni accusa (almeno nei nostri tempi) il suo equilibrio magico, che evitasia la deriva boccaccesca, sia la retorica spiritualistica. Perché ilracconto inizia con la chiusura – non annunciata – di un bordello,e culmina nella partecipazione di un drappello di signorine allegrealla cerimonia dell’Eucaristia. E possiede una grazia assoluta.
Il bel sabato sera di maggio, in una tranquilla cittadina dellaNormandia ottocentesca, è turbato da un fatto imprevisto. La casa diMadame Tellier è sbarrata. I gentiluomini del posto vi arrivano, unoper uno, e rimangono smarriti. Perché “ci andavano ogni sera, versole undici, come si va al caffè, né più né meno”. Così dice Guy deMaupassant, senza specificare niente di quel che è evidente, perché lui,come Edward Lewis, il protagonista di Pretty Woman,è uno che detesta sottolineare l’ovvio. Prossimi alla disperazione,i distinti signori fanno giri concentrici intorno alla casa, stando moltoattenti a evitare gruppi di marinai ubriachi che vanno nello stesso posto,lo trovano chiuso e si infuriano. Solo dopo un’attenta perlustrazionescopriranno un piccolo cartello discreto che spiega il mistero. MadameTellier e le sue ragazze si sono prese una vacanza, per partecipare auna Prima Comunione.
Eccole dunque,ridenti e agghindate, sul trenino che le porta a ottanta chilometridi distanza, a casa del fratello di Madame, dove lei deve fare damadrina alla nipote. Seria e accorta com’è, ha capito che non puòlasciare la sua casa con le ragazze sole, in preda a una clientela chenon è interamente fatta dai notabili del luogo. Così, d’accordocon il fratello, le ha portate con sé, tutte quante: Fernande,la bella biondona, Rose La Cavalla, Raphaële la tenebrosa, LouiseLa Cocotte, e Flora, detta Altalena. Sul convoglio, scandalizzanodue vecchi provinciali che sembrano galline trascinate fuoridal pollaio e deliziano un commesso viaggiatore che offre in donogiarrettiere alle audaci che mostrano le gambe in pubblico, mancandolì per lì un camerino di prova.
Quando ilsignor Rivet, onesto falegname, fratello di Madame, va a prenderlealla stazione con un capiente calesse, le ragazze e la loro padronasfrecciano sotto il sole della campagna, in cui ormai è quasi estate,come un variopinto mazzo di fiori lanciato attraverso la polvere dellastrada, suscitando l’ammirazione di tutto il villaggio. Perché questoè un racconto fatto di colori e di luci, in cui si festeggia molto ele contraddizioni più stridenti del mondo non sono per niente sfumate,ma anzi appaiono in tutte le loro tinte più sgargianti. Intorno agliadulti che preparano i festeggiamenti, sempre lontani e separati daigrandi, i ragazzi si preparano alla loro iniziazione religiosa, provandoi cantici nell’oratorio. La nipote di Madame viene sommersa di baci,dall’inizio alla fine del racconto, perché le ragazze di casa Telliersono delle gran sentimentali, e sotto i busti e gli scolli che mettono inmostra forme generose, nascondono cuori trepidanti, da bambine.
Una di loro,Rose La Cavalla, costretta a dormir sola, per una volta, e in unastanza che non è la sua, rimane insonne. Si accorge così cheanche la nipotina di Madame, per la tensione e per aver cambiatoletto (tutte le signorine sono state accolte nella dimora di Rivet,creando un certo trambusto) non riesce proprio ad addormentarsi;in un impeto di tenerezza la porta nel suo letto e la accoglie frale sue braccia, che forse avrebbero desiderato essere materne: “Efino al mattino la comunicanda poggiò la fronte sul seno nudo dellaprostituta”, commenta Maupassant.
Il giorno dopo, inchiesa, tutto il villaggio assiste a una specie di miracolo. E sempre lei,Rose La Cavalla, ne è protagonista: sopraffatta dai ricordi infantili,di una casa lontana, di una lontana Prima Comunione, rompe in singhiozzi,imitata dall’intera guarnigione Tellier e da tutta la cittadinanza. Lachiesetta di campagna è invasa da una sorta di commozione estatica,che il vecchio parroco rileva con entusiasmo, alla fine della funzione:“Grazie soprattutto a voi, mie care sorelle, venute da tanto lontano. Lavostra presenza fra noi, la vostra fede così evidente, la vostrapietà così viva sono state per tutti noi un esempio salutare. Voisiete il modello della mia parrocchia. Senza di voi, forse, questogrande giorno non avrebbe avuto un carattere veramente divino”. Egiù, di nuovo, lacrime. Le Bocche di Rosa trasformate in misticheMaddalene non potevano sperare in un’accoglienza migliore, e certonon avrebbero immaginato di farsi portatrici della Luce celeste.
Ci si aspetterebbe aquesto punto una conversione collettiva, con le ragazze redente che magariprendono anche i voti: ma no, Maupassant è un magistrale conoscitoredella vita, e sa che le signorine di Madame Tellier torneranno a casa, lasera, dopo una giornata non solo distensiva, ma anche edificante, pronte ariprendere la loro occupazione abituale. E lei, la tenutaria della Maison,concederà perfino quattro franchi di sconto sulle bottiglie di champagne,perché “via, non tutti giorni è festa”.
La squisita innocenza di questoracconto è testimoniata da un piccolo aneddoto autobiografico, chevi devo proprio raccontare; a casa nostra non giravano molti libri,io ne ero sempre affamato, e in occasione della Festa del Papà, laVecchia Romagna pensò bene di ideare confezioni regalo che contenevanoil prezioso brandy, e un libro. Ne approfittai subito per fare il dovutoregalo a mio padre, e tenni per me il libro, intitolato appuntoLa casa di Madame Tellier. Lessi con gusto quello e tuttigli altri racconti del volume, sempre di Maupassant. All’esame diterza media, l’insegnante di francese, che ricordo con affetto,Sandra Buzolich, disse che potevamo fare una Ricerca o portare unaLettura, naturalmente di autore francese.
Avreste dovutovedere la faccia della professoressa quando, il giorno dell’esame, mipresentai con La Maison Tellier sotto il braccio.
Strabuzzò gli occhi, divenne paonazza, e mi ricordò un poco idue provinciali del racconto; ma per fortuna il professore di italiano,Feliciantonio Del Vecchio, era un fantastico gaudente e fu lietissimo diascoltare, per filo e per segno, il mio riassunto di Maupassant. Dovestava l’equivoco? Io non avevo idea di cosa fosse una “casa ditolleranza”, e tanto meno una “prostituta”. Se qualcuno miavesse parlato di “puttane” e “casini”, la faccenda sarebbestata chiarissima anche a me, che invece, grazie a una traduzionereticente e forbita, avevo potuto apprezzare a modo mio lo stile diun incantevole racconto, senza magari capirne il senso fino in fondo,ma dando, inconsapevolmente, il mio minimo contributo alla granderivoluzione dei costumi che era ormai in atto: sarà stato, infatti,il 1974, o il ’75. Ispirato a La maison tellier(oltre che ai due racconti di Maupassant, La Modèlee La Masque), è il film di Max Ophuls del1951 Leplaisir, da cui sono tratti glispezzoni qui presentati e a cui si riferisconoi due manifesti.