Tre graphic novel e come pubblicarle

[di Elena Orlandi]

Mi occupo di fumetti da almeno venticinque anni. Ho iniziato come semplice lettrice di quel poco che trovavo in casa, in un periodo in cui erano finiti i fasti della critica degli anni Sessanta/Settanta e ancora non era ricominciato il revival fumettistico a cui ancora assistiamo; sono diventata una frequentatrice di fumetterie, quando i graphic novel non venivano venduti in libreria e molto spesso non erano nemmeno pubblicati in italiano: ho iniziato quindi a leggere in inglese, francese, spagnolo e a volte tedesco, da quando ero al liceo per poter leggere i fumetti preferiti; attraverso le mie letture ampie e variegate ho sviluppato il mio stile di lettura e preferenza; ho assistito molto da vicino alla nascita di case editrici e al lavoro di fumettisti; scrivo di fumetto da più di dieci anni e cinque anni fa sono riuscita a convincere la casa editrice per cui lavoro a pubblicare un fumetto, e poi più di uno. Qui vi racconterò cosa significa per me fare questo lavoro, parlandovi di tre progetti diversi a cui ho lavorato per la stessa casa editrice, Il Battello a Vapore. Parlerò, dunque, di fumetto per ragazzi(1).

Comprato

Lavoro come editor al Battello a Vapore da quasi quindici anni e fino a poco tempo fa il marchio non aveva mai pubblicato fumetti, al massimo veniva fatta illustrare qualche tavola a fumetti all’interno dei romanzi(2). Con il passare del tempo e grazie al successo di alcuni autori (in primis per adulti, ma poi sempre più anche per ragazzi), da un lato è caduta (almeno in larga parte) quella patina barbogia e bacchettona che si era depositata negli ultimi decenni su bibliotecari, insegnanti, operatori culturali e genitori che vedevano il fumetto come un’arte minore per lettori deboli e svogliati (sorvolando totalmente e colpevolmente sulle competenze necessarie per leggere testo e immagine insieme, come fosse una competenza banale), d’altro canto è iniziata la corsa al nuovo - nel tentativo di non perdere lettori ed esplorare mercati ‘vergini’.

Dopo vari tentativi andati a vuoto, alle riunioni decido di proporre un fumetto per le nuove acquisizioni editoriali. Era il 2016 e pochi mesi prima era stata varata una nuova collana che si apriva anche a sperimentazioni non strettamente in prosa. Avevo deciso di presentare una piccola chicca, un fumetto che un paio di anni prima aveva vinto un Eisner Award, il più importante premio di fumetto americano, che non era ancora stato pubblicato, probabilmente proprio perché all’epoca ancora il mercato del fumetto per ragazzi in Italia non si era davvero riattivato(3): El Deafo è la storia autobiografica dell’autrice, Cece Bell, che racconta le difficoltà di avere una disabilità uditiva. Il fumetto non è lagnoso né pesante, e anzi racconta di come la protagonista riesca a costruire giorno dopo giorno la propria autostima e nuove relazioni con i compagni di scuola, immaginando di essere una supereroina.

Un editor si occupa dell’acquisizione di un titolo (ovvero dell'acquisto di un titolo da un editore estero o da un agente, che rappresenta gli autori italiani) e di deciderne la veste di pubblicazione in collaborazione con l’ufficio grafico; e fa almeno un’altra cosa fondamentale(4): scegliere il titolo, che verrà poi sottoposto e definitivamente approvato dal direttore editoriale o responsabile di collana. In questo caso io ho mimato molto semplicemente il titolo inglese, e mi sono fatta definitivamente convincere dalla scelta francese (Supersourde) che non edulcorava o semplificava. Ho dovuto insistere, perché i miei colleghi avevano paura che il titolo potesse risultare troppo diretto, quindi potenzialmente offensivo. Ma il titolo originale giocava esplicitamente con i due concetti di disabilità uditiva e di supereroe, e mi sembrava il più appropriato.

Nel caso di Supersorda mi sono poi occupata di un altro aspetto: la traduzione. Avevo già tradotto romanzi in precedenza ed ero l’unica lettrice di fumetti in redazione consapevole delle particolarità traduttive del fumetto. Semplificando all’osso: in un fumetto si traduce il testo, mentre le immagini solitamente rimangono le stesse. Questo vuol dire che la traduzione in italiano, oltre alle consuete richieste di una traduzione da un’altra lingua, deve prenderne in considerazione anche altre: il testo deve la maggior parte delle volte rimanere in ingombri di spazio predefiniti e difficilmente modificabili (in didascalie, balloon e onomatopee); ma ancor di più: lì dove il testo fa riferimento a una metafora visiva effettivamente rappresentata nelle immagini, bisogna decidere come comportarsi quando la metafora non è la stessa nelle due lingue(5).

Nel caso particolare di Supersorda c’erano alcune tavole che avrebbero avuto bisogno di essere ridisegnate: si faceva esplicito riferimento alla pronuncia simile di due parole diverse, e gli oggetti a cui si riferivano erano rappresentati nella tavola; si vedeva la visualizzazione di aperture diverse della bocca dei personaggi per dare l’idea di come si legge il labiale. Oltre a confrontarmi con una logopedista sulla traduzione in italiano delle parole più adeguate a rappresentare differenze fonologiche, ho contattato l’editor dell’originale americano e attraverso di lei ho parlato direttamente con Cece Bell, che si è dimostrata gentilissima, ridisegnando due tavole per l’edizione italiana.

 

 

Commissionato

Dopo alcuni anni e dopo alcuni altri tentativi fuori collana, in casa editrice decidiamo di creare un contenitore ad hoc per il fumetto. Lo chiamiamo Graphic Novel per indicare immediatamente di cosa ci occuperemo: storie autoconclusive, dal numero di pagine consistente, e dal formato ormai diventato uno standard per le case editrici italiane(6).

All’interno di Graphic Novel volevamo un’ampia varietà di generi e un mix di proposte straniere e italiane. È qui, quindi, che mi sperimento (per la prima volta in maniera strutturata) con il lavoro editoriale su un fumetto italiano. Prima di tutto c’è la commissione, almeno nel caso di cui vi parlerò: prendendo spunto da un’idea ispirata da un editore straniero, decido di provare a proporre l’adattamento di un classico della letteratura, modernizzandolo e ambientandolo in Italia.

La scelta cade su Anna dai capelli rossi, per motivi banalissimi: non avevamo in catalogo un retelling di quel classico(7), che negli ultimi anni era invece già stato ripreso più volte, testimoniando un vivo interesse per quella storia. Avevo già un’idea per il disegno: una giovanissima illustratrice e fumettista con cui avevo già lavorato per i Classici a fumetti e che aveva uno stile molto dolce che si apriva a sperimentazioni e originalità, con un ottimo controllo della tavola e del ritmo. La lavorazione di Anna dai capelli verdi è iniziata a gennaio 2021, e il libro è stato pubblicato a giugno 2022. Agnese Innocente, a fine giugno, ha vinto il Premio Andersen 2021 per Girotondo, edito da Il Castoro, scritto da Sergio Rossi.

Scelta la storia e l’illustratrice ho pensato a chi contattare per la scrittura della sceneggiatura. Cercavo una scrittrice che avesse già esperienza anche nel mondo del fumetto, perché scrivere una sceneggiatura non è banale. Ho deciso per Micol Beltramini.

Una volta contattate le due autrici, non c’era alcuna certezza che riuscissero a lavorare bene insieme. In realtà, seguire l’intuizione in questo caso è stato vincente: a priori mi sembravano entrambe un po’ Anna Shirley e, difatti, lavorando insieme, hanno poi scoperto di somigliarsi e hanno iniziato a volersi bene, al punto che ora lavorano insieme anche su altri progetti. Questo è stato la più grande ragione di orgoglio di questo lavoro, da cui è venuta anche la certezza di averlo fatto bene: ho creato una coppia di autrici, e il risultato di pubblicazione per me è stato ottimo.

Il mio lavoro sul testo, in questo caso, si è concentrato soprattutto sulla calibrazione del ritmo di lettura: controllare che le scene si svolgessero nella tavola senza rallentare la lettura dove non era voluto, che ci fosse un numero di vignette armonizzato con il formato e la quantità di testo e che la loro successione raccontasse la scena senza rendere la lettura oscura o troppo sincopata. Inoltre, il controllo di alcune scene un po’ troppo ‘vivide’ per il target di lettori, e alcune scelte sullo stile di lettering e sulla resa in corsivo o meno, e il controllo della palette di colorazione. La lavorazione integrale di questa graphic ha preso quasi dodici mesi, dal primo contatto con le autrici alla consegna del testo.

Perso

Arriviamo velocemente a fine 2022 e a un’altra delle evenienze che può capitare lavorando con i graphic novel: il libro perso. Quel libro, tra l’altro, che tu ritieni un capolavoro, cosa che pensi molto di rado; e su cui potresti sbagliarti, almeno nell’enfasi, ma che ti rende anche appassionata, emotivamente certissima che quello sia un libro da comprare e pubblicare in Italia.

In editoria volenti o nolenti capita di pubblicare libri che non si pensa siano fondamentali, capita più questo che altro, a dire il vero, piaccia o meno: è uno dei grandi segreti non segreti dell’editoria. In questo caso avevo tra le mani un fumetto per ragazzi ambientato in una scuola, con tinte horror a tratti davvero inquietanti, e una gestione del ritmo e dei richiami interni del codice colore che mi parevano magistrali. Del resto, questo è uno dei pilastri del lavoro editoriale: la scelta appassionata, la voglia di condividere una lettura che si ritiene necessaria. Poi c’è l’altro pilastro: far quadrare i conti. Il bello del mestiere editoriale è che non è tutto spirito né tutta materia, né solo ‘per Dio’ e nemmeno solo ‘per Mammona’. Ma a Mammona il tributo del conto ben fatto va pagato. Appunto. E il conto ben fatto l’ho pagato, perché quel libro non ho potuto condividerlo per quanto lo ritenessi necessario. I costi della carta moltiplicati, il numero ingente di pagine, la stampa a colori, tutti criteri che, considerati, rendevano antieconomico l’acquisto del titolo.

Non sempre si pensa a quanto sia costoso non solo disegnare un fumetto, ma anche stamparlo/editarlo: la qualità della stampa, della legatura e della confezione fanno parte integrante del valore di un libro con immagini, certo meno che nel settore dei cataloghi d’arte, ma molto più che in altri ambiti editoriali. Eppure, da lettori chiediamo che i fumetti costino non incommensurabilmente di più(8), e anche se io sono una sostenitrice del libro in brossura da sempre, nella tradizione anglosassone, bisogna tenere conto del criterio del prezzo di copertina. In libri ad alta foliazione e con carta più pregiata e spessa perché deve sostenere la stampa del colore è più frequente usare il cartonato. Solo che il cartonato, non solo praticamente, ma simbolicamente, si porta dietro un prezzo più alto per il lettore. In questo caso saremmo arrivati a far pagare un fumetto per ragazzi oltre 22 euro e alla fine ho deciso che non ne sarebbe valsa la pena (leggasi: non avremmo avuto abbastanza acquirenti per sostenere la tiratura).

Questi sono i calcoli che si devono fare in questi casi e in questo caso purtroppo è successo quello che a volte succede: che per quanto si ami un’opera, si arriva a capire che non si è l’editore giusto per lei o non è il momento giusto per farla uscire.

 

NOTE

1 Un’avvertenza: qui parlerò indistintamente di fumetto e di graphic novel. Sono consapevole della differenza tra i due termini - fumetto è il linguaggio artistico utilizzato, declinabile in diversi formati, uno è il graphic novel - ma questa non è la sede per approfondire più di tanto questioni lessicali. Diciamo che sono affezionata al termine "fumetto", anche se nei casi che tratteremo è senza dubbio più preciso il termine "graphic novel".

2 Uso diventato abbastanza comune nell’ultimo decennio: del resto si tratta di illustrare dei libri per ragazzi e il fumetto permette di far progredire la narrazione o mostrare determinate scene e azioni in modo insieme più sintetico e dettagliato di una singola illustrazione.

3 C’erano già case editrici specializzate in graphic novel, anche per ragazzi, prime fra tutte Il Castoro e Tunuè, ma 6 anni fa il panorama era molto diverso dall’attuale: per Il Castoro era già uscito il primo libro di Raina Telgemeier ma il successo non era ancora lontanamente paragonabile a quello degli Stati Uniti (sarà una crescita lenta); il primo libro di Pera Toons per Tunuè esce solo due anni dopo (2018). Le due case editrici si uniranno a marzo 2018 per creare un "polo innovativo nel mondo del graphic novel" per ragazzi

4 Nel caso di un titolo straniero, comprato già "finito". Per gli italiani come vedremo le cose si complicano..

5 Facciamo un esempio: in inglese un acquazzone, quello che noi diremmo "piovere a catinelle" si dice invece "raining cats and dogs", letteralmente "piovere cani e gatti". In un fumetto è possibile che questa cosa venga rappresentata con cani e gatti che scendono dal cielo, rendendo problematico associarci una traduzione in italiano che parla di “catinelle” o “tinozze”. Un traduttore ha più possibilità (inventare metafore ardite, utilizzare una nota a piè di pagina) ma di certo non può ignorare la cosa.

6 Viene dall’America, nasce praticamente con i libri di Raina (come l’ha chiamata amichevolmente una cliente decenne della libreria in cui lavoro temporaneamente: Raina Telgemeier) e in Italia è stato subito scelto dal Castoro, che come abbiamo visto è stato uno dei primissimi editori italiani a inaugurare una collana di fumetto per ragazzi.

7 Qualche anno prima avevo curato un’altra collana chiamata Classici a fumetti, commissionando un retelling a fumetti in pochissime pagine. Molti titoli erano quindi già stati riadattati da poco, e un altro paio di classici modernizzati li avevamo comprati dall’estero.

8 E forse a ragione se si pensa che il fumetto nasce in realtà come "arte povera", pubblicata sulla carta da quotidiano con stampa a rotativa.