Per il ciclo di interviste dedicato alle Case dei Topi, a cura di Beatrice Bosio oggi parliamo con Teodosia Fasciano della libreria pisana Gli anni in tasca. Qui trovate le altre interviste alle nostre librerie fiduciarie: Libreria Farfilò di Verona; Libreria degli Asinelli, di Varese; Spazio Libri La Cornice, di Cantù; La tana del Bianconiglio di Maerne di Martellago; La Pazienza Arti e Libri, di Ferrara; Testolinee Libreria dei Ragazzi, di Manduria; Aribac, di Milano; 365 storie di Matera; libreria Dudi di Palermo; Libreria Trame di Bologna; Libreria Punta alla Luna di Milano; Libreria Baobab di Porcia.
[di Beatrice Bosio]
Ci presenti brevemente la tua libreria?
La libreria si chiama Gli Anni in Tasca, in omaggio al film di Truffaut, ed è specializzata in libri per bambini e ragazzi dagli 0 ai 14 anni circa. Si trova a Pisa, sul lungarno, e l'ho aperta io, Teodosia Fasciano, nel 2018 (proprio due giorni fa abbiamo festeggiato il suo sesto compleanno). La libreria è una porzione dell'antico Hotel Vittoria, ancora attivo. È un monolocale di circa 30 mq, piccolo, ma molto bello, con le volte a botte affrescate in stile liberty.
Al momento ci lavoro ancora solo io, ma sto progettando l’ingresso di una seconda persona in società.
Sul sito, raccontando il perché del nome della libreria, ricorri a un’immagine molto bella: scrivi che gli anni che si porta in tasca un bambino sono pochi, come gli spiccioli di una paghetta, ma rappresentano un’infinita ricchezza. Ti ricordi quando hai visto per la prima volta il film di Truffaut e cosa ha significato per te? Il titolo è stata la prima idea che ti è venuta in mente per chiamare la libreria?
Ho visto per la prima volta quel film quasi trent’anni fa e la sensazione che mi ha lasciato è stata proprio quella della leggerezza. Lo sguardo di Truffaut è molto rispettoso dell'infanzia, è come se si avvicinasse ai bambini, rimanendo però sempre un po’ di lato e permettendo alla loro semplice maniera di essere di farsi presente e viva. Da parte mia nessuna presunzione di fornire descrizioni di massima, solo un grande affetto per la pellicola. Mi piaceva l’idea che la mia libreria, attraverso la scelta dei libri che avrei fatto, restituisse proprio lo stesso rispetto per l'intelligenza dei bambini. Non ho pensato subito al titolo di Truffaut come a possibile nome per la mia libreria, ma non appena mi è venuto in mente ho avuto la certezza che fosse perfetto.
Ricordo che scrissi una mail a Paolo Canton per chiedergli il permesso di utilizzare questo nome, dato che esisteva già l’omonima collana di narrativa di Topipittori.
Affacciata sull'Arno e a pochi passi dal centro storico di Pisa, Gli Anni in Tasca si trova, come ci dicevi, nell’edificio del Royal Victoria Hotel, che già più di cento anni fa ospitava una libreria. Ci parli un po’ meglio di questo spazio e, quindi, anche del rapporto con l’albergo?
Il contesto in cui la libreria si trova è molto bello. Confesso che, visitando per la prima volta lo spazio, ho avuto il timore che fosse troppo piccolo, timore che per altro persiste, ma l’idea di proporre libri per bambini in uno spazio così ricco di anni e di vissuti ha avuto decisamente la meglio. Pensa che l'arco che si trova all'interno del negozio risale al 1100!
Ovviamente mi dispiace non avere una parte di spazio da destinare abitualmente a incontri e attività di vario genere, ma grazie alla collaborazione con il proprietario dell’Hotel riesco a ospitare qualche presentazione in una delle loro sale. Si tratta di un luogo un po’ sganciato dalla libreria, ma comunque molto suggestivo e di solito anche molto apprezzato dagli autori che ospito.
In effetti è un luogo davvero speciale, che incanta tra affreschi, arco e – mi pare di ricordare – un lampadario in legno.
Non è un lampadario, ma una giostra, progettata e realizzata su misura per la mia libreria da un artigiano salentino. È un filo rumorosa, quindi di solito la accendo quando ci sono i bimbi più piccoli (che poi è il mio asso nella manica per conquistarli!).
E pensando invece al contesto più ampio, com’è Pisa dal punto di vista culturale? È una città vivace, in cui c'è interesse per il libro, la letteratura e la loro valorizzazione?
Oltre a un’università storicamente importante, Pisa vanta un alto numero di librerie. Secondo alcuni agenti è un caso davvero eccezionale, dato che, in proporzione alla popolazione, ha più librerie indipendenti di Firenze. Per quanto positivo, però, questo aspetto non si traduce esattamente in una vivacità culturale della città. E anzi, proprio perché l’offerta è così alta, non è affatto facile distinguersi e far comprendere alle persone le ragioni per cui dovrebbero preferire una libreria a un’altra. Si compie un passo alla volta, e tutti con grande fatica e lentezza.
Come mai hai deciso di aprire la tua libreria proprio a Pisa? È la tua città di origine?
In realtà io sono originaria di Molfetta e ho cominciato l’università a Bari. Dopo un periodo di sospensione, però, ho ripreso e concluso gli studi universitari a Pisa. Qui è dove ho svolto anche le mie prime esperienze di lavoro. Quando ho iniziato a progettare l’apertura della libreria erano già nati entrambi i miei figli. Avendo fatto famiglia qui, quindi, direi che posso considerarmi pisana di adozione.
Qual è stato il tuo percorso formativo e lavorativo precedente e cosa ti ha spinta ad aprire una libreria?
Ho cominciato iscrivendomi a Lettere Moderne e poi ho concluso con una laurea in Storia del Cinema. I libri ci sono sempre stati nella mia vita, così come le immagini: da piccolissima disegnavo e il mio sogno era quello di diventare una pittrice, in più ideavo storie che poi illustravo. Da adulta questi interessi si sono estesi anche ad altri ambiti, come il cinema, appunto, e l'albo illustrato. Gli Anni in Tasca rappresenta un po’ la sintesi di tutti i miei interessi.
La libreria è sintesi dei tuoi interessi e, appartenendo alla rete delle Case dei Topi, indipendente per definizione. Ci sono altri aggettivi o espressioni che useresti per descriverla?
È un cammino mai concluso, che è il bello e il rischioso di questo mestiere; tutto è sempre in gioco e quello che hai appreso non è mai sufficiente. Una libreria è davvero un libro aperto, una storia da scrivere giorno per giorno. Per questo credo sia assolutamente necessaria una buona propensione all'apprendimento: di fatto un libraio studia quotidianamente accanto ai propri lettori, potrebbe sembrare che ne sappia di più, ma in realtà, ben nascosto, osserva come i libri vengono accolti e letti.
Sul sito della libreria c’è scritto che Gli Anni in Tasca propone “libri per tutti” e “giochi per giocare davvero”: cosa intendi esattamente? Come selezioni l’assortimento di titoli e giocattoli e secondo quali criteri li disponi nello spazio del negozio?
“Libri per tutti” cela una grande ambizione, e cioè che i libri possano davvero raggiungere tutti i bambini. La verità è che, quando apri una libreria specializzata come la mia, ti rendi presto conto del fatto che chi varca la soglia è una persona che ha già compiuto una prima scelta in autonomia, far leggere, e cerca il tuo aiuto per una seconda scelta, quella del libro, che come libraio sostieni e orienti, suggerendo magari titoli meno scontati. Il vero gran gap, però, quello tra chi decide di comprare un libro qualsiasi e chi non è neanche minimamente sfiorato dall’idea, è davvero difficile da colmare, almeno secondo me. Detto questo, sono fermamente convinta che la presenza fisica di una libreria rappresenti una preziosa occasione per la collettività, ma credo anche che non sia sufficiente senza una reale e completa consapevolezza da parte di tutti, specialmente a livello istituzionale. Come librai ci si sente spesso un po' impotenti, anche se è una grandissima ambizione quella che ci guida.
“Giochi per giocare davvero” fa riferimento a una selezione di giocattoli – limitata rispetto a quella dei libri – che predilige quelli in cui è fondamentale il contributo del bambino e che non si esauriscano nella sola esecuzione di un comando. Si tratta di giochi semplici, ma molto curati.
A proposito di libri, i veri protagonisti del negozio, saresti in grado di dirmi quali hai venduto di più nel corso di questi anni e cosa raccontano di te come libraia?
Sarà un caso, ma due sono sicuramente di Topipittori: Inverno (2018) della serie dei Libri delle stagioni di Rotraut Susanne Berner e L’anima smarrita (2018) di Olga Tokarczuk e Joanna Concejo. A questi si aggiunge Il leone e l’uccellino (2014) di Marianne Dubuc, pubblicato da Orecchio Acerbo.
Sono titoli che amo particolarmente e questo ha sicuramente contato molto nel loro successo di vendite. Poi, forse, rappresentano tre differenti tipologie di albi e ognuno è bellissimo per le sue proprie caratteristiche. Se Inverno racconta la stagione che lo intitola mettendo in scena una vita brulicante di persone e situazioni, Il leone e l’uccellino descrive la stessa stagione a partire da una condizione di estrema intimità e l’autrice del libro gioca in modo incredibile proprio con vuoti e silenzi. L’anima smarrita, invece, mi ha sempre stupita per la compresenza di testo fitto (condensato in poche pagine) e immagini prive di parole: leggere questo libro è come prendere una rincorsa e poi lasciarsi cadere respirando profondamente, ed è allora che si ha la sensazione di rimanere sospesi nel vuoto.
Oltre a Inverno e a L’anima smarrita, ci sono altri titoli del catalogo Topipittori (che contraddistingue Gli Anni in Tasca in quanto Casa dei Topi) a cui sei particolarmente affezionata? E perché?
Senza dubbio Rosmarino (2017) di Brigitte Minne e Carll Cneut, ma anche La voliera d’oro (2015) di Anna Castagnoli e Carll Cneut (e tanti altri, a voler essere onesta).
Oltre alle strepitose illustrazioni, di Rosmarino, apprezzo l’audacia della scrittura che non ingabbia la protagonista in una vicenda didascalica, come sarebbe potuto accadere. Nella figura di Rosmarino si riconosce l’infanzia che rivendica il diritto di svincolarsi da ambizioni adulte di qualsiasi tipo.
Per quanto riguarda La voliera d’oro, hanno certamente un forte impatto su di me, di nuovo, le illustrazioni di Carll Cneut. Per non parlare, poi, della personalità terribile della protagonista: la sua spietatezza viene descritta senza sconti. Nonostante sia la figlia di un imperatore, Valentina non possiede alcuna delle caratteristiche positive che l’immaginario mainstream attribuisce a principesse e regine. È l’iperbole della cattiveria gratuita, molte delle sue richieste sono impossibili da esaudire e generano conseguenze inverosimili: ogni servo non in grado di soddisfare la principessa viene decapitato, Zac!. Una situazione destinata a capovolgersi grazie a una figura che rappresenta l’estremo opposto della bambina, e cioè un ragazzo umile, ma provvisto di grande astuzia. Quando ho letto quest’albo a una classe, i bambini ne sono rimasti profondamente colpiti, hanno amato moltissimo la storia.
Sul sito della libreria proponi diverse idee regalo e, oltre a liste per nascite, comunioni, compleanni, buoni per amici indecifrabili, libri al posto delle “solite bomboniere”, c’è il cosiddetto “scrigno del lettore”: una scatola di libri scelti su misura per ciascun destinatario. Per un bambino molto piccolo, per esempio, suggerisci uno scrigno intitolato “La mia prima libreria”, e per chi ha appena iniziato la scuola “Ora leggo io”. Quale titolo non può mancare nel primo e quale nel secondo?
Nel primo metterei sicuramente uno dei cartonati editi da Topipittori del duo Giovanna Zoboli e Philip Giordano; nell’altro Cuscini e Canguri, terzo volume della serie Fox + Chick di Sergio Ruzzier, pubblicata in Italia sempre da Topipittori.
Oltre alla vendita di libri, Gli Anni in Tasca offre altri servizi – presentazioni, laboratori, partecipazione a festival, eccetera?
Andare avanti solo come libreria in senso tradizionale oggi non è più possibile, occorre trovare altre strade che possano portare i libri ai giovani lettori.
Per qualche anno ho gestito lo stand di Topipittori al Pisa Book Festival e tutte le volte Paolo Canton ha voluto che comparisse anche il nome della libreria, in quanto Casa dei Topi, così da rendere la mia partecipazione un’occasione per far conoscere Gli Anni in Tasca a più persone rispetto agli abituali clienti.
Fin da subito ho progettato e proposto incontri rivolti agli adulti, perché, essendo loro di fatto a scegliere quali libri arrivino nelle mani dei bambini, credo sia importante che compiano le loro scelte nel modo più consapevole possibile.
In diverse occasioni sono stata invitata a incontrare le studentesse e gli studenti del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria, quindi le maestre e i maestri di domani, e i loro attuali docenti universitari. Queste sono per me opportunità preziose di arricchimento e crescita che mi permettono di vivere la professione di libraia oltre all’attività di mera vendita.
Inoltre, ho organizzato e inaugurato da qualche mese un gruppo di appassionati di libri per ragazzi che intorno alla figura di Carla Ghisalberti si riunisce una volta ogni due o tre mesi. Per ora posso dire che si sta dimostrando un’esperienza davvero incredibile, in cui il contributo di ognuno, con propri gusti e passioni, alimenta un confronto sempre più ricco e vivace.
Ti relazioni con altre librerie di o fuori Pisa? E in tal senso, cosa significa per te appartenere a una rete come quella delle Case dei Topi?
Come ti dicevo, la realtà di Pisa è abbastanza singolare: il fatto che abbia più librerie indipendenti del capoluogo di regione, in proporzione al numero di abitanti, è certamente un bene per la collettività che può godere di un’ampia diversificazione delle proposte.
Mi confronto spesso con altri librai di Pisa, e con alcuni di loro ho un rapporto stretto, ma altrettanto spesso mi capita di interagire con librai sparsi un po’ ovunque sul territorio nazionale. Molti li ho conosciuti a eventi o incontri e di tanto in tanto ci sentiamo al telefono per condividere gioie e patimenti del mestiere – perché anche questi ultimi, ovviamente, non mancano.
Sono molto felice, per esempio, che la libreria Leggiamo di Rita Nicotera, a Fanano, sia stata accolta tra le Case dei Topi. Rita e io ci siamo incontrate poco prima che aprissi Gli Anni in Tasca e insieme abbiamo discusso a lungo dei nostri progetti.
Per quanto riguarda la rete delle Case dei Topi, sono onorata di farne parte e per di più di essere tra le prime librerie convocate da Paolo Canton all’inizio del progetto. Questa appartenenza è per me non solo un valido riconoscimento di quello che faccio, ma anche un’opportunità per confrontarmi col lavoro di altre persone per cui nutro molta stima. E non dimentichiamo, poi, il privilegio di avere a disposizione l’intero catalogo di un editore, possibilità resa nella gran parte dei casi molto difficile dalle condizioni del mercato, a inevitabile scapito delle proposte che come librerie possiamo fare. L’ampia disponibilità a scaffale di titoli non necessariamente nuovi di una casa editrice permette al libraio una conoscenza più approfondita di ciascuno di essi e, più in generale, una maggiore comprensione e formazione continua rispetto alla linea editoriale.
Qual è il tuo segreto per conquistare chi entra da Gli Anni in Tasca (oltre a far girare la giostra in caso di bambini molto piccoli) e renderlo un affezionato cliente?
In primo luogo cerco di essere accogliente. Se un cliente mi chiede di potersi muovere in autonomia, lo lascio libero di scegliere. La maggior parte delle volte, però, chi entra in libreria desidera dei suggerimenti e allora provo a proporre più soluzioni fornendo tutti gli elementi utili affinché la persona poi possa fare la sua scelta.
Per chi lavora col pubblico è importante e necessario anche riuscire a “inquadrare” in qualche modo la richiesta e al quel punto osare, spingersi un po’ più in là con la proposta, oltre quindi la semplice soddisfazione della domanda.
Mi piace quando un cliente, entrato in libreria con un’idea, ne esce soddisfatto avendo conosciuto però qualcos’altro, qualcosa che ignorava. Anche perché, se così non fosse, non ci sarebbe allora alcuna vera differenza tra una libreria indipendente e una di catena.
Quale aspetto ti piace di più del tuo lavoro e quale proprio non sopporti?
Mi piace sicuramente avere a che fare con i libri e poterne parlare con altre persone.
Allo stesso modo, però, sono scoraggiata dalle difficoltà economiche che questo lavoro comporta e dall’obbligo di essere necessariamente in sede tutti i giorni, mattina e pomeriggio. Per quanto adori il mio mestiere, sento la mancanza di un tempo che possa essere dedicato ad altro. Quella del libraio rischia di essere un’attività davvero totalizzante, perlomeno per chi cerca di non limitarsi al lavoro al banco.
E se avessi più tempo fuori dalla libreria, a cosa lo dedicheresti?
Lo dedicherei alla formazione, alla lettura, all’approfondimento, al cinema – che poi sono tutte cose che hanno comunque attinenza col mio lavoro, e lo renderebbero più vario e decisamente meno frustrante.
Hai in serbo qualche progetto speciale per il futuro?
Spero vada in porto il progetto di ingresso in società di un’altra persona: per la libreria sarebbe un valore aggiunto, un arricchimento delle proposte e, per me, la possibilità di vivere questo lavoro in modo più leggero e gratificante.
Prima di salutarci, dicci un’ultima buona ragione per venire a farti visita da Gli Anni in Tasca.
Per godere della vista di splendidi libri davanti a un lungarno che da Leopardi è stato giudicato anche più bello di quello di Firenze!