Una messa a fuoco così precisa

Un recentissimo postdi AnnaCastagnoli sul blog Lefigure dei libri, con il suo bel corollariodi interessantissimi commenti e striscianti polemiche,mi ha riportato alla mente le immagini di un illustratorefrancese di fine Ottocento, del quale avevamo già parlato qui:Louis Maurice Henri Boutetde Monvel. (Quitrovate molti suoi libri digitalizzati, ma quelli che mostriamo quidi seguito sono gli esemplari di Vieilles chansons pour lesPetits Enfants e Fables de La Fontaine cheappartengono alla nostra collezione).

Èinteressante il parallelo fra le illustrazioni di Anne Crausaz (quiuna scheda biografica e quiun'intervista)  e quelle di Iela Mari peri libri usciti alla fine degli anni Sessanta e nei primianni Settanta per i tipi della Emme Edizioni di RosellinaArchinto (e a proposito della quale vale la pena leggere questo ecercare il catalogo della relativamostra). Ma ancor più interessante, forse, è ritrovare lo stessotipo di ricerca formale, le stesse atmosfere più di un secolofa, nelle immagini di uno dei maestri dell'illustrazione francesefin de siècle.


Con il termine fin de siècle, nella storiadell'arte ci si riferisce a un periodo caratterizzato, secondo laEncyclopedia Britannica, da «raffinatezza, stanchezzadel - ed evasione dal - mondo, estremo estetismo.» In ambito letterario,questa corrente artistica è stata battezzata "decadentismo" in Franciaed "estetismo" in Inghilterra. Una definizione che, personalmente, mi hasempre lasciato insoddisfatto.


In Boutet de Monvel, così come in IelaMari, in Anne Crausaz e in molta altra illustrazione, contemporaneae non, mi sembra prevalga, più della noia splenetica del mondo,il desiderio di dare del mondo una visione molto idealizzata, cioèmolto distante da una realtà che non viene percepita - e forsenon può essere percepita - come degna di rappresentazione.


Io mi guardo intorno e non riesco a daretorto a chi ha pensato e pensa di offrire ai bambini una prospettivanella quale la messa a fuoco è così precisa da obliterare i dettaglisullo sfondo: quel contorno chiassoso, pacchiano e invadente che confondechi osserva e annichilisce e inquina ogni bellezza. In questascelta formale, mi pare si possa leggere una forte dichiarazione eticae politica (ma c'è una vera differenza fra etica ed estetica?) chenon mi sento di non condividere.


E per tornare da dove siamo partiti, cioèdal post di Anna e da alcune delle domande che lei pone («Cosasignifica crescere?»; «A quale età si smette divedere che le forme sono belle come fanciulle vezzose?»),mi sembra di poter prendere il coraggio a due mani e affermare che ilvero insegnamento di questa maniera di illustrare per bambini sia checrescere significa (o dovrebbe significare) acquisire e mantenere lacapacità di non disperdere l'attenzione, di non lasciarsi distrarredai rumori di fondo, di badare all'essenziale e nell'essenziale trovareil senso della vita adulta.

Quantoalle forme e alle fanciulle vezzose penso che molti fra coloro cheleggono queste pagine continuino, anche in età non più infantile,a esserne irrimediabilmente sedotti.