Abbiamo conosciuto Pandemonium Teatro, a Bergamo, alla fine di novembre, per aver partecipato all’incontro Coltivare Arte: Quale Cultura Per L’infanzia?, tavola rotonda conclusiva del progetto Arte e Cultura, un diritto delle bambine e dei bambini, organizzato da Pandemonium in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Nel corso di questo incontro, mirato a mettere a fuoco l’importanza di un’offerta culturale seria e competente nella crescita e nell’educazione, sono emersi diversi aspetti legati alle difficoltà che oggi può incontrare una realtà pur così solida e radicata nel territorio come Pandemonium, nell’impegno coerente e costante di offrire alle giovani generazioni una cultura di qualità e a svolgere in questo senso una ricerca rigorosa.
Pandemonium Teatro opera a Bergamo da quasi 30 anni; oggi è un’istituzione importante e affermata, un punto di riferimento per la città in cui opera. La sua storia e la sua attività ci sono parse emblematiche, e per questo abbiamo pensato di farla conoscere ai nostri lettori attraverso questa intervista. Ringraziamo Elena Gatti, Lisa Ferrari e Albino Bignamini per la collaborazione.
Il cubo magico, ovvero la morbida pitera filosofale del gioco, con Walter Maconi e Luca Giudici.
Quando è nato Pandemonium Teatro, per iniziativa di chi, da quali esperienze e con quali finalità?
(risponde Elena Gatti): Pandemonium Teatro è una compagnia teatrale con sede a Bergamo e operante su tutto il territorio nazionale. I suoi spettacoli sono stati visti nei principali festival e programmati dai più importanti centri di produzione teatrale italiani.
Nasce nel 1988 per iniziativa di alcuni artisti e operatori attivi in Italia da oltre un decennio nel settore Teatro Ragazzi e Giovani. L’occasione della sua fondazione è stata il Ray Bradbury Festival, manifestazione nella quale, per la prima volta in Italia, sono state prodotte e rappresentate opere teatrali e non del grande maestro americano di letteratura fantasy. Il festival impose una nuova riflessione drammaturgica, tanto che i suoi promotori decisero di proseguirla fondando proprio il Pandemonium Teatro.
Il nostro lavoro, in questi anni, è stato caratterizzato dalla ricerca di una nuova drammaturgia e da una crescente attenzione per la narrazione teatrale come spazio e luogo dove favorire una nuova funzione di attore-creatore.
L’oralità, la nuova drammaturgia e la riflessione sullo spazio teatrale sono quindi gli elementi base delle nostre produzioni, che spaziano dal comico al drammatico. Potremmo definire questo un “teatro di confine”, dove il confine è la linea di contatto tra diversi territori, uno spazio dove si parlano più lingue.
Nella nostra attività, tuttavia, non c’è solo la produzione, ma anche l’organizzazione di laboratori rivolti alle scuole e al territorio, di iniziative con cui si affrontano temi legati alla drammaturgia e al rapporto fra teatro ed educazione, di rassegne dedicate alle scuole, alle famiglie, al pubblico adulto. Pandemonium Teatro è stato inoltre tra i fondatori dell’Associazione Scenario, che organizza da anni l’omonimo Premio, con la collaborazione e il sostegno dell’ETI.
Tutti al mare!, di e con Tiziano Manzini,
Gli attori del nucleo storico del Pandemonium Teatro, professionisti dalla seconda metà degli anni Settanta formatisi originariamente alle scuole del Teatro alle Grazie di Bergamo e del Piccolo Teatro di Milano, hanno lavorato e collaborato, fra gli altri, con Kaya Anderson del Roy Hart Theatre, Julie Stanzak della Compagnia di Pina Bausch, Toni Comello, Moni Ovadia, Marco Baliani, Giovanna Marini, Marisa Fabbri, Gigi Dall’Aglio, Giuseppe Manfridi e Mamadou Dioume.
Hanno inoltre firmato la regia di spettacoli prodotti da altre compagnie italiane, registrato letture e narrazioni per la televisione, condotto esperienze teatrali nella Casa Circondariale di Bergamo e presso strutture impegnate nell’area del disagio sociale; sono stati coinvolti in seminari e convegni nazionali dedicati al rapporto fra teatro, educazione e pubblico giovanile. Da sempre impegnati sul piano della formazione e della pedagogia teatrale, hanno sviluppato una personale modalità di intervento per mezzo di attività laboratoriali collocate soprattutto nel mondo della scuola.
L'attività pofessionale di Pandemonium Teatro è stata più volte oggetto di tesi di laurea (università di Torino, Milano, Bologna, Bergamo, Brescia...). Negli ultimi anni abbiamo partecipato a Festival teatrali internazionali anche all’estero: Irlanda, Germania, Francia, Egitto. Inoltre è stato ospite in ben quattro edizioni del prestigioso FestivalFilosofia di Modena.
Infine, Pandemonium Teatro è sostenuto dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali quale Centro di Produzione Teatrale (normativa FUS dal 2015, fino al 2014 Teatro Stabile d'Innovazione per l'Infanzia e la Gioventù). È riconosciuto dalla Regione Lombardia quale “Soggetto Convenzionato”, sostenuto dalla Fondazione Cariplo e da alcuni Enti Locali del territorio.
La Sala dell'Teatro Auditorium di Loreto, Bergamo.
Il 2017 è stato un anno importante per voi: avete una sede stabile che vi è stata assegnata dal Comune. Cosa ha significato questa novità per Pandemonium?
(risponde Elena Gatti): Da tempo noi gestiamo rassegne teatrali importanti in città e sul territorio lombardo, in teatri di medie dimensioni. La novità della gestione del Teatro Auditorium di Loreto e di alcuni spazi interni al Centro Civico -che ospitava negli anni scorsi la sede della Circoscrizione- sta innanzitutto nella firma di una Convenzione con il Comune di Bergamo. Da decenni chiedevamo questa opportunità, consolidata e scontata in altre città come Milano ad esempio, dove da tempo una realtà come la nostra avrebbe avuto un riconoscimento simile.
A Bergamo è una novità. Noi gestiamo una sala che dovrà essere completamente ristrutturata e i costi della rimessa a nuovo sono tutti a nostro carico. Forse perché ci occupiamo soprattutto di bambini (oltre che di giovani e famiglie e di scuola) il tema di uno spazio efficiente non riesce a essere all’ordine del giorno, è difficile smuovere attenzione per uno spazio che risulti confortevole, accogliente, dignitoso dedicato a questa età.
Noi lo immaginiamo come uno spazio dove i bambini, gli adolescenti e le famiglie possano trovare arte e cultura a loro destinata, dove ogni giorno si elaborano progetti in grado di dare messaggi al passo con i linguaggi del contemporaneo, senza perdere la contiguità con radici profonde che ci legano alla Storia, alla memoria, alle narrazioni.
Lo pensiamo come uno spazio aperto all’ospitalità di diversi linguaggi artistici e creativi a favore del destinatario giovane e giovanissimo. Speriamo nel giro di poco di riuscire a renderlo godibile e ospitale. Coltiviamo l’idea di dotarlo di un bar in grado di aumentare il senso di accoglienza, di aprire il giardino che lo circonda (chiuso da decenni) per renderlo accessibile al quartiere e alla città.
Lo pensiamo spazio aperto anche alle altre generazioni: gli adulti e agli anziani perché anche loro si occupino dei giovanissimi, perché ricordino cosa è stata la loro infanzia e abbiano voglia di rimetterla in gioco. Ci piacerebbe molto che la politica si interessasse davvero del benessere dell’infanzia, e quindi fosse complice in questo processo di costruzione di un luogo a lei dedicato.
Per mangiarti meglio, Giulia Manzini.
L’attività teatrale è il cuore del vostro lavoro. Che tipo di teatro pensate sia importante rivolgere a bambini e ragazzi?
(risponde Lisa Ferrari): Un teatro non banale. Un teatro che non sia innocuo. Quindi un teatro che smuova qualcosa nel pubblico cui ci rivolgiamo: una riflessione - che non deve per forza essere intellettuale bensì coerente con l’età - un’emozione inaspettata, un’esperienza estetica. Lo sforzo continuo e costante di questa visione del teatro per i bambini e i ragazzi sta sia nello scegliere argomenti che possano interessare e coinvolgere, sia nel trovare il linguaggio specifico che veicoli efficacemente quel “qualcosa” al pubblico cui, di volta in volta, ci rivolgiamo
Che importanza ha il teatro nella formazione e nell’educazione dei ragazzi?
(risponde Lisa Ferrari): Il teatro, in quanto forma d’arte, ha, nella formazione e nell’educazione dei ragazzi, lo stesso peso che deve avere nella vita degli adulti. È un aspetto imprescindibile dell’esperienza umana, senza il quale, semplicemente, non saremmo felici. E prima si inizia a frequentarlo, maggiore sarà il piacere ricavato da tale esperienza, più raffinata la percezione delle sfumature di senso, come per qualsiasi altra forma d’arte. Forse potremmo dire – come valore aggiunto - che il teatro nasce da un’attitudine al gioco insita fin dalla nascita e quindi è una delle vie più immediate per avvicinarsi all’arte.
I tre porcellini, di e con Tiziano Manzini.
Cecco l'orsachiotto, di e con Tiziano Manzini.
Quante persone lavorano e collaborano a Pandemonium Teatro?
(risponde Elena Gatti): L’organigramma di Pandemonium Teatro è strutturato in tre ambiti: gli artisti, i tecnici, l’organizzazione. Del nucleo storico fanno parte Albino Bignamini, Lisa Ferrari, Tiziano Manzini, attori e registi, e Mario Ferrari, il direttore organizzativo. I collaboratori artistici sono molti e alcuni di loro hanno firmato regie e testi soprattutto negli ultimi anni ad esempio: Walter Maconi (di recente divenuto socio della Cooperativa – attore e regista); Lucio Guarinoni (drammaturgo e regista); Emanuela Palazzi (attrice, formatrice), solo per citarne alcuni.
Un notevole impegno nel campo della trasmissione delle competenze a favore dei giovani è stato profuso in questi anni in tutti i settori. Il primo progetto da noi elaborato per il bando Buona Gestione della Fondazione Cariplo (2010) era inteso a inserire nell’organigramma nuove figure professionali in campo organizzativo e tecnico. Ora abbiamo una giovane amministratrice (29 anni), un’organizzatrice che si occupa della distribuzione degli spettacoli (27 anni), un responsabile tecnico di 36 anni che all’epoca del bando non aveva ancora 30 anni ed è cresciuto affiancando i tecnici più anziani. Nell’ultimo progetto invece abbiamo pensato fosse importante riflettere maggiormente sul nostro destinatario: le nuove generazioni, con particolare attenzione ai bambini dai 3 agli 11 anni.
Il progetto si intitola Largo ai bambini - culture d’infanzia e accanto alle numerose iniziative destinate ai bambini, alle famiglie, alla scuola, si propone anche un investimento su giovani attori. L’obiettivo è formarli attraverso l’esperienza: farli agire sul palcoscenico, renderli protagonisti in letture teatrali, come conduttori di corsi di teatro accanto ai più anziani per imparare facendo. I giovani scelti sono anche persone interessate al rapporto con l’infanzia, gli adolescenti, le famiglie, ci sembrano le persone giuste a cui lasciare eredità. Possiamo parlare di un organico di 25 persone.
Peluche ovvero di orsi, scimmie, Biancaneve, di e con Tiziano Manzini.
Quanti spettacoli fate all’anno e com’è organizzata la vostra programmazione?
(risponde Elena Gatti): La nostra attività è divisa fra spettacoli di giro e ospitalità. Abbiamo due sale di gestione diretta (anche se proprio in queste settimane stiamo elaborando progetti con nuovi interlocutori per la gestione di nuove sale), agiamo al CineTeatro del Borgo di Bergamo con le programmazioni per le scuole di ogni ordine e grado e al Teatro Auditorium di Loreto, sempre a Bergamo, con le programmazioni sia per le famiglie, la domenica e il sabato sera, sia per lescuole. Nelle due sale cittadine abbiamo proposto nel 2017 poco più di 100 repliche fra spettacoli di nostra produzione e compagnie ospiti provenienti da tutta Italia.
A Cardano al Campo gestiamo da oltre 20 anni la programmazione di Teatro Ragazzi in collaborazione con il Comune e l’Assessorato alla Cultura delle città varesina, in questa città ogni anno programmiamo circa 20 spettacoli per le scuole dell’obbligo e per le famiglie. Abbiamo poi relazioni con diversi comuni di dimensioni minori per i quali organizziamo rassegne di 3/4 appuntamenti per famiglie. La nostra attività di tournée si svolge su tutto il territorio nazionale.
L'acchiappastreghe.
Come nascono i vostri spettacoli e quanti ne producete all’anno?
(risponde Lisa Ferrari): Ogni nostro spettacolo nasce da una forte fascinazione personale nei confronti di una storia, un tema, un’esperienza, che abbiamo incontrato. Questo materiale si veste di immagini che fanno parte del bagaglio linguistico del teatro, in modo che l’idea che ci ha inizialmente folgorato possa arrivare al pubblico cui, di volta in volta, ci rivolgiamo. Siamo convinti che non ci sia un modo definito, standardizzato, di produrre spettacoli, ma che ogni spettacolo richieda una riflessione finalizzata alla ricerca di una sua forma specifica. Produciamo una media di due spettacoli all’anno.
La vostra programmazione prevede anche numerosi spettacoli ospiti: in base a quali criteri li selezionate?
(risponde Elena Gatti): La selezione avviene durante l’anno, assistendo alle produzioni dei nostri colleghi e partecipando ai festival e alle vetrine di teatro organizzate in tutta Italia. Amiamo molto vedere gli spettacoli con il destinatario di riferimento, non amiamo le repliche organizzate per i soli operatori perché risultano fredde. Vedendo spettacoli operiamo poi delle scelte, cercando di capire come vogliamo rivolgersi al nostro pubblico, quali linguaggi e significati vogliamo e preferiamo veicolare. Abbiamo rapporti con molte compagnie teatrali italiane e di molti artisti conosciamo la serietà e la professionalità con molti di loro ci sono rapporti consolidati e collaborazione continuative.
Hotel Tempo, Stanze emotive vol. 2, 2017.
Per il secondo anno, avete realizzato Le stanze emotive: in cosa consiste questo progetto e come nasce?
(Risponde Albino Bignamini): Le stanze emotive nascono negli anni Ottanta quando ci siamo immaginati la narrazione di una storia attraverso un viaggio ambientato e sviluppato in uno spazio non teatrale, uno spazio cittadino dormiente, da risvegliare; uno spazio con una memoria nascosta in stanze abbandonate tra mura scrostate dove il tempo ha lasciato le sue tracce silenziose.
Lo sviluppo drammaturgico della storia doveva privilegiare una relazione intima tra chi entrava nel percorso come visitatore e chi agiva nel percorso come attore. In realtà il visitatore era l’attore mancante affinché il viaggio potesse realizzarsi.
La prima fase delle stanze era agita dall’infanzia attraverso l’incontro con un adulto solitario che intraprendeva un viaggio performativo in una storia che si dipanava in ambienti diversi preparati per l'incontro, la relazione. La prima storia che abbiamo portato nelle stanze di un convento abbandonato è stata: In una notte di temporale di Yuichi Kimura. Una capra e un lupo si rifugiano in una capanna in una notte di temporale e non riconoscendosi al buio trascorrono il tempo dell’attesa della fine del temporale confortandosi a vicenda.
Un bambino-guida accoglieva alla soglia del convento un adulto chiedendogli fiducia: «Se ti fidi di me ti accompagno in una storia dove tu sarai il protagonista e ti mostrerò e vivrai il mio mondo di persona che tu chiami bambino.»
Alla risposta affermativa l’adulto veniva bendato e il viaggio aveva inizio: un viaggio che coinvolgeva tutti i sensi olfatto, vista, udito, tatto, gusto attraverso un esperienza emotiva che toccava in profondità. Ovvero l’ esperienza estetica ed etica racchiuse nel tempo circolare della narrazione si incontravano in una sospensione del tempo lineare .
Hotel Tempo, Stanze emotive vol. 2, 2017.
Nel corso degli anni abbiamo allestito diverse stanze emotive dove l universo adulto si trovava immerso in una storia condotta e immaginata dall’infanzia. Poi è nata l esigenza di trovare stanze e storia con i ruoli ribaltati, mantenendo in questa nuova costruzione le caratteristiche che ci avevano guidato nella prima fase: un percorso per un viaggiatore in solitaria; un luogo da risvegliare; una storia da raccontare; il coinvolgimento dei cinque sensi.
Un bambino-persona affronta un viaggio che lo porta dalla soglia di ingresso fino all’uscita attraverso un'esperienza costruita nello sviluppo performativo stanza dopo stanza.
Il bambino-persona è al centro del percorso creativo: il mondo che abbiamo creato non può esistere senza di te, senza di te non ci può essere futuro, il futuro è fatto di relazioni di incontri di estetica di etica, di stanze che animi con la tua presenza.
Le stanze emotive sono un’esperienza, una relazione interattiva tra scena, spazio, testo e visione.
La struttura drammaturgica fa riferimento a quella della fiaba dove l’eroe protagonista parte per un’avventura che lo porterà attraverso il superamento di prove e con l’aiuto di aiutanti al raggiungimento della meta.
Questa struttura nel nostro narrare si sposa con il racconto mitico dando vita a un viaggio iniziatico dell’eroe. Le stanze sono diventate in questo lungo cammino un’occasione per sperimentare la relazione in uno spazio non virtuale risvegliato da una storia da vivere con immersione totale in un tempo circolare.
Una delle stanze all'ex Asilo Principe di Napoli: sede della prima edizione delle Stanze emotive.
Quali sono stati i vostri spettacoli di maggiore successo?
(risponde Elena Gatti): Con trent'anni di lavoro alle spalle e molte produzioni realizzate, è difficile scegliere, per cui citiamo gli spettacoli che hanno avuto successo in tutti gli ambiti: come esito artistico, responso del pubblico e successo di mercato.
Il primo spettacolo in ordine cronologico è stato Tolstoj’Stories, uno spettacolo comico tratto da piccole storie morali di Tolstoj; poi Dolcemiele da Matilde di Roald Dahl, con 5 attori in scena e una tournée lunghissima (impensabile oggi per il mercato del teatro ragazzi); non possiamo non citare I tre porcellini, la storia arcinota raccontata però dal punto di vista del lupo, che ha raggiunto oggi 410 repliche e continua a essere richiesto; Il Cubo Magico, in cartellone da 10 anni, con una tournée che conta l’Irlanda, la Germania, l’Egitto.
Dolcemiele, da Matilde di Roal Dhal.
Siamo entusiasti dello spettacolo, prodotto nel 2017, Via da lì. Storia del pugile zingaro, perché è stato realizzato dai nuovi collaboratori, perché quando il pubblico adulto assiste allo spettacolo sente il dovere, alla fine, di alzarsi in piedi per rendere omaggio alla storia che viene raccontata con maestria da Walter Maconi, e perché gli adolescenti ne sono rapiti. Oggi non è semplice riuscire a emergere anche quando lo spettacolo è molto apprezzato, perché nel mondo dell’immagine la distrazione è così forte che ogni cosa dura un attimo, niente ha il tempo di sedimentare e così anche un bello spettacolo si perde nella marea delle mille cose che puoi vedere e di cui puoi sentir parlare ogni giorno. Se in uno spettacolo per ragazzi il nome dell’attore non è noto al grande pubblico anche le produzioni migliori rischiano di perdersi nel marasma dell'offerta dell'intrattenimento. Stiamo studiando nuove forme di promozione, nuovi linguaggi di comunicazione che esaltino le risposte positive del pubblico perché diventi lui il nostro migliore testimonial, vogliamo studiare delle modalità perché il passaparola, diventi uno strumento forte di relazione con il nostro destinatario
NdR: Le immagini di questo post si riferiscono a spettacoli presenti nel circuito di Pandemonium Teatro. Gli spettacoli in cui non compare l'indicazione della compagnia teatrale sono produzioni di Pandemonium Teatro.
[A breve la seconda parte dell'intervista]
Walter Maconi in Via da lì. Storia del pugile zingaro.