Prima dell'evento, mi chiedo come impostare questi incontri. Soche questo libro con i bambini funziona bene: sono vicini agli animali,li sentono intensamente, li amano, li sognano, sono presi dalle lorobelle e straordinarie forme, dal mistero della vita chiusa nel lorocorpo. Del resto questo libro si fonda proprio sulla memoria che di taleesperienza ho fatto nella mia infanzia. E durante un incontro a Milano,alcuni mesi fa, in una scuola elementare mi sono resa conto dell'impattoche questa sequenza di animali-desideri ha sui bambini. Mentre riflettosu questo, per qualche ragione penso che un modo adeguato per cominciarepotrebbe essere la domanda: “Vi piace pensare?” Quella che parlain queste pagine è, indubitabilmente, una voce interiore, che vienedal profondo. Qualcosa però dentro di me si oppone a questa ipotesi:obietto a me stessa che si tratta di un punto di vista troppo astratto,adulto, sofisticato. Forse con questa domanda sto solo chiedendoai bambini di confermarmi idee oleografiche e intellettualisticheche ho su di loro. Dopo un breve alterco sulla questione fra me eme, alla fine, prevale la fiducia e così decido di sperimentarel'idea.
A disposizionemi trovo quattro classi di marmocchi freschi di energie mattutine. Etutto mi aspetto eccetto l'ovazione, incondizionata, assoluta, unanimeche segue al quesito, sia durante il primo incontro sia durante ilsecondo. Un sì-boato che fa tremare vetri e muri. Ecco, mi dico,lo sospettavo: ai bambini piace pensare. Uno di loro specifica chegli piace pensare quando dorme, un altro quando va in macchina (e iogli dico che a questo pensare su ruote ho dedicato un libro). Tutti ibambini sono concordi nel dire che per pensare ci vuole tranquillità,silenzio, solitudine, che pensare è una cosa bella da fare assorti,nella concentrazione di se stessi che ci permette di ascoltare ilmondo. È in questo modo, su queste riflessioni condivise che ioe Simona, a poco a poco, portiamo i bambini dentro le parole e leimmagini di Vorrei avere, pagina dopo pagina. Loroci seguono, fiduciosamente e non perdono un colpo, nel fitto dialogoche tessiamo alla ricerca dei possibili significati che noi, autrici,e loro, bambini, cerchiamo di trovare, insieme. È una passeggiataemozionante, con momenti di sospensione, entusiasmi, esclamazioni, pause,esitazioni, dubbi, interrogazioni e momenti di grande, irrefrenabileilarità.
Una secondaovazione accoglie la domanda “Che animale vi è piaciuto di più?”In un grido generale di giubilo, è la pantera a spuntarla, capacedi mescolare il suo nero a quello dei rami, perfetta metafora diinvisibilità. Un'immagine riuscita al punto che ti si insedia in testaappena la vedi e io sono certa che questo libro ha venduto i diritti inotto paesi per merito suo. Recentemente ho parlato a lungo di lei con unapersona che ama gli animali, e molto si occupa di quelli che ci abitanola mente. Mi ha fatto presente che questa pantera è tradita, nel suodesiderio di confondersi col buio, dagli occhi. Con i bambini di Cuneoscopro che se i suoi occhi la tradiscono è solo per vedere attraverso ilbuio quelle cose che i nostri non coglieranno mai.
Scopro un'altra cosa con loro. Arrivata all'ultima pagina dellibro quando chiedo cosa dice il cielo all'elefante e alle sue immenseorecchie fatte per coglierne i messaggi, un bambino mi spiega, serio:“Dice che vorrebbe avere orecchie immense come quelle dell'elefanteper ascoltare quel che l'elefante gli dice.”
Sì, a questo punto è certo che ai bambini piace pensare. Piacemolto. Direi, da morire. E lo sanno fare anche molto bene. Cosaaccada, poi, quando crescono, al punto da far diventare il pensierouna delle attività meno frequentate e più invise alla vita adulta,è davvero un mistero. E, su questo, noi adulti faremmo bene ainterrogarci, molto seriamente.