Con questo breve testo, nelle settimane precedenti all'evento,abbiamo invitato la popolazione a esprimere, certamente in modo nonconsueto, le proprie idee sulla città in cui vive.
Cose che non vedo dalla mia finestra… e vorreivedere! Un laboratorio creativo: immagini, segni,idee per rappresentare i nostri desideri.
Cosa vorremmo davvero vedere dalla nostra finestra?
Un’insolita raccolta di consigli, spunti e sentieri per ifuturi amministratori della città.
Una proposta per adulti e ragazzi, per mettere a confrontobisogni diversi, ma ugualmente importanti, una proposta artisticae divertente per provare a “dire” la propria opinione concreatività, colori e un po’ di fantasia. Prendiamo a prestitol’idea da un libro per provare a rappresentare e rappresentarci,luoghi e persone insieme per la città che vorremmo guardaree vedere!
Il libro: Coseche non vedo dalla mia finestra, GiovannaZoboli e GuidoScarabattolo, Topipittori,2012.
Venerdì 10maggio, ore 20,00 circa.
Abbiamo appena finito di ritirare,raccogliere frammenti di carta colorata, forbici, colla, pennarelli eimmagini di ogni tipo. Qualcuno sta riportando sedie e tavoli al BarElettra che cortesemente ci ha accolti nella parte di piazza Pichidi cui dispone. Due ore sono volate.
Mi guardo intorno evedo facce soddisfatte: l’esperimento, perché di questo si trattava,ha funzionato. Un laboratorio creativo per adulti in piazza. Ibambini, due, sono arrivati solo alla fine e senza troppi problemi,ovviamente, sono stati veloci, chiari e incisivi nel realizzareil loro quadro-desiderio di città.
Quadro-desideriodi città ovvero Cosa non vedo dalla mia finestra evorrei vedere: un’idea molto creativa e inconsuetaper dire ai futuri sindaci e amministratori quello che vorremmo,quel che manca e non funziona.
Un’idea che il librodei Topipittori ci ha spinto a provare, inducendoci soprattuttoa formulare una domanda: davvero quello che non vedo non potràessere mai?
Abbiamo sfogliato, guardato e riguardatoil libro tante volte, potevamo sicuramente “adattare” alcuneillustrazioni ai nostri desideri. Invece no: abbiamo voluto provare eprovarci artisticamente - per qualcuno un passo davvero difficile -,e realizzare da noi le nostre figure.
La città in comune, scuola civica dipolitica di Iglesias, anche in questo modo ha raccolto le ideee i pensieri dei cittadini che, alla fine di maggio, saranno chiamati ascegliere il loro sindaco, dopo un lungo periodo di commissariamento edi difficoltà date dalla situazione economica, occupazionale e politica(non sto a raccontare la situazione socio-economica del Sulcis Iglesiente,di questa provincia che è sempre ultima nelle varie classifiche, ma chepotrebbe primeggiare davvero in molti settori, se fosse governata consaggezza diffusa; e questa è la speranza).
La scuolacivica, nata dall’iiniziativa di alcune donne, alcune già passatedall’esperienza di amministratori comunali, altre mosse dal desideriodi cambiamenti e di partecipazione, in questi anni con un gruppo,non troppo numeroso, lavora a Iglesias per creare movimento dipensieri e idee, attraverso incontri, dibattiti, film, orti urbani,presentazioni di libri ed esperienze lontane e vicine. Non è facile,ma è appassionante e anche divertente, e soprattutto ci permetteuno sguardo costante e attento non solo sul nostro territorio, maanche al di là del mare e oltre.
L’esperienzacreativa che abbiamo proposto è stata la prima di questo tipo,ma già ieri sera, salutandoci, ci siamo detti che fare con lemani e non solo con le parole ci è piaciuto molto, i risultatisono quelli che vedete a corredo di questo articolo, e di cuisiamo soddisfatti.
Per sapere come andrà a finire, seavremo un’amministrazione illuminata e attenta ai bisogni veri,e cittadini solerti e acuti osservatori di quanto accade intorno aloro, bisognerà attendere la fine di maggio. Noi, per portarci avanti,continuiamo a guardare dalla finestra.
Postscriptum
Hoconosciuto Vittoria Negro, una delle colonne del Festival Tuttestoriedi Cagliari, nell'autunno dello scorso anno. Insiemeabbiamo tenuto un laboratorio proprio sul libro Coseche non vedo sulla mia finestra. Un bellissimoincontro, con una interazione intensa e vispa con i numerosi ragazzie bambini presenti: domande, ipotesi, riflessioni, pensieri a nonfinire. Tanto che abbiamo fatto fatica a mandarli via, a laboratoriofinito. Entrambe eravamo sorprese, e ce lo siamo dette, dalla qualitàdel pensiero, di questi ragazzi.
Inquell'occasione, spiegai a Vittoria che, sulle prime, questo albo(i pregiudizi, anche personali, sono duri a morire...) mi avevaposto non pochi dubbi.
Miero chiesta se i ragazzi sarebbero stati interessati, se avrebberosaputo leggerlo, divertendosi, entrando nel suo meccanismo,certamente né immediato né semplice.
Poi, la prova del fuoco:a Tribù dei lettori2012, in una avveniristica sala del Maxxi, a Roma, siamo statidati in pasto, io e il libro, a due classi di adolescenti consideratiper niente lettori e per niente facili (come mi hanno confessatocon una certa apprensione gli organizzatori, qualche istante primadell'incontro).
Insieme a me c'era Carla Ghisalberti,che ha letto il libro, mentre sullo schermo scorrevano le immagini. Iragazzi guardavano e ascoltavano, impenetrabili. Davvero impossibilecapire cosa pensassero. Alla fine, silenzio di tomba. Carla, allora,chiede: Che ne pensate di questo libro? Un ragazzoaccucciato contro la parete, cappellino a visiera tirato sugli occhi,mugugna: Figo. Accanto a lui, un compagno, praticamenteun clone, gli fa eco: Figo. Li guardo e penso chenon avrei mai sospettato di avere due lettori così. Giusto per dire, iluoghi comuni. Carla insiste: Va bene, figo, ma perché vi èpiaciuto? Altro silenzio. Il ragazzo che ha parlato per primo,rimugugna: Perché è un libro che parla di cose vere.Rimango basita. A proposito di questo libro ho letto di tutto - ilsurreale, il non sense, il fantastico, la dimensione onirica e quellametafisica, l'umorismo rarefatto, l'ironia e l'astrazione eccetera - tuttecose sacrosante, ma nessuno ha mai detto: è un libro che parladi cose vere.
Invece,il ragazzino, capisco subito, ha ragione: questo è un libro che parladi cose vere. Lo sapevo anch'io, scrivendolo. Acominciare da quelle che non si vedono dalla propria finestra e invecesi vorrebbero vedere. Fare politica con i libri, con la letteratura,illustrata e non, forse, allora, significa solo questo: leggere ilibri, rifletterci su e utilizzarli per il modo che hanno diverso didire e guardare, in contesti in cui della realtà si parla poco e allaquale si guarda ancor meno. Senza ridurre la politica a una rosa di temiripetitivi e riconoscibili, ma considerandola in tutta la sua estensione,di cosa che riguarda la vita di tutti, collettiva eindividuale. Grazie ai ragazzini e alle scuole di politica,che lo capiscono.