Qualche settimana fa, avevo promesso di raccontare com’èla giornata dei ricevimenti generali dei genitori vista dallaparte di un insegnante. Nel frattempo nella mia scuola ha avutoluogo il rito della consegna della schede di valutazione del primoquadrimestre e, nell’occasione, ho ripensato tantissimo al post di Gioia e a quello che, di getto,le avevo risposto. Avevo scritto che avrei detto com’è staredall’altra parte della barricata… ecco, mi era uscita propriola parola “barricata”, scherzosamente, ma era uscita perchéspesso è tutto alla rovescia. I genitori fanno file interminabiliper guardarci in cagnesco e ritirare “il verdetto numerico”,e il trattamento che ci riserviamo a vicenda è formale (quando vabene), superficiale e sbrigativo.
Alcontrario, per fare scuola vera è necessario che genitori e insegnantistiano dalla stessa parte, che è poi quella dei ragazzi: è necessarioche collaborino alla loro maturazione prima che alla loro preparazione edè assolutamente necessario il rispetto reciproco. Ci siamo abituati adire che la famiglia non educa più, cioè, in sostanza, che i genitorinon fanno più i genitori, tanto che noi insegnanti quando abbiamo ache fare con ragazzi in situazioni difficili (e non) spesso ci diciamo“sulla famiglia non possiamo contare”.
Allostesso modo, è evidente che la professione dell’insegnante èuna delle meno considerate a livello sociale, non se ne riconosconole responsabilità e la bellezza e, poiché l’importanza diuna professione è oggi valutata utilizzando come metro digiudizio la sua remunerazione, va da sé che l’insegnanteè poco più che un badante.
Questo èforse il più grosso problema con cui dobbiamo confrontarci oggi. Certol’edilizia scolastica, la sicurezza dei ragazzi e le opportunitàmateriali che vengono loro fornite sono cruciali, ma la questionecruciale è: quale esempio sono in grado di fornire gli adulti? Come sicomportano tra di loro davanti agli occhi degli studenti?
Lamia maestra diceva “la scuola non la fanno mica i muri!” e avevaragione. La scuola la fanno in primis gli studenti esecondariamente, a pari dignità i genitori e gli insegnanti. Sottolineo“ a pari dignità”.
L’edificio scolastico può essere nuovo e bello e informatizzatoquanto si vuole, con bei disegni nei corridoi, come diceva Gioia,ma se non facciamo in modo che i cinque-dieci minuti dedicati aicolloqui o al ritiro delle schede siano significativi, collaborativi enon fossilizzati sul 6 in italiano o sul 4 in matematica, allora peri genitori fare tutte quelle ore di fila sarà solo una scocciaturae per gli insegnanti sarà solo una formalità da espletare.
Ecco, io penso esattamente questo, da genitore/insegnante(cioè il peggio del peggio!).
(Le meravigliose foto che corredanoil post provengono dagli archivi storici di scuole americane,inglesi, polacche, e vanno dai primi del secolo scorso agli anniCinquanta, n.d.r.)