[di Carlo Maria Cirino]
Se è vero che ogni cosa si spiega riportandola agli inizi, sarà utile tornare indietro di otto anni, quando Cecilia Giampaoli e io iniziammo a immaginare una pratica artistica e filosofica coi bambini che poco o nulla avrebbe avuto a che vedere con tutto ciò a cui eravamo abituati. Già allora eravamo alla ricerca del bambino delle origini, il solo che avrebbe potuto cosigliarci circa la maniera di giocare, di lavorare e più in generale di vivere. Non il bambino completamente assorbito dalla televisione, dai videogiochi, dalle nevrosi dei propri genitori, dal burnout degli insegnanti, dalla competitività dei compagni o dall’efficientismo produttivo dell’istituzione scolastica, bensì quello che, solo giocando e senza neppure esserne consapevole, celebra una personale e collettiva liturgia millenaria. E dove trovarlo? Sotto quale letto o dentro quale armadio andarlo a cercare?
Le tradizioni sapienziali, senza esclusioni, ci consigliavano di fermarci a osservare. Scoprimmo, allora, che il tesoro nascosto che stavamo cercando non era lontano, ma abitava all’interno di ogni bambino: in un certo senso, era il bambino stesso, sepolto sotto strati più o meno resistenti di paure, divieti, preoccupazioni, ferite inferte alla sua indomabile immaginazione. Ci convincemmo presto che questo bambino, che poteva e doveva essere messo nelle condizioni di riemergere in superficie, andava conquistato. Ma la cattura dell’attenzione di un bambino è un’arte e come ogni arte, inizialmente, fu azione rituale, ovvero messa in scena che non aveva nulla a che vedere con il concetto, tutto mentale e adulto, di utilità. In altre parole, non si cerca l’attenzione del bambino per trasmettergli un’informazione, non lo si cattura per imporgli un contenuto o per guidarlo verso una qualche conclusione.
È il suono delle parole, è il movimento, è il rito a condurre il gioco dell’apprendimento. Superfluo e quanto mai accidentale si rivela l’utile in educazione, per lo meno dal punto di vista del bambino, a cui niente importa della verità, ma che stima fortemente il Vero, che vuole udire il suono della voce del maestro e imparare più che può dai suoi gesti. E, invece, che succede? Succede che le classi sono piene di bambini che non guardano, che non alzano più la testa. Chini a completare schede o a colorare secondo uno schema. Chini perché di fronte hanno insegnanti che non recitano, adulti che hanno completamente dimenticato o non hanno mai avuto modo d’imparare che insegnare è un atto di recitazione. Nient’altro. E recitare vuol dire passare la vita a entrare e uscire da se stessi, senza paura.
Gli anni passarono. Prese forma FilosofiaCoiBambini: un approccio educativo nuovo, alternativo a ogni altra pratica filosofica e pedagogica che dopo aver attraversato numerose correnti di pensiero si ritrovava a non volerne più sapere di quanti si permettono di parlare di bambini che hanno incontrato solo sui libri, o di filosofia senza essersi mai sporcati le mani. Il pensiero sta sui polpastrelli, del filosofo come dell’agricoltore, sta ai confini, nelle campagne, in periferia, o sui divani impiastricciati da troppe partite alla playstation. Il pensiero sta nelle parole. In quelle parole che hanno la capacità di saltare in testa ai bambini, di impossessarsi di loro. Parole che gli insegnanti, la famiglia troppo spesso non trasmettono. Conoscenze abbandonate, nomi persi per sempre, storie che nessuno racconta più. Ma come ci si può scordare che ogni bambino nasce per immaginare e compiere il futuro della propria famiglia, e non per fini utilitaristici, come vorrebbero alcuni. Così, l’umanità non cresce demograficamente per incrementare o meno una qualche variabile economica, ma per offrirsi in dono ogni giorno un futuro migliore, un’alternativa, una possibilità contenuta nel sogno d’un bambino che abita questo pianeta.
Per tutte queste ragioni, e per altre che per dovere di brevità non elencherò, FilosofiaCoiBambini scelse, fin dall’inizio, di contrastare l’idea di efficientismo produttivo, di velocità, che domina la maggioranza dei sistemi scolastici (compreso quello italiano); e di favorire con ogni mezzo lo sviluppo di quella facoltà che l’uomo moderno reprime e teme più di ogni altra, ovvero l’immaginazione, l’intuito, che sa cogliere l’essenza, il nome delle cose. Facoltà a cui i bambini andrebbero iniziati il prima possibile (e alla quale, invece, viene tolto sempre più spazio) attraverso numerose attività tra le quali allenamenti e laboratori, nati dallo studio portato avanti sul campo da FilosofiaCoiBambini, dall'osservazione e descrizione di ciò che davvero potremmo definire il pensiero dei bambini, poco o nulla contaminato dall’adulto che gli è vicino. In che modo i bambini conservano e rivelano i tratti del selvaggio che abita ancora segrete parti di noi, o dell'aruspice che continua a meravigliarsi della natura, come se la scorgesse per la prima volta? Chi è il bambino? Ora sappiamo che non possiamo, né ci basta più, parlarne in termini di adulto in fieri. Il bambino è il bambino: detentore di diritti, di una o più metafisiche, di specificità cognitive particolarissime, anzitutto in quanto individuo, e poi in quanto bambino.
Ora, se qualcuno giustamente ci chiedesse come queste premesse teoriche possono trasformarsi in attività che davvero contribuiscano a spingere l'educazione verso nuovi traguardi, risponderemo: attraverso il linguaggio, avendo cura delle parole. Grazie ad allenamenti e laboratori nati da anni di sperimentazioni riusciamo ora a portare i bambini (fin da piccolissimi) ad avere un approccio creativo anzitutto con i fonemi, poi con le parole, le cose, gli eventi, infine coi concetti (dopo diverse annualità). «Il Filosofo Coi Bambini», scrivo anche nella tesi di dottorato, «è colui che si precipita a dire ai piccoli: "Tenete d'occhio le parole se non volete che scompaiano le cose!"».
In educazione, tutti lo sanno, la fretta è cattiva maestra. Su una singola lettera occorre sostare tanto, sempre che si voglia trasmettere al bambino la libertà di girarla, tirarla, stringerla, rotolarla, avvitarla, lanciarla, schiacciarla e così via. Allo stesso modo il filosofo sosta sulle parole e perché no, sui fatti della storia, della scienza, dello spirito. FilosofiaCoiBambini ha per le mani 20 allenamenti linguistici e più di 30 laboratori filosofici originali, coi quali lavora alla scuola dell'infanzia e alla primaria, ottenendo risultati notevoli soprattutto in quei contesti che si sono resi disponibili a farsi "trasformare" da tale approccio nella sua interezza (accogliendo anche la formazione per gli insegnanti e gli incontri con le famiglie e i genitori dei bambini). Se è vero, dunque, che nessuno di coloro che si interessano sinceramente di educazione sottovaluterebbe mai un bambino o tenderebbe a prevaricarne il pensiero e l'immaginazione, è vero anche che questo spesso capita per mancanza di strumenti o di attenzione. FilosofiaCoiBambini offre agli insegnanti gli strumenti per lavorare, per cambiare da dentro il proprio ambiente educativo, arricchendolo enormemente. La scuola cambia, diventa un luogo dove coltivare insieme una vera e propria sperimentazione filosofica, dove i bambini producono idee, pensieri sulla realtà, senza bisogno di riproporre pensieri di altri, senza essere costretti ad accumulare passivamente contenuti coi quali non si è stabilito alcun contatto. Un Filosofo visita le classi, una volta a settimana, lavora coi bambini, in team con gli insegnanti, i genitori e l'équipe di FilosofiaCoiBambini, maturando un'eccellenza filosofica, là dove pochi si avventurano a cercare: all'asilo, alle elementari.
La strada è ancora lunga, ma aver raggiunto, solamente l’anno scorso, più di 150 classi in tutta Italia ci fa ben sperare per il futuro. Siamo un team giovane, ma determinato a fare la differenza in campo educativo e a convincere quanti, purtroppo, ancora preferiscono sostare sulle proprie posizioni piuttosto che scendere, incontrarsi, camminare insieme verso un cambiamento vitale di ciò che ci circonda. Nell’edificare una persona, così come per una città o una casa, è necessario concentrarsi anzitutto sul centro. Bisogna aver cura e rispetto del centro. Occorre ascoltarlo, studiarlo, osservarlo in silenzio. Per noi il centro è il bambino.
Contattarci è semplice (basta scriverci a questo indirizzo), ed è semplice anche informarsi su ciò che facciamo (attraverso i nostri siti, qui e qui), anche, giorno per giorno, sulla pagina facebook. Per approfondire, invece, i laboratori e gli allenamenti, consigliamo i nostri volumetti pubblicati da Safarà Editore (i cinque Piccoli Saggi, a nostra cura): Cos’è un cucchiaio?, Cos’è il destino?, L'isola, Tutto cambia, Case, che potete trovare qui.