Che cosa sono i libri-gioco?

Il numero 51 della rivista Hamelin si intitola Libro-gioco. Infanzia, scoperta e lettura, ed è completamente dedicato all’esplorazione dell'universo dei libri-gioco: cosa sono, cosa significa farli e leggerli. Vi troverete il contributo di Grazia Honegger Fresco, che racconta il compito cosmico del bambino; quella di Lucie Félix, progettista di libri-gioco; quella di Diletta Colombo della libreria Spazio B**K di Milano, di Emanuela Bussolati, Nicoletta Gramantieri, Giulia Mirandola, Elena Nava e Sophie Van Der Linden. Qui vi proponiamo l’articolo di  Loredana Farina. Parlare di libro-gioco è una scelta di campo: vuol dire parlare di bambine e bambini, dell’attitudine di chi entra in relazione col mondo attraverso le prime cose che di quel mondo tocca ed esperisce. E di come questa attitudine sia già lettura: esigente, accurata, pronta a interrogare il mondo.

Potete acquistare il numero qui.

[di Loredana Farina, fondatrice dell’associazione Ts'ai Lun 105]

Una fortunata scoperta fatta mentre si sta cercando un’altra cosa viene chiamata serendipità, dal nome di una fiaba. Un eccellente esempio ne è la scoperta dell’America: Colombo partì verso ovest cercando l’India e si imbatté in un nuovo e imprevisto continente! Posso dire che anche a me e ai miei amici capitò, in dimensioni ridotte, un’avventura di questo genere a proposito dei libri-gioco.

Questi libri rappresentano attualmente un settore dell’editoria in rigoglioso sviluppo, ma fanno parte anche della mia storia personale, per cui devo ammettere un qualche divertito disagio nel parlarne raccontando ancora una volta di come, a metà degli anni ’70, ci trovammo in tre giovani professionisti del libro – con me Giorgio Vanetti, primo portatore dell’idea di bucare le pagine, e Mimmo Caputo – che, spinti dal desiderio di dare una svolta alla nostra vita lavorativa, decidemmo di metterci a fare libri per bambine e bambini.

La scelta di dedicarci ai piccolissimi fu dettata dalla constatazione che non esisteva sul mercato editoriale niente, o quasi, dedicato a loro. Procedevamo per tentativi, provando e riprovando, accomunati dal fatto che nessuno di noi la sapeva troppo lunga su niente. Non avevamo preparazione pedagogica adeguata. Non avevamo letto né Montessori né Piaget. Parlammo molto e ne parlammo molto.

A un certo punto, dopo tante prove, venne fuori qualcosa che non assomigliava a niente di quello che allora si vedeva in giro in cartoleria o in libreria: un libro con pagine di cartone grosso (formato 24x21,5 cm) tenute insieme da una spirale di metallo, con immagini molto semplici e fori digradanti dalla copertina all’ultima pagina. Li chiamammo semplicemente “libri coi buchi” e ad essi affidammo tutte le nostre speranze.

La proposta funzionò inaspettatamente fin dai primi due titoli che uscirono nel 1977, cioè Brucoverde e Il gufo e gli altri.  Funzionò soprattutto con bambine e bambini piccolissimi che nei buchi infilarono immediatamente le dita, per guardare cosa c’era sotto. Quel gesto ci aiutò molto a riflettere, a pensare, ad analizzare, a cercare di capire chi fossero i nostri sconosciuti lettori. Per quel che mi riguarda, osservai con attenzione curiosa e stupita le bambine e i bambini, ma per capirli cercai molto anche dentro di me. E fu come esplorare un giacimento naturale: cercai e trovai qualcosa che c’era già, ed era lì da gran tempo. Qualcosa che avevo solo dimenticato e che poi ho ritrovato. Era la bambina che ero stata e che in parte forse ero ancora. Un incontro emozionante che mi ha dato un brivido di felicità.

Loredana Farina e Giorgio Vanetti, Il gufo e gli altri (La Coccinella, 1977).

Loredana Farina e Giorgio Vanetti, Brucoverde (La Coccinella, 1977).

Sono passati più di quarant’anni e i “libri coi buchi” hanno aperto una strada nuova nell’editoria: la strada dei libri-gioco. Da allora tanti editori, autrici e autori si sono dedicati a questo settore, hanno fatto ricerca. Ricercare è anche tentare di capire a chi ci si vuole rivolgere, che strumenti e che linguaggi usare. Provare a immaginare come entrare in relazione con le lettrici e i lettori che si vanno cercando, sperimentando linguaggi comunicativi nuovi.

I libri-gioco (scritto proprio così, con il trattino) tengono insieme due attività che sono molto lontane fra loro: la lettura e il gioco. Quando parliamo di lettura, di solito, ci riferiamo alla lettura delle parole: una lettera, più una lettera, più un’altra lettera. Una parola dopo l’altra. Da sinistra verso destra, una riga sotto l’altra. Ma leggere, secondo me, non è solo una tecnica: è un atto creativo. Come giocare. Ed è lettura anche quella delle immagini. Quando apriamo un libro illustrato, il nostro occhio si dirige in un punto non predefinito dell’immagine e si sposta sulla pagina senza una regola. È solo alla fine che l’occhio percepisce l’insieme di quanto è stato rappresentato e lo legge nella sua totalità, lo decodifica.

Un altro modo di leggere non riguarda solo la vista, ma coinvolge anche gli altri sensi. Leggere è anche maneggiare il libro cercando di valutarlo, sfogliandolo, sentendo il fruscio delle pagine, annusandolo, scrutando attentamente cosa ci racconta la copertina: ci piace o no? E il prezzo è troppo alto rispetto a quanto sembra prometterci questo prodotto? Inoltre, il nostro corpo è tutto coinvolto dall’atto di leggere: leggiamo seduti? Sdraiati e con le gambe in alto? Ad alta voce o sussurrando le parole? E la musica fa da sottofondo? Un bell’articolo letto dopo pranzo ci aiuta a digerire? Abbiamo bisogno di un libro per andare in bagno?

E poi c’è il gioco. Cosa è giocare per bambine e bambini? Prima, molto prima di gattonare da un oggetto all’altro o di caracollare nelle pozzanghere, che cosa è tutto quel percuotere gli oggetti con tanta attenzione? Quel toccare e palpeggiare le forme, quel mettersi tutto in bocca? Quel riconoscere le cose rappresentate? È entrare in contatto col mondo: imparare a riconoscerlo. È gioco ed è lettura. E i libri-gioco sono innanzitutto una struttura da leggere con tutti i sensi che comunica messaggi conoscitivi con un linguaggio plurisensoriale. I libri-gioco cessano definitivamente di essere comunicatori solo attraverso le parole, perché si esprimono con la loro forma da percorrere con le mani, con la loro struttura: hanno buchi da esplorare, alette da sollevare che nascondono sorprese da scoprire. Sono pesanti o leggeri. Ingombranti o maneggevoli, lisci o ruvidi, coloratissimi o in bianco e nero. E se vengono percossi emettono suoni diversi. È questo il linguaggio con cui comunicano col lettore cui si rivolgono. Poiché come si legge col corpo, così si gioca con la mente. Libro e gioco sono due parole che stanno bene insieme e che hanno molte cose da scambiarsi.

Le immagini poi propongono soprattutto oggetti stilizzati che rappresentano il mondo quotidiano di bambine e bambini. E i colori usati sono quasi sempre molto vivaci e a contrasto: rosso, blu, verde, ma anche giallo e nero. Pare che siano questi, infatti, i primi colori percepiti, anche se i neuroscienziati stanno ancora facendo ricerche su questo tema e scoperte e conoscenze sono in continuo movimento. Anche i formati sono molto diversi: piccoli a misura di piccole mani, o anche molto più grandi come la casetta della Pimpa (Pimpa in casa, Franco Cosimo Panini) o The giant game of sculpture, nella prima versione dell’editore Phaidon. Possono avere alette da sollevare o cursori da far scorrere, come nella collana Scopri e gioca di Gallucci o Muovi e scopri di Edizioni del Borgo, o ancora nella collana Con un ditino  de La Coccinella. Possono avere inserti in stoffa e specchi, carte trasparenti e altri materiali, linguette, tagli e pieghe, fili, parti da staccare e ricomporre, quattro pagine oppure molte, aprirsi a leporello intorno al corpo di un neonato.

Altan, Pimpa in casa (Franco Cosimo Panini, 2017).


Tra le autrici e le autori che si dedicano al libro-gioco, due francesi da qualche anno stanno conducendo un’articolata ricerca sulla comunicazione con bambine e bambini attraverso i libri: Lucie Félix ha progettato l’ormai classico Prendi e scopri (Fatatrac) e il pionieristico Coucou per l’editore Les Grandes Personnes, che ha ispirato anche il grande Hervé Tullet con Fiori!, il primo di una serie di leporelli insieme a Forme!, Balla! e Guarda! (tutti editi in Italia da Franco Cosimo Panini).

Lucie Félix, Hariki (Les Grandes Personnes, 2019).

Lucie Félix, Le bûcheron, le roi et la fusée (Les Grandes Personnes, 2016).

Lucie Félix, 2 yeux? (Les Grandes Personnes, 2012).

Poiché mettono insieme linguaggi conoscitivi diversi, i libri-gioco sono un condensato di fantasia creativa e tecnica produttiva, e i loro autori e autrici sono progettisti. Quella del progettista è una figura professionale recente nell’ambito dell’editoria. Il progettista è un designer la cui preparazione comprende tutti gli aspetti dell’oggetto cui si rivolge, da quello della fantasia a quello tecnico. È una figura sottovalutata: il suo nome, infatti, non si trova mai sui libri, ma è essenziale ai fini dello sviluppo di questo tipo di pubblicazioni. Il progettista non è l’illustratore. È colui che sa trasformare un’intuizione in un progetto comunicante con un messaggio conoscitivo rivolto a bambine e bambini molto piccoli, e che però conosce anche il modo per rendere tecnicamente realizzabile e producibile questo progetto. Sa “come si fa”, conosce le macchine che lo producono. I libri-gioco aprono la mente a chi li fa prima ancora che a lettrici e lettori cui sono destinati e, insieme a tutto lo straordinario sviluppo della letteratura per ragazze e ragazzi, rappresentano secondo me uno dei passaggi del ‘900 che ha indagato e nobilitato la figura del lettore. Anzi, dei lettori di tutte le età. Il ruolo del progettista precede quello dell’illustratore e non lo sostituisce. La funzione dell’illustratore è quella di vestire il progetto; a volte può capitare che queste due competenze siano espresse dalla stessa persona, altre volte invece no.

Nell’immaginario comune non sempre è così chiaro cosa siano i libri-gioco. Spesso vengono associati ai libri pop-up con cui hanno in comune due caratteristiche: sono entrambi stampati sul cartone (anche se di spessori diversi) e nascono dall’essenziale figura del progettista. La differenza più sostanziale, e meno nota, fra questi due prodotti sta nel fatto che i pop-up prevedono l’assemblaggio manuale delle fragili parti che li compongono: dopo essere stato stampato e fustellato, tutto (o quasi) viene piegato e incollato a mano, con tutte le difficoltà e i problemi di costo che questo lavoro comporta. È questo il motivo per cui i pop-up vengono di volta in volta prodotti in America Latina o nei paesi dell’estremo oriente, Singapore e Taiwan compresi, ovunque la mano d’opera permetta un maggiore sfruttamento a prezzi più contenuti.
Anche i libri-gioco vengono spesso prodotti in Cina, ma questo dipende innanzitutto da un semplicistico approccio alla soluzione dei problemi cartotecnici, non certo dalla mancanza di specializzazione dei produttori occidentali. Questo però impoverisce la ricerca di soluzioni e la preparazione dei progettisti. Si tratta di un problema più vasto, che investe ben altri settori merceologici e ben altre scelte di economia generale.

Hervé Tullet, Guarda! (Franco Cosimo Panini, 2021).

Hervé Tullet, Balla! (Franco Cosimo Panini, 2020).

Hervé Tullet, Forme! (Franco Cosimo Panini, 2020).

Hervé Tullet, Fiori! (Franco Cosimo Panini, 2021).

Negli ultimi anni c’è stato un gran pubblicare di libri e albi per intrattenere bambine e bambini facendoli disegnare, colorare e tagliare, confrontare con giochi sulle pagine, applicare adesivi.
 Ma questi non sono libri-gioco. Sono libri di attività e si rivolgono a lettrici e lettori già più adulti e autonomi che hanno sviluppato altre abilità.

In mezzo a tanta varietà di proposte editoriali, che troppo spesso affollano i banchi dei librai in maniera episodica, negli ultimi anni la ricerca sui libri-gioco si è molto impoverita, soprattutto in Italia: l’offerta è molto omologata, senza originalità, appiattita su linguaggi e tecniche simili. Gli orizzonti si abbassano e lettrici e lettori non vengono aiutati a guardare lontano e a crescere tutti diversi in un mondo senza limiti e senza confini. La maggior parte dei titoli in Italia è acquistata dall’estero. Eppure “libro-gioco” è una definizione nata in Italia; nelle altre lingue non c’è un termine che esprima lo stesso concetto, se non traducendolo dall’italiano.

Mi fa piacere concludere raccontando che, nel 2017, con un gruppo di amici abbiamo costituito l’Associazione culturale Ts’ai Lun 105 che si occupa di promuovere attività che contribuiscano a mantenere vivo lo studio della cartotecnica, della letteratura, dell’illustrazione e dell’editoria per l’infanzia. Lo scopo dell’Associazione è soprattutto quello di promuovere e incentivare la conoscenza delle tecniche di produzione dei libri-gioco e, per farlo, ogni anno Ts’ai Lun 105 lancia il bando I libri-gioco si fanno con le macchine che assegna a giovani progettisti borse di studio annuali e offre loro la straordinaria opportunità di svolgere uno stage formativo presso un’importante cartotecnica. È un tentativo e una speranza: quella di coltivare in Italia un vivaio di progettisti di libri-gioco.

Bibliografia

  • Altan, Pimpa in casa, Franco Cosimo Panini, 2015
  • collana Scopri e gioca, Gallucci
  • collana Muovi e scopri, Edizioni del Borgo
  • collana Con un ditino, La Coccinella
  • Félix L., Prendi e scopri, Fatatrac, 2019
  • Félix L., Coucou, Editios des Grandes personnes, 2018
  • Farina L., Vannetti G., Brucoverde, La Coccinella, 1977
  • Farina L., Vannetti G., Il gufo e gli altri, La Coccinella, 1977
  • Tullet H., Fiori!, Franco Cosimo Panini, 2020
  • Tullet H., Forme!, Franco Cosimo Panini, 2020
  • Tullet H., Balla!, Franco Cosimo Panini, 2021
  • Tullet H., Guarda!, Franco Cosimo Panini, 2021
  • Tullet H., The giant game of sculpture, Phaidon, 2014