Di questo libro, Una stella nel buio, penultimanovità del 2012, diremo il meno possibile. Primo, perché il misterointessuto nella trama del racconto è un elemento fondamentalenella lettura, poiché il senso della storia matura nel fittointreccio di ipotesi che ci si trova a formulare, leggendo. Secondo,perché ci sembra opportuno affidare alla voce stessa dell'autrice,Lucia Tumiati, scegliendo un brano dallibro, il compito di arrivare a voi, e toccarvi. Nessuno meglio dilei lo può fare. Diremo solo che questo racconto ci è piovutodal cielo inaspettatamente: avevamo contattato l'autrice pertutt'altro. Il risultato è stato l'arrivo diquesta stella nel buio. Singolare è che da tempo stessimo pensandoa un libro su questo tema. Lucia ce lo mandò, dicendosi sicura chenon fosse la cosa giusta per noi.
Sulle illustrazioni di Joanna Concejo, due parole. Proponendolequesto testo, le abbiamo spiegato che a dare corpo alle immaginipresenti nel racconto, avevamo in mente un segno rapido cheannotasse a margine della pagine appunti visivi: paesaggi, dettagli,personaggi, animali. L'idea, peraltro, ci era venuta anche guardandoi quaderni preparatori che lei stessa ha realizzato per alcuni nostrilibri. Joanna ha lavorato su questa indicazione con la consueta acutezzae concentrazione, sviluppando lo spunto in una tessitura di brevi, intensevisioni: una sorta di sommesso colloquio interiore, di sguardo di un terzopersonaggio invisibile che, accanto ai protagonisti, ascolti, rifletta,osservi.
Buona lettura.
Il cielo è pieno di stelle, grandi stelle luminoseche sembrano voler scendere sulla terra, a toccarci, a prenderci permano. Credo che non esista al mondo un cielo stellato più splendentedi questo nostro. Mi piacerebbe camminare nei sentieri, con una stellafra le mani, al posto della lanterna. I cammellieri certo sono guidatibene, nel deserto, da questo mare di stelle.
Quando devo andare a controllare le bestie, per vederese sono rientrate tutte nei recinti, per vedere che nessun animaleda preda sia entrato fra di loro, mi piacerebbe che sui pali del miopiccolo regno ci fossero le stelle. Forse avrei meno paura. Ancheperché spesso il vento mi spegne la lanterna e io devo camminareal buio, battendo con il bastone sui sassi, per riconoscere ipassaggi, orientarmi, non battere contro gli alberi che mi si paranodavanti.
Qualche voltaho visto muoversi delle persone, nel buio della notte. So che i lebbrosipreferiscono girare al buio, perché nessuno li veda, e nessuno giri latesta da una parte per lo schifo e la paura dei loro volti devastati. Soche se incontro qualcuno posso bisbigliare uno “scialom” quasia scongiurare un agguato.
Persolito nessuno mi risponde, e le ombre scivolano via, misteriose. C'ètutto un mondo di persone che vivono di notte. Ci sono i viandanti, coloroche non chiedono l'elemosina ma si spostano di villaggio in villaggio,rubacchiando nei campi, chiedendo asilo a qualche pastore. Ci sono certimercanti, che per paura di farsi vedere, di giorno, e di essere derubati,girano la notte, portano sacchi, spingono bestiame, ma foderano ancheil bastone di stracci, perché battendo sui gropponi delle bestie nonfaccia rumore. Poi ci sono i ladri, e i loro occhi scintillano, nel buio,come lampi. Io dico scialom e stringo il bastone. Forse dalla voce essisi accorgono che sono un bambino e mi lasciano in pace. Una sola voltaho trovato un tale che mi ha preso a pedate nel sedere.
«Vaa casa, moccioso spione. Altro che scialom. Te lodo io uno scialom che te lo ricordi per un pezzo»e giù un calcio tremendo.
Ho persola lanterna. È caduta per terra e si è rotta. Ho mollato il bastone esono corso a casa, ficcandomi a letto senza dire niente a nessuno.
Se le stelle fossero state sul mio sentiero, non si sarebbero rottee forse mi avrebbero difeso. Ma un ragazzo non può avere una stellatutta per sé. O almeno così credevo.
Ieri notte sonodovuto uscire per il solito giro di controllo. Arrivato alla curva,dove per solito incontro il mio amico triste, ho visto del chiarore,verso le rocce. Mi sono detto «vado o non vado a vedere cos'è? Ese fosse un fuoco? Potrei avvertire i pastori, la gente. Potremmofare in tempo a spegnerlo prima che devasti le messi che sono ancoranei campi».
Sono avanzato piano, alzando la lanterna perallargare il giro della luce e vedere più lontano. Lui, il mio amico,era seduto in una grotta. Aveva acceso un piccolo fuoco, ed eranole scintille, i barbagli di quel fuocherello che si diffondevanonell'oscurità, facendo come tremare le ombre, tutto intorno.
Lui era lì seduto, e si teneva le ginocchia abbracciate, il mentosu di esse. Aveva un rotolo di pergamena, accanto, ma lui guardava ilfuoco.
Mi ha sentito arrivare e - sempre tenendo la testasulle ginocchia - si è girato verso di me, guardandomi senza sorridere,attraverso le scintille.
«Ciao,ho avuto paura - gli ho detto ridendo - meno male che sei tu».
«Paura? - mi ha chiesto - che cos'è la paura?»
«Sembrache tu viva sulla luna e non sappia le cose più semplici. Paura èquando incontri qualcuno, di notte, e non sai se ti prenderà per ilcollo o ti lascerà tornare a casa sano e salvo».
«Soloquesto è paura?»
«Ma no. Paura è tante cose. Non mi diraiche non sai cos'è la paura di buscarne da tuo padre, per esempio. Odi non ritrovare la strada che ti riporta a casa o di fare bruttafigura, quando il Rabbi ti chiede “la legge”».
Luimi guarda e sorride. Sembra che mi legga dentro, sembra che, mentreparlo, lui sappia già quello che sto per dirgli.
Mettedegli sterpi sul fuoco, che sfrigolano. È bello stare in due amici,davanti alla luce della fiamma. È bello avere degli incontri così,di notte. In realtà non occorrerebbe neppure parlare perché si formauna solidarietà, fra noi due, che sembra nascere dalla terra e dalfuoco, dal silenzio e dalla paura.
«Io non ho mai paura»mi dice, dopo molto tempo, e mi pare che stia confidandomi uno deitanti, troppi suoi segreti.