[di Rita Gamberini]
Nella piccola casa di campagna dove vivo, la guerra non c’è, eppure si sente. Così ho esposto la bandiera della pace, anche se non passa mai nessuno, il trattore del contadino, raramente il postino, le moto da cross sparate giù nei sentieri che attraversano il bosco. Non se la fila nessuno, ma non importa, la bandiera della pace sventola e trema per me, per gli uccellini che immagino colombe, perché la mia attenzione non venga meno nell’angolo di pace che mi accoglie.
I miei genitori, mia nonna e mia zia alla guerra sono sopravvissuti, ce l’hanno fatta a rimanere in piedi e quello che ricordo sono i pochissimi loro riferimenti al tempo di guerra.
Mio padre è stato in un campo di lavoro in Germania e mi ricordo “cartofen schlafen e caput”. Delle patate mangiava le bucce. La nonna è stata costretta a far da mangiare ai tedeschi in un borgo fuori dal paese. Non so cosa potesse cucinare. Mia madre è sfollata sulla riviera tirrenica presso una famiglia di Follonica molto accogliente. Mia zia era solo una bambina e non ricordo abbia mai detto nulla. Mi sa che proprio non gli andava a nessuno di loro di parlarne, perché nessuno di loro ne parlava.
Può sembrare strano che della loro vita durante la guerra non facessero un racconto, ma che bisogno c’era di dirlo a noi bambine che vedevamo crescere la nostra famiglia insieme alla nuova casa, al giardino, al cane Pucci, al fratellino, ai regali di Natale e alle soprese delle uova di Pasqua?
Qualcosa li ha trattenuti dal dire “Tu che della guerra non sai niente, taci!”. Eppure non avranno dimenticato nulla. Io ho visto le loro cicatrici nella mestizia di mia madre, nell’impazienza di mio padre, nel nervosismo della nonna e nella ribellione della zia che, di tanto in tanto, si facevano vita tribolata.
Se oggi potessi, domanderei tutto, tutto vorrei sapere: cosa è successo e come hai fatto, cosa hai sentito e chi c’era con te. Li farei sedere sul vecchio divano di casa, nel tinello, la nonna con la sua vestaglia a fiori, mia madre che sbuccia la mela dopo cena, la zia che parla a voce alta, solo mio padre sulla sedia davanti alla tv, di fianco un posacenere stracolmo di cicche e io con un gelato tutto cioccolata. Un’adunata di ricordi, la mia riconoscenza.
Di fronte alla guerra di oggi sono annichilita, in quanti riusciranno a rimanere in piedi e come? I colori di una bandiera raccolgono o disperdono la nostra umanità?
Il mio paese appena dopo la guerra.