[di Rita Gamberini]
A nove anni, seduta in cortile sulla soglia di casa, sfogliavo l’Enciclopedia della fanciulla dei Fratelli Fabbri Editori. Usciva in edicola ogni settimana ed era un appuntamento immancabile. Anno 1963: la comperava la nonna, spinta, penso, da quell’intento famigliare di crescere bambine istruite ed educate alla conoscenza che portò in seguito all’acquisto rateale del Dizionario Enciclopedico Moderno, proposto negli anni Sessanta da quelle figure di piazzisti che giravano di casa in casa a rifilare enciclopedie o assicurazioni e che oggi ci propinano il Folletto con i suoi improbabili accessori e si prodigano in persuasive dimostrazioni.
Dell’Enciclopedia della fanciulla leggevo tutto il fascicolo da cima a fondo. Seguivo con passione le vicissitudini di Cosetta ne I Miserabili di Victor Hugo e la storia delle incantevoli e ben assortite protagoniste di Piccole donne, con una spiccata preferenza per l’irriverente Jo; ero molto attratta anche dalla realizzazione fai-da-te di uno zufolo ricavato da un bastoncino vuoto. Meno da come si attacca un bottone o altre impegnative prove di economia domestica, materia in cui avrei poi dovuto cimentarmi alle scuole medie, con scadenti risultati.
Una volta archiviato il fanciullesco fascicolo me ne andavo in giro: possedevo un cavallino immaginario chiamato Principe, e con lui galoppavo per campi e stradine, ispirandomi alle avventure televisive di Velvet Brown e del suo purosangue, Il magnifico King. Lo legavo a una siepe vicino a casa ogni volta che tornavo dalla campagna. Poi magari si giocava alle signore sulla cima di un albero. Se riesci a costruire uno zufolo con un bastoncino, con due sai improvvisare un telefono e invitare le signore vicine di albero a prendere il tè. Puoi giocare ai tegamini, preparando torte con il fango di una pozzanghera, o chiedere all’amica di famiglia, che fa l’infermiera, di ingessare, con bende e tutto l’occorrente da ospedale, l’unica bambola di porcellana con il busto rotto. Se poi ti fai prestare una fionda da un amichetto e senti nelle vicinanze le grida di qualcuno a cui è improvvisamente esploso il vetro di una finestra, corri a nasconderti con il cuore in gola. Tutta la baldanza di una bambina intraprendente scompare ed emerge l’insicurezza di chi, quando di sera viene mandata in cantina a prendere qualcosa e scende le scale da sola, finge una conversazione ad alta voce per far intendere che sola non è. Poi il coraggio ritorna perché sei già sotto le coperte a leggere su Il Corriere dei Piccoli le aspirazioni canore di Violante Rock che qualche anno dopo, con l’arrivo degli anticonformisti capelloni, diventerà Violante Beat.
E fu così che anch’io qualche anno dopo, abbandonata l’Enciclopeda della fanciulla, diventai uno spirito beat, e diedi corpo alle mie aspirazioni letterarie riempiendo fitte fitte le pagine di un diario intitolato Fragole e Juke-box.