Ecce Humus!

ovvero la straordinaria esperienza di Jean-Jacob Hauswirth, papirografo

[di Clementina Mingozzi]

Johann-Jakob Hauswirth, Farm Life, 1857, 28,5×39, Dobiaschofsky Auction House Bern.

Cuore nero, Johann-Jakob Hauswirth.

Un antefatto: quando ho creato la pagina  Facebook,  dedicata alla Papirografia (la tecnica artistica del ritaglio), davo talmente per scontato che avrei parlato di Hauswirth, artista storico del folklore svizzero (1809 - 1871), da dimenticarmi, fino a tempi recenti, di farlo. Non solo, divertita, mi resi conto poi scrivendo il post, di come la famiglia di mia nonna materna, Clementina Scarafia (1888–1967; nipote di Maria de Simonis), che mi intratteneva da piccola ritagliando il carabiniere con il pennacchio, provenisse proprio da una valle confinante con la Svizzera, da Santa Maria Maggiore in Val Vigezzo. Che ci fossero dei cromosomi di mezzo? Un pedigree da scoprire?

Partenza dalla stalla, Johann-Jakob Hauswirth.



Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Per questo non sarò mai abbastanza grata a Giovanna Zoboli per avermi invitato, dopo aver letto il mio post su Facebook, a raccontarne la sua storia: non potevo permettermi di rimanere con le mie conoscenze.

Cosa avrei scoperto di nuovo sulle creazioni di Hauswirth esposte al museo di Chateau-d’Oex, a cui avevo deciso di fare visita? Avrei capito qualcosa di più delle mie radici da ‘papiromane’ visitando i due luoghi, vicini in linea d’aria 107 km? (nell’Ottocento, però, tale distanza non era trascurabile e certo non si sarebbe potuta percorrerla in poche ore)?

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Ebbene, quando nel 1979 ho incontrato per la prima volta i lavori di Hauswirth - Hans Johan Jakob Hauswirth,  (1809-1871, Saneen, comune nella parte più a sud del cantone di Berna), ho scoperto che non ero sola nel mio mondo di ritagli, avrei avuto un maestro. L’emozione fu grande.

Questo perché da circa un anno e mezzo, avevo iniziato di punto in bianco a realizzare immagini. Ritagliavo da un unico foglio nero di carta storie naïf, che si svolgevano sempre, inesorabilmente, in un bosco o vicino a un albero.



Il drago di  elfo Josef, ritaglio di carta, 1978, Clementina Mingozzi.

Riconosciuta la tecnica delle immagini riprodotte, l’attrazione fu inesorabile, mi impossessai immediatamente del libro edito da Franco Maria Ricci, intitolato nell’edizione italiana Merletti di carta.

Mi ricordo, però, il fastidio che mi diede fin da subito il titolo, riduttivo di tale bellezza: fui sul punto di scrivere all’editore.



Merletti di carta di Hauswirth e Saugy, introduzione a cura di Charles Apotheloz, Franco Maria Ricci Editore, 1978.

Per quanto riguarda Hans Johan Jakob Hauswirth, pare sia giunto a Chateau-d’Oex dalle valli vicine dell’Oberland Bernese, a circa quarant’anni; non si sa nulla sulla sua vita precedente.

Era un lavorante a cottimo, a volte impegnato come carbonaio, altre presso le malghe o nelle attività tipiche dell’ambiente alpino. Amava, nonostante le 'manone' e la precarietà dei suoi alloggi, dedicarsi a ritagliare dei pezzetti di carta che barattava con l’ospitalità per la notte, cibo o qualcosa di utile, come una candela.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.



Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut. Al centro, citazione dello stemma del cantone Bernese.

Sembra fosse quasi analfabeta, la sua biografia è stata ricostruita solamente da racconti orali di chi l’aveva conosciuto da bambino. L’agiografia racconta che per ritagliare si fosse adattato alle mani un paio di forbici, aggiungendovi due anelli più ampi; d’altronde era talmente alto che venne soprannominato anche Trebocon, tre pezzi, poiché era così che si doveva piegare per attraversare le porte di allora.

Le sue opere erano assemblate da più pezzi per comporre una immagine ampia e completa, e “con il tempo i suoi ritagli divennero più colorati…” Divertente è scoprire al loro interno, carte decorate riciclate, provenienti da altri usi, come carte di caramelle eccetera.

«Dopo il primo ritaglio a colori del 1847, ne seguirono altri, decorativi e dal carattere unico… Vendeva le sue creazioni nel Pays-d'Enhaut, soprattutto nei dintorni di Château-d'Œx. I contadini utilizzavano i ritagli più piccoli come segnalibri… H. "firmava" le sue opere con un blasone recante un orso bernese… visse gli ultimi vent’anni della sua esistenza in grande solitudine.»

La semplicità dei soggetti rappresentati, osservati nella vita colta dall'esterno dell'intimità delle case e nella liricità del paesaggio che accompagna le attività quotidiane, testimoniano sempre la sua grande sensibilità.

Quale fosse stato lo spunto per aver scelto di esprimersi con la tecnica del ritaglio è la domanda che ci si pone, vista la sua originalità, ma non si è avuta finora risposta. Queste sono le poche informazioni che si riescono trovare nei testi dedicati a lui.

Ritagli di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Dopo tanti anni di ricerca sul tema, ho notato, che è quasi sempre un legame affettivo che fa scattare la scelta delle forbici in un papirografo spontaneo: una relazione, o una attività legata all’ambiente in cui vive, da cui si è circondati fin da piccoli.

Di tutta l’affascinante e antica storia del ritaglio, un elemento di cultura diffusa di cui Hauswirth poteva essere a conoscenza, erano le silhouette, ritratti con carta e forbici, un gioco apprezzato nei salotti di tutta Europa fin dal XVIII secolo e che rimase passatempo abituale.

Non si deve dimenticare che all’epoca era ancora diffusa - dal XVI sec. - «la serie senza fine di immaginette mendicanti, cioè destinate ai poveri per la pubblica questua», detti dime (ho tratto questa notizia dall’introduzione storica di un prezioso testo: L’arte di piegare e ritagliare la carta. Per bambini, per ragazzi, per educatori di Attilio Mina, Giovanni De Vecchi Editore, Milano 1994). Da questo punto di vista appare ancora più naturale l’idea di scambio con il proprio manufatto.

Canivet, forse  del 1875.

In specifico, nell’ambiente contadino in cui viveva Hauswirth, caratterizzato da una diffusa religiosità, era probabilmente famigliare incontrare i canivet in elaboratissimi santini in carta, sopratutto intagliata, spesso realizzati da monaci e venduti nei mercati, per festeggiare qualche evento della vita religiosa famigliare, come battesimi e matrimoni santini incisi, ai mercati o in qualche casa (Canivet è diminutivo di canif, termine francese, temperino, e indica sia l’oggetto che l’ attrezzo con cui si intaglia la carta, una sorta di bisturi). Non credo si sappia quale religione professasse Hauswirt, se cattolica o protestante, sembra però certo, da una sua affermazione riportata, che credesse in Dio.

A Pays-d’Enhaut le lettere d’amore si potevano confezionare anche così; 1764, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Allora erano molte le attività artigianali con cui si conviveva e in casa era fondamentale sapere svolgere lavoretti di bricolage o attività come il rammendo, passatempi a cui partecipavano anche i bambini (a questo proposito riporto una citazione, tratta da  Bécourt, S. R. , 1830, Arte di costruire ogni sorta di oggetti in rilievo e in carta per servire ad istruzione e passatempo della gioventù d’ambedue i sessi, Firenze, per V. Batelli e figli, riportata in Carte intagliate, ritagliate e punzecchiate di Elisabetta Gulli Grigioni, Edizioni Essegi: «Le fanciulle in Ginevra imparano tutte alcuni lavori geniali, che le dispone ad essere industriose… Ho veduto in varie città scuole in cui fanciulle di sei anni imparavano a tagliare con forbici, e senza disegnare prima con la matita, farsi colla carta de’ paesaggi, de’ fiori, delle figure umane e di animali. La figlia di un francese mio amico all’età di sette anni prese delle lezioni per addestrarsi in quel lavoro di cui le avevo dato le prime idee: a nove anni ella fece in carta frastagliata un paesaggio di rilievo.»

Coltelli e forbici erano attrezzi importanti d’uso quotidiano, sopratutto in ambienti in cui l’economia domestica era la base della sopravvivenza, inoltre l’ambiente naturale contribuiva a fare attenzione… Non vi sovviene a questo punto il rosso del famoso coltellino svizzero, pronto ad affrontare tutto e in qualsiasi momento?!

Pare che in una borsa insieme ai suoi ritagli, Hauswirth portasse sempre con sé le forbici, proprio come le portava in tasca, meno saggiamente, Hans Christian Andersen (1805 -1875). In realtà, anche lui era senza fissa dimora poiché ospite costante dei suoi estimatori. Suo coetaneo, anche Andersen era, come è noto, un forsennato ritagliatore, più per intrattenere e intrattenersi che per necessità di baratto.

Tra l’altro nel 1833 (apro una breve parentesi, ma lasciatemelo fare poiché la coincidenza è troppo divertente), lo scrittore frequentava i luoghi della cultura cittadina di Ginevra, località non distante da Chateu d’Oex (121 km), dunque non sarebbe strano supporre che si fosse impegnato in escursioni nelle valli adiacenti (sono ancora in trepida attesa dei suoi diari di viaggio nella zona).

Ma temo sia difficile pensare che i due abbiano avuto occasione di incontrarsi anche per il differente ambiente sociale, e purtroppo non credo siano noti dei ritagli di quegli anni giovanili di Hauswirth.

All’interno delle salette espositive del Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut, Chateau-d’Oex, ci sono alcune bellissime bamboline di carta prive di attribuzione, che mi hanno fatto immediatamente pensare ad Andersen.

Ricordano la sua Augusta Snorrifass: i piedini sono gli stessi di quelli presenti nel Museo di Chateau-d’Oex (come nell’immagine), diversamente da altre sue bambole ritagliate. La decorazione floreale degli abiti e l’esecuzione dei volti, richiamano invece le bamboline presenti al H.C. Andersen Museum di Odense. Saranno state dunque opera sua o pura coincidenza di sensibilità? Dunque, con un sorriso sulle labbra, penso che i due artisti, almeno in spirito, in questo Museo, potrebbero essersi ritrovati.

Ritagli privi di attribuzione, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Augusta Snorifass, bambolina di carta con alcuni dei suoi vestiti, H. C. Andersen. Collezione privata esposta al Egeskov Castle.

Il  copricapo floreale della donna con canestro in mano, potrebbe citare l’abito femminile delle festività di varie comunità montane, ancora a ricordo di antichi riti pagani.

Bamboline di H.C. Andersen.

Accanto alla splendida raccolta di ritagli esposta al Museo, possiamo godere della ricostruzione di alcuni ambienti del tradizionale chalet svizzero. Vi sono abiti e suppellettili d’uso, testimonianze dell’abilità e cura artigianale diffuse presso coloro che vi vivevano a dispetto delle avversità ambientali (o forse a queste dovute?).

L’esposizione dei vari manufatti è stata per me una grande fortuna, avevo sotto gli occhi un’evidenza illuminante: motivi decorativi ritagliati, ricamati, intrecciati e scolpiti, nodi, cuori e mazzolini di fiori, ripetuti a decoro per ogni tipo di oggetto. Sono riscontrabili dalla Val d’Ossola al Pays-d’Enhaut, probabilmente ricorrenti in molte altre parti dell’arco alpino; testimoniano un omaggio continuo alla bellezza della natura in cui è incisa al vivo la vita del montanaro.

È inevitabile riconoscere questi motivi anche nei ritagli di Hauswirth.

Cassapamca, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Porta, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Soggio, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Stoviglie, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Immagine devozionale, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Fronte di stufa in pietra ollare, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Ricamo su borsetta di raso, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Ricami floreali di costumi Walser. Gressoney, Valle d'Aosta, Italia. GettyImages, De Agostini Picture Library.

Penso che la mia domanda trovi risposta più che in un pedigree, nell’appartenenza alla montagna. Per superare il topos romantico devo filtrare e incrociare i dati storici e geografici.

Non più, quindi, valli come isole atemporali: le Alpi hanno avuto la doppia funzione di rifugio e via commerciale. Quando i ghiacciai ‘camminano’ o arretrano, il tempo stratifica tracce umane poiché fa parte della vita in altitudine affrontare valichi e passi; così si rinnova nei secoli quasi nascostamente l’humus originale del territorio.

Per le dure condizioni di vita, e non sempre per semplice alternanza stagionale delle attività lavorative, vi sono migrazioni di interi nuclei famigliari o, diversamente, la diaspora del nucleo famigliare affamato più povero: i bambini, le ragazze, gli uomini  si allontanano dalla famiglia e dai paesi di origine. Partono per le valli limitrofe a servizio, e di spostamento in spostamento, a volte il ritorno è difficile. Poteva essere stata così anche la vita di Hauswirth da giovane?

Johann Jakob Wick, Spostamento stagionale dei contadini di montagna, accorso il 24 febbraio 1586,

Alpi svizzere. Da Historisches Lexikon der Schweiz di Jean-Francois Bergier.

Decorazioni su cappelli, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Paglia intrecciata, Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Studio i territori e scopro, a sorpresa, i Walser ad accumunare i due fronti delle Alpi svizzere e italiane, un popolo di coloni che conoscevo solo per sentito dire, rimasti tutt’oggi in zone molto circoscritte delle Alpi (ottima la voce dedicata ai Walser dall’Enciclopedia Treccani).

Il popolo Walser comincia a distribuirsi a macchia di leopardo attorno all’anno 1000. Si tratta di popolazioni alemanniche emigrate dal Vallese (Svizzera) verso l'Oberland Bernese, scesi anche in Francia, Italia e Austria (in Piemonte, nel XIII sec.; in Val d’Ossola - di cui è parte la Val Vigezzo -  e attorno ai piedi del Monte Rosa).

Nei secoli, la presenza dei i walser è stata significativa, portatrice di valori  e tecniche peculiari, come popolazione esperta nella lavorazione del legno e del formaggio, con tradizioni proprie, e una lingua, l’altissimo alemanno (parlata ancora oggi). Nel corso del medioevo riescono addirittura ad affrancarsi proprietà e liberarsi da servitù, stanziandosi in alpeggi, in accordo con i signori feudali. Resero appetibili zone precedentemente incolte e sostennero in parte  la cura delle vie di transito. Si dice che abbiano ‘fatto della montagna un’arte di vivere.’

In questo ritaglio di Hauswirt le mucche scendono dagli alpeggi,  in alcune zone per l’occasione si adornavano a festa

con una corona di fiori tra le corna; qualcosa di simile mi fa supporre anche  questo particolare di ritaglio.

A Cogne, si incorona ancora la regina, è una festa molto partecipata, non solo dai turisti.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Mi ha divertito scoprire che dal solo Passo del Sempione, che unisce la Val d’Ossola con il Vallese, via diretta per le principali città nord europee, passarono con una someggiatura organizzata (non priva di contese) merci come: panno francese, broccato d’oro, seta, spezie, cavalli, e ancora fustagno, lana, cera, cordame, aghi, mercerie, armi, ferro, acciaio e altri metalli («I monti del Sempione furono frequentati fin da epoche remote, dapprima come meta di caccia e in seguito di pascolo. L’importanza del valico crebbe gradualmente nei secoli, per divenire nell’età del Ferro e sotto il controllo dei Leponti, un collegamento primario, insieme ad altri valichi posti tra Ossola e Vallese, tra l’Italia e il cuore dell’Europa.» Per l’aspetto relativo al continuo traffico tra le due regioni del Vallese e della Val d’Ossola è interessante questo).

Forse rende ancora più l’idea dell’attualità del passato questa curiosità: a Ornavasso, in provincia di Verbano-Cusio-Ossola, c’è un signore walser che costruisce i corni svizzeri.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Oggi è per me un piacere scoprire la consistenza di cui è formato l’humus che accomuna i due territori in cui sono nati Hauswirt e la famiglia di mia nonna.

Nei lavori di Hauswirth si percepisce affetto, una visione spirituale dell’ambiente naturale. Proprio per questo non mi appaga del tutto riconoscere i simboli universali nei suoi lavori, come i cuori e gli intrecci di nodi. Sento che il nostro sguardo moderno non è più in grado di leggerli, attribuendo loro la stessa ricchezza di valori di allora. Ad esempio, un tempo alla parola mucca se ne associavano immediatamente altre, oltre latte e formaggi, il pensiero andava con questi ultimi a cibo a lunga conservazione, vita, sopravvivenza, lavoro, e a volte, nelle zone di passo, anche trasporto. Una mandria di mucche in transumanza, per la comunità intera, non era certo un mero simbolo decorativo.

Se vogliamo conoscere l’opera di Hauswirth più a fondo, vale la pena riguardare attentamente il suo mondo con le nuove conoscenze acquisite. Si scopre una vita talmente ricca di aspetti, tutti filtrati dalla sua sensibilità, da sorprenderci e  emozionarci.

Ecco: le mulattiere ritagliate nella composizione percorrono il foglio zigzagando e partono dalle case poste alla base dell’opera, spesso più grandi a più piani e curate nei particolari come facessero parte di un paese a fondo valle. Accanto all’uscio, il giardino è circondato dalla staccionata, a volte lavorata con cura, quasi Hauswirth ci stesse parlando del suo padrone di casa. Lungo tutto il tragitto, sopra e sotto i rami di castagni, frassini e ontani, aceri, alberi da frutta, e anche vigne, la vita scorre in attività che coinvolgono proprio tutti: dall’uccellino alla donna appena uscita di casa con cappellino e ombrello, dalle mucche che ciondolano il capo e sbattono il campanaccio, alla volpe che insegue lepre e scoiattoli.

In alto, le zone d’alpeggio circondate di abeti, o in mezzo al bosco; all’interno delle baite si è in piena attività, si girano i mestoli in grandi calderoni, si accatastato pile di formaggi. Sul mulo una persona avanza con il carico, salendo sempre più lontano dall’abitato, altrove c’è chi trasporta grandi pesi a spalle, un gigantesco calderone, chi porta al pascolo i maiali.

Cartone del latte locale.

Ritagli di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

L’agrifoglio non supera i 1.400 metri di altitudine: è posto, infatti, di frequente, tra i giardini delle case alla base dell’opera. La pianta aveva varietà di usi: dai lavori fini di artigianato del legno a sostituto del vischio in poltiglia per catturar gli uccelli. Perciò è  facile immaginare che Hauswirth ne conoscesse l’uso.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut.

Un mondo quotidiano fremente di attività a cui partecipano anche gli alberi, si ramificano e intrecciano alla ricerca di  luce e spazio. Non sono da meno i fiori, il Cardo mariano, o la Bardana, entrambi infiorescenze pungenti, spesso centrali nella composizione come protagonisti, sembrano irradiare energia attorno a sé e a tutta l’opera. Chissà se si usava il cardo per cagliare il latte come era abitudine nell’antichità o se si avvolgevano le foglie basali alle forme di formaggio per il trasporto, come in alcune zone dell’Italia? (gli appassionati botanici si potranno divertire con questo sito. Qui si può mettere a confronto la flora ritratta da Hauswirth,  con la diffusione delle piante nella valle in cui si pensa sia vissuto, (occorre però tenere presente lo scarto di più di un secolo). )

Mi sembra che nulla nello sguardo di Hauswirth sia privo di senso e di vita vissuta. Il giustapporsi delle carte ritagliate rende tutto più ricco, vitale, profondamente legato a quella che è stata per lui la montagna della sua epoca. Le sue opere mi appaiono, anche per questo, di una intensità irripetibile.

Nel Museo di Chateau d’Oex sono raccolte opere di altri bravissimi ritagliatori, come Lous Saugy (1871 - 1953) l’immediato successore. Postino di professione, era stato molto ispirato dall’opera di Hauswirth.

La vita iniziava a essere diversa in queste valli: l’Ottocento via via, scorreva verso lo sviluppo turistico portando nuove occupazioni, una di queste ad esempio era la guida alpina. Nascevano nuovi punti di osservazione con una visione più esterna rispetto alla montagna, tipica appunto, dello spettatore. Così nota lo storico svizzero, François Walter, in termini più generali riferendosi all’immaginario attorno alla figura del montanaro: «Alla fine del XX sec. queste immagini hanno perso parte della loro valenza simbolica, in corrispondenza con la crescente opacità dei riferimenti alla storia e all'identità in una società in rapida mutazione.»



Lous Saugy, 1871 - 1953, Rougemont.

Coltelleria e Decoupage de Pais d’Enhaunt, Chateau d’Oex.

Nell’odierna Chateau-d’Oex e in tutto il Pays d’Enheut, a metà luglio, grazie alla bellezza lasciataci da  Hauswirth, si svolge per tre giorni il Festival di paper cutting… Hauswirth e Andersen ne sarebbero stati sicuramente felici.

Annotatevelo e prepariamoci, la prossima volta vorrei incontrare i miei contemporanei, scoprire il Festival. Non vi pare che sia una zona in cui tornare?

Insomma, mi sento come se fossi sprofondata con gli scarponi nella torba umida del pascolo in cui il nevaio si è appena sciolto, quel terreno grondante d’acqua che forma vene di ruscelli e cuscinetti di microscopici fiori. Chi l’ha provato sa che dà la sensazione di poterti risucchiare lo scarpone per trattenerlo in attesa della prossima glaciazione. Così sprofondati, ci si rende conto che l’humus ha un suo peso d’attrazione inestinguibile.

Ritaglio di Johann-Jakob Hauswirth , Coll. Musée du Vieux Pays-d’ Enhaut. Ma quante latifoglie ha ritagliato Hauswirth!

Chateau-d'Oex

Chateau-d'Oex.

Parc naturel régional Gruyère Pays-d’Enhaut.

La strada del Sempione che attraversa le Alpi, disegno di H.C. Andersen,  1833.

Il passo disegnato da Andersen qui sopra, è lo stesso che ho valicato anch’io per raggiungere la valle del Pays-d’Enhaut. La storia del passo del Sempione è rivelatrice di quanto fossero interconnesse culturalmente le due regioni, e l’influenza economica e culturale della comunità Walser nel corso dei secoli.

Ringrazio la mia cara sorella Titti, persona generosa, che mi ha accompagnato nel viaggio accudendomi come Theo fece con Vincent.

Domenica 16 Settembre, ore 17:30, Clementina Mingozzi, sarà a Modena, nell'ambito del Festival Filosofia, presso Palazzo Santa Margherita - Biblioteca Delfini, con la performance per ragazzi e famiglie "Niente è come sembra. Haiku per note e ombra".

Bibliografia e link

Les découpages du Pays-d’Enhaut et du Saanenland, a cura di Claude Allegri, Edizione del Musée du Vieux Paysd’Enhaut, Chateau-d’oex, 2009.

Merletti di carta, di Hauswirth e Saugy, ed. Franco Maria Ricci, 1978.

L’arte di piegare e ritagliare la carta. Per bambini, per ragazzi, per educatori, di Attilio Mina, Giovanni De Vecchi Editore, Milano 1994.

Arti, riti e miti della Svizzera moderna, Museo Cantonale d’Arte, Lugano e Museo d’arte città di Lugano, Silvana Editoriale, 2008

Immaginate devozioni e decorazioni profane in Paesi europei nel Settecento e nell’Ottocento, a cura di Elisabetta Gulli Grigioni, in Carte intagliate, ritagliate e punkecchiate. Strumenti di collezionismo, Edizione Essegi, 1998, Ravenna.

Marco Casali e Paola Vozza, hanno fondato l’Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola (le terre piemontesi delle comunità Walser), e realizzato, inoltre, il bel sito Folkway, dedicato a oggetti ed opere d’arte ispirate dalle tradizioni folk internazionali, tra cui, l’intaglio di carta. Non è perciò casuale che si dedichi anche un articolo dettagliato ad Hauswirt.

Clementina Mingozzi.