Finalmente ho letto Winnie The Pooh

[di Michele Longo]

Illustrazione di Ernest Howard Shepard per Winnie the Pooh.

«Scrive Dante in uno dei suoi sonetti più famosi, rivolto a Guido Cavalcanti:

“Guido, i’ vorrei che tu Lapo ed io

Fossimo presi per incantamento

E messi in un vasel ch’ad ogni vento

Per mare andasse al voler vostro e mio.”

[…]

Chissà, dunque, se a questo vasel, che a me fa subito pensare a un vasetto, si è ispirato Alan Alexander Milne, quando ha messo in salvo Winnie Puh dalla Terribile Inondazione proprio grazie a un vaso di miele vuoto, battezzato dal suo proprietario L’orso Galleggiante.

Se a bordo del vasel dantesco erano tre amici a viaggiare per mare, in sogno, accompagnati dalle fidanzate, a cavallo del vasetto di miele, e remando vigorosamente coi piedi, naviga Winnie, dopo aver riflettuto: “Se un vasetto galleggia, anche un barattolo galleggia, e se un barattolo galleggia, mi ci posso sedere sopra, se è un barattolo molto grosso”.»

E così, ho letto Winnie The Pooh, finalmente. Avevo appena finito un libro per ragazzi ed ero indispettito in tre direzioni: nella mia, perché non ho ancora imparato a piantare lì subito, sempre e senza misericordia un libro brutto, in quella dell’autore, per la sfacciataggine di averlo voluto pubblicare, in quella dell’editore, per averlo pubblicato, e come libro per ragazzi, per giunta. Sono le sabbie mobili del percorso “Devozione alla bibliotechina di classe”. Senza alzarmi dal divano, questo dove scrivo ora, ho allungato una mano verso il mucchio di libri sul tavolino, e la mano ha preso il piccolo volume Travasi: 21 disegni di Francesca Zoboli, 15 racconti di Giovanna Zoboli edito da La Grande Illusion, da cui è tratto il brano che avete appena letto.

La copertina di Travasi, La Grande Illusion 2021.

Interno di TravasiLa Grande Illusion 2021.

Non ero ancora arrivato al secondo racconto che già m’erano svoltati per il meglio l’umore e il resto della giornata. Ho riso molto leggendo il primo racconto. Se c’è una cosa che proprio mi piace, da quando ho imparato a leggere bene da solo, è ridere forte con un libro in mano.

«Calano gli zuccheri, si avvicina l’ora di pranzo, e la mitologia appare per quello che probabilmente è: una confusa terra di nessuno caratterizzata da rapporti poco chiari, matrimoni male assortiti, beghe irrisolvibili, controversie imbarazzanti. Una specie di palazzo di giustizia fuori controllo, il cui archivio una sorta di sprovveduto Homer Simpson stia cercando di digitalizzare.»

Vaso di Talos, Collezione Jatta, Ruvo di Puglia.

Brocchetta di Gurnià, Museo archeologico, Candia.

Fiori in un vaso, Odillon Redon, 1866-68, Staatliche Kunsthalle, Karlsruhe.

Travasi è un libro pieno di uscite. Si può uscire a cercare i vasi di vetro di Carlo Scarpa, un quadro di Chardin, gli alveari delle vespe vasaie, i fiori occhiuti di Odillon Redon, o Winnie Pooh, come è capitato a me. Forse, più che un’uscita, è stato un travaso.

Dopo le sabbie mobili della bibliotechina, pagine e pagine e pagine di libri scritti male, di prodotti editoriali targetizzati, di io narranti sciocchi, di bambini ventriloqui che parlano con voci di teenager televisivi, approdare a Winnie The Pooh è bellissimo. Io faccio conto di starmene nel Bosco dei Cento acri fino all’anno nuovo, e se non viene Christopher Robin a prendermi, meglio. Per tutti.

I disegni enigmatici ed essenziali di Francesca Zoboli fanno di Travasi un oggetto-libro bellissimo da guardare. La copertina, priva di scritte, è occupata interamente da una serie di piccole forme colorate, che ricordano dei timbri, disposte come le righe di un testo. Sono forme di vasi in sezione, ma un occhio lento come il mio può non coglierlo subito, preso dal gioco delle combinazioni e dei colori che sembra farle fluttuare sul bianco panna dello sfondo. Nove forme, ciascuna con un colore proprio. Compaiono tutte in ogni riga, sempre in ordine diverso. Le righe sono undici. 11x9= 99. Non mi prende l’ansia faticosa di decifrare un codice; la copertina potrebbe essere un gioco, o una di quelle sequenze di DNA che non vogliono dire niente, per quel che ne sappiamo oggi. Anche i 21 disegni - ma che bei numeri! - sono giocati sulla combinazione e la sovrapposizione delle nove forme essenziali e di poche textures. Al margine vediamo le forme presenti in ciascun disegno in piccolo, una sopra l’altra, come una legenda, o una chiave.

Ma come si fa a scrivere un libro sui vasi? Ho idea che per Giovanna Zoboli una parte del divertimento sia stata accettare l’impresa. Chi ha letto Fuori da noi sa che può scrivere praticamente su qualsiasi cosa, perché le cose che la interessano e di cui sa sono moltissime, da oscure tecniche di giardinaggio che comprendono la tumulazione di vecchie scarpe, alle vedute dell’Appia antica, e perché ha il gusto del virtuosismo con l’understatement.

ù

Eva prima Pandora, Jean Cousin, 1549, Louvre, Parigi.

Travasi, naturalmente, è un libro pieno di travasi, di passaggi da un luogo, un tempo, uno stato a un altro. Ci si muove in tutte le direzioni, senza una preferenza gerarchica per la verticalità. Siamo accompagnati a una dissertazione deliziata sui vasi orrendi e sui modi migliori per liberarsene, e subito dopo al racconto di un istante di rivelazione di fronte a un quadro di Morandi. All’approssimarsi di un passaggio “alto” non siamo esortati ad assumere un’espressione compunta, non ci sono nastri biancorossi a segnalare la zona del sublime, non si sentono rulli di tamburo. La scrittura mantiene il suo passo veloce, l’esattezza e la leggerezza che la caratterizzano. Non vengono scomodate né la bellezza né altre parole che salveranno il mondo. Questo mi sembra, per il lettore, un immenso regalo. 

Vasi di Carlo Scarpa.

Natura morta, Giorgio Morandi, 1951.

Luigi Ghirri, Atelier Morandi.

Qualche giorno fa sono andato a vedere la mostra dedicata a Saul Steinberg alla Triennale. Steinberg ha vissuto a Milano quando studiava al Politecnico, alla fine degli anni Trenta, e, dopo la promulgazione delle leggi razziali, è stato prigioniero per un breve periodo a San Vittore. Uno dei disegni esposti rappresenta la cella del detenuto Steinberg e in particolare il vasellame a disposizione: una brocca, un catino, una ciotola, un boccale. I quattro elementi sono riprodotti anche a margine del disegno, in sezione, uno sopra l’altro, come una legenda, o una chiave.

Sketch of the San Vittorio prison in Milan, April 1941, from a 1940-43 journal. Saul Steinberg Papers, Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University.

Non ho mai avuto una passione per le coincidenze, ma da oggi credo fermamente nei travasi.

Vaso di sottaceti.

Le immagini dell'articolo, eccetto il disegno di Saul Steinberg, si riferiscono ai vasi di cui si racconta nel libro Travasi (ndr).