«e postasi una mano sulla fronte così…
s'è messo a scrutarmi la faccia
come uno che volesse disegnarla.»
[Ofelia, in Amleto, atto 2, scena 1]
La mia passione per Alberto Giacometti è nota. È una di quelle passioni così travolgenti che mi impedisce anche solo di pensare di scriverne. Giacometti deve diventare un pretesto [pre-testo] per far sì che ne scriva.
Alla fine di gennaio dell'anno scorso, quindi ormai un anno fa, avevo organizzato con alcuni amici romani una visita alla mostra delle sculture di Giacometti presso la Galleria Borghese (che ho, invece, visitato, in assenza di Giacometti, la sera di San Silvestro). Non ho potuto, per ragioni che non è il caso spiegare, partecipare a quella visita e ne ho avuto resoconti contraddittori.
Sono passati mesi e, per il mio compleanno, una persona che aveva partecipato alla visita mi ha fatto un regalo straordinario: un quadernino realizzato a mano che contiene i disegni a matita di molte delle sculture esposte, e un acquerello di un busto di Annette al centro. Un regalo che mi commuove, segno di un affetto profondissimo. E che mi è ancor più caro per circostanze che, ancora una volta, non è il caso spiegare qui.
Ma questo quadernino è un regalo prezioso anche in molti altri sensi. Per esempio, per le riflessioni e le letture che ha stimolato sul disegnare. Questo è un argomento che mi sta molto a cuore, del quale abbiamo già parlato qui nel nostro blog e che contiamo di sviluppare ulteriormente.
Quando guardo le sculture o i disegni di Giacometti, spesso mi pongo questa domanda: «Come ha fatto a vedere le cose in questo modo?» Sono certo che questa stessa domanda se la sia posta l'amica disegnatrice giacomettiana. Nella visione dell'artista (in genere, non solo di Giacometti) c'è sempre qualcosa di sorprendente. E Giacometti in particolare sembra essere sempre in un luogo diverso da quello abitato dalla nostra idea della figura umana. Eppure, nella sua opera, riusciamo a percepirla, la figura umana, esattamente per quello che è.
La mia amica si è presa la cura di guardare, per me assente, le sculture di Giacometti. Ma consapevole del fatto che guardarle non basta, ha usato l'atto del disegnare per rallentare ed espandere, amplificare l'atto del guardare. Nel farlo, ha illuminato se stessa e, per conseguenza del suo dono, me.
Guardando questi disegni, queste che, accademicamente, si chiamano "copie dal vero", mi è sembrato di capire che la tecnica dell'arte consiste nel rendere le forme insolite, difficili; nell'aumentare la difficoltà della percezione e, quindi, il tempo della percezione. I critici formalisti sovietici affermavano che è arte ciò che rende il percepire un fine estetico in sé.
Il disegno, inteso qui come copia dal vero, costringendo l'occhio alla velocità assai più lenta della mano, prolunga e affina il processo di percezione e rivela i modi della visione dell'artista. Una visione che non è mai semplicemente ottica, ma olistica: il disegno diventa mediatore fra occhio e mano, ma anche fra sé e il mondo.
Un'altra amica, qualche tempo fa, mi ha detto: «Quando disegno, io non voglio essere io.» Un'affermazione che avevo stentato a capire. Adesso, grazie a questo quadernino, il senso della frase mi è più chiaro.
Queste riflessioni consolidano, se possibile, la convinzione con la quale abbiamo affrontato la didattica dell'arte nella nostra collana PiPPo - Piccola Pinacoteca portatile: la necessità di creare uno strumento attraverso il quale i bambini (ma, perché no, anche gli adulti) si potessero accostare all'arte appropriandosene, facendola propria, accedendovi grazie all'osservare e al fare. Uno strumento grazie al quale insegnanti, genitori e adulti in genere potessero avviare figli, allievi, bambini in genere a a quella concentrata attenzione che sola permettere di conoscere quel che percepiamo e non quel che è già conosciuto.
Come diceva Munari, da cosa nasce cosa. E forse proprio per da questo quadernino potrebbe nascerne uno più grande e pubblico. Ma di questo parleremo più avanti.
Intanto vi segnaliamo che il 31 gennaio, al Mart di Rovereto, in occasione di un corso di formazione sulla didattica dell'arte intitolato "Pinacoteche portatili. Libri con le figure, opere d'arte e una collana di nome PiPPo" presenteremo il nuovo volume della collana: Fortunato Depero e la casa del mago, di Marta Sironi e Lucia Pescador, realizzato in collaborazione con Mart e Casa d'arte futurista Depero.