I narratori invisibili

Laprima cosa che si incontra, in questo libro senza parole, Fiume lentodi Alessandro Sanna, sono le parole diErmannoOlmi. 

Non bisogna spander indifferentemente parole su un fogliobianco quando non c'è n'è bisogno.
Proprio come in questocaso, quando le parole sono altre, fatte di differenti segni dove laparola scritta è del tutto estranea a una narrazione fatta di soleimmagini. 

E sicuramente in quelleraffigurazioni narranti di uomini e paesaggi, di giorni assolati, diburrasche, di alluvioni e di gelo, ciascuno potrà avvertire nel silenziointimo della contemplazione l'insorgere di suoni immaginati, evocazionidi melodie, voci della natura, richiami di creature in amore nel segretodel bosco e il soffio del vento che tutto converge nelle sue gore, in unimpalpabile concerto di armonie.

Cosìcome sono sempre parole a chiuderlo: quelle di Sanna, che spiega ilprender forma di questo racconto visivo. Si potrebbe avere la tentazionedi considerarle entrambe non necessarie, prendendo letteralmente ilmonito di Olmi: Non bisogna spander indifferentemente parolesu un foglio bianco quando non c'è n'è bisogno. Ma sarebbesbagliato scavalcare la volontà dell'autore e la riflessione delregista che quelle parole hanno volute.


In questo senso mi viene da dire che Fiume lento siautile per riflettere sulle narrazioni. Per quanto miriguarda, questo libro mi ha fatto venire in mente Vite sbobinatee altre vite di Alfredo Gianolio, edito da Quodlibet, 2013,un libro di racconti, privo di immagini.

Quodlibetè una casa editrice che da anni, nella collana Compagnia Extra,attraverso saggi, romanzi, racconti, riflette sulla narrazione e i modidel raccontare. Lo fa attraverso diversi autori, come Gianni Celati,Paolo Nori, Ugo Cornia, Daniele Benati, Franz Kafka, Luigi Ghirri,Dino Baldi, Paolo Morelli, Delio Tessa, per dirne solo alcuni. Laraccolta di Gianolio si inscrive in questa linea. Compagniaextra in effetti potrebbe anche fare venire in mente un certonumero di persone che a gruppetti o da sole camminano, raccontandosicose.

Alfredo Gianolio, è un avvocato di ReggioEmilia, nato a Suzzara, al di là del Po, in provincia di Mantova. Hacollaborato con Cesare Zavattini, scrittore che deipittori naïf che vivono lungo il Po diceva: Se è veroche dipingono senza saper dipingere è anche vero che possonoscrivere senza saper scrivere.

In Fiume lento, fra tanti personaggi,abita anche un pittore, Antonio Ligabue, che di questi pittoriè fratello. Nel corso del tempo, Gianolio ha raccolto con ilregistratore le storie di vita di questi pittori, ma anche di altriche non lo sono. Quindi le ha trascritte. Vite sbobinate ealtre vite le raccoglie.


Per farvi capire qualcosa in più di questi magnifici37 racconti, riporto un brano dell'intervista ad Alfredo GianolioFra Zavattini arte naif e Resistenza, realizzatada Chiara Cabassa per la Gazzetta di Reggio,il 9 febbraio 2014.

"Veniamo aGianolio critico d’arte e scrittore. E all’incontro con un certoZavattini.
«A farmi incontrare Za è stato ilPremio Naif di Luzzara e da allora è nato un lungo sodalizio iniziatocon la partecipazione come redattore al “Bollettino dei Naif” dicui Zavattini era direttore. Negli anni ’60, a Reggio, c’eranodue avanguardie. Una faceva capo a Corrado Costa e si ricollegava aldadaismo e al surrealismo. L’altra, quella di Za, era incardinatasulla concezione dell’egualitarismo etico, sociale e politico. Zapartiva dal presupposto che tutti possono scrivere e dipingere e che lacultura era fallita perché era sempre stata nelle mani di pochi. Il suoegualitarismo lo portava ad apprezzare i naïf: se meritano, questo ilsuo pensiero, possono anche esporre alla Biennale di Venezia. Ghizzardiera stato rifiutato? Za volle che i critici andassero nel tugurio doveviveva e lavorava per capire la sua arte. Lo stesso accadde con Valla,il naïf filosofo».

Alcuni mesi fa hapubblicato le sue “Vite sbobinate e altre vite” che ci riportanoal suo sodalizio con Zavattini.
«Ai tempi del“Bollettino dei Naïf” avevo sentito la necessità di conoscerecosa c’era dietro i quadri dei naïf e mi misi in comunicazione conquei pittori emarginati del Po, ascoltando e registrando la loro voce:nacquero le nastrobiografie dalle quali emerse un interessante spaccatoumano e sociale. Il “Bollettino” chiuse e l’esperienza parevafinita. Ma qualche anno fa lo scrittore reggiano Daniele Benati, amicodi mio figlio Aldo, mi invitò a partecipare alla redazione dell’Almanaccodelle prose. Il Semplice,edito da Feltrinelli. Qui ebbi come maestri anche Celati, Cavazzoni,Nori, Cornia. Allargai la mia ricerca anche verso le persone“normali”, convinto che tutti nel fondo della loro coscienzasono naif, perfino i direttori di banca. È che la “naïvetè”è spesso sepolta sotto strati di luoghi comuni che costituiscono unarete protettiva in ambito sociale»."

L'ideadi disegnare e scrivere senza conoscerne tecniche e presuppostiteorici, affermata da Zavattini, mi fa venire in mente la predilezioneper gli attori non professionisti di Ermanno Olmi, che ha giratoun lungo documentario sul fiume Po (che trovate in un post del blog Gavroche),e un film, di recente, che si svolge lungo il suo corso,Centochiodi. Comealtri registi, Olmi ha cercato di raccontare ricorrendo a interpreti'naturali', privi di capacità professionali, per evitare che letecniche e l'idea di racconto di cui queste sono portatrici andasseroa sostituirsi al racconto stesso.

Lamancanza di parole in Fiume lento, penso debba leggersicome qualcosa di simile. Un fare a meno di..., una incompiutezza cercata,una assenza che porta a galla dal fondo il senso del racconto e lo lasciascorrere con un ritmo proprio, naturale. In questo senso, davvero pensoche la coerenza fra 'contenuto' e 'forma' in questo caso sia totale ein questa consista la vera forza di questo libro. Credo anche che Sannasia fortemente connesso con questa idea di racconto non autoriale,di narrazione orale e anonima, imperfetta, patrimonio di tutti, nonovviamente perché non sia capace di disegnare (se c'è un autorein cui questa capacità è lampante è proprio lui). E credo chel'egualitarismo etico, sociale e politico di cui parla Zavattiniappartenga fortemente alla dimensione narrativa di Fiumelento, e non solo per i contenuti in esso riconoscibili(l'alluvione, la nascita del vitello, la festa eccetera), ma peril loro modo di prendere forma.

Lecose che mi colpiscono di più in questo libro sono due, e in entrambii casi si tratta di relazioni: quella fra uomo e paesaggio; quellafra individuo e collettività. Ciò che in entrambi i casi risolve larelazione, la porta in primo piano, facendo sì che avvenga fluidamente,facendone trapassare continuamente i soggetti l'uno nell'altro (uomoe natura, individuo e paesaggio, soggetto e collettività), è ilcorpo dell'immagine. Nell'immagine avviene la fusione, la celebrazionedell'unione. Il colore sembra usato come metafora di una legge fisica,a dare conto dell'energia, delle materia di cui è fatto il mondo. Inqueste immagini Sanna sembra dire che tutto si appartiene perchétutto è fatto della stessa sostanza luminosa. E in questa visione,effettivamente, si celebra un'utopia.

Nellostesso modo, le voci che raccontano le vite di Gianolio sonoimpersonali, escono da bocche di singoli, certo, ma con modalitàcorale. Nessuna è riconoscibile o cerca di affermare uno stile,di coincidere con un'identità: tutte, invece, si concentranosulla narrazione. È il racconto puro, l'obiettivo, sganciato dapreoccupazioni autoriali. In ogni storia entrano ed escono i medesimipersonaggi, le medesime atmosfere, i medesimi oggetti, le medesimevicende, benché ognuna narri fatti e cose e persone effettivamentediversi. La bellezza di questi racconti sta nell'invisibilità deinarratori, nella loro perdita di identità, meglio nella non necessitàdi una identità. Come nelle immagini di Sanna, è il linguaggio, qui,a creare unità, flusso, moto; tutto è racconto, e in questa unitàassoluta si celebra la natura misteriosamente organica e dinamica dellavita. La natura corale di questi racconti mi ha fatto venire in mentein particolare due immagini di Fiume lento: quellein cui i minuscoli personaggi del racconto, portati in primo piano,acquistano volto.

Inentrambi i casi, sembra che il disegnatore per un attimo abbia volutoprendere il lettore alla sprovvista, mostrandogli che queste figurine,che si muovono entro sfondi giganteschi, sono in realtà uomini, donne,bambini, con un volto riconoscibile, e perciò con una storia. Le vociche corrispondono a queste facce, per me, sono quelle registrate etrascritte da Gianolio. 

“Io sonoZattelli Renato chiamato Tirri. Ho vissuto coi nonni perché la mammasi era risposata. I miei nonni erano di Sanata Vittoria di Gualtieri emi hanno tirato su da gran signore, anche troppo.”

“Quando facevo le elementari (ero in terza) la mia maestra videun mio disegno nel libro di Ornato e mi mandò in tutte le classi afarlo vedere, quindi vuol dire che il disegno l'ho nel sangue.”(dal racconto di Elena Guastalla).

“Sono ilfiglio della Monterivi Cleonice e di Spaggiari Giuseppe, che erano ibanconieri della cooperativa di consumo di Pratofontana. Mi chiamoIvo ma ho preso il nome d'arte di Pantaleone, il santo protettoredi Codemondo, dove ho abitato per molto tempo.”

“Sono cresciuta con principi morali molto solidi. Nata il16 settembre 1018 a Reggio Emilia, avevo genitori onesti, mia madresoprattutto era una santa.” (dal racconto di Laura Bertozzi).

“Quando ero piccola andavo a dormire nel letto conmio padre e con mia madre. Mio padre nel sonno aveva degli incubi eurlava per i ricordi della guerra del '15-'18 e mi ricordo che miamadre andava a prendergli un bicchiere d'acqua perché si calmasse.”(dal racconto di Emilde Vacondio).


“La mia era per quei tempi, una famiglia modello, sonoil penultimo di sedici fratelli. Sono nato a Borgo forte, sullasponda mantovana del Po, mio padre Angelo aveva una venerazioneper Mussolini. Aveva fatto la guerra mondiale, era stato squadrista,aveva fatto la marcia su Roma.” (dal racconto di Udo Toniato).

“Mi piace fare il ritratto di persone già morte, perché quelle vive non sono mai contente.” (dalracconto di Giuseppe Raineri).

Vi horiportato alcuni degli incipit di questi racconti: vociche escono dalle pagine come fanno le memorie dai muri, dagli oggetti,dagli abiti. Voci cantanti, prive di corpo.
Così, alla fine ditutto questo, ho pensato che, a volte, le parole di un libro si trovano,misteriosamente, in un altro, e così le immagini. Come se ci fosse statofra le une e le altre un commercio sottobanco, imprevedibile. E perciò,volendo trovarle, queste parole, queste immagini, bisogna andarsele acercare o più probabilmente avere la fortuna di incontrarle, altrettantomisteriosamente. Per me con questi due libri è avvenuto questo.

Fiume lento ha vinto il Premio Andersen 2014 come migliorlibro illustrato. L'assegnazione del premio ad AlessandroSanna avverrà domani, 24 maggio, a Genova,nel corso della cerimonia che si terrà al Museo Luzzati, Porta Siberia, Porto Antico, dalle15 alle 18.