Il gatto dei Topi



Catone: [?] luglio 1995 - 8 luglio 2012


Questa notte il nostro gatto se n'è andato: in punta di piedi,proprio come era arrivato, diciassette anni fa in una sera milanese diluglio, chiamandoci dal giardino condominiale, mentre cenavamo a casa dimia madre. Mi affacciai e vidi un piccolo gatto bianco su un pino, cheguardava in su, fiduciosamente in cerca di uno sguardo amico. Scesi. Andaisotto l'albero, gli tesi le braccia e lui, in una tempesta di fusa,ci si buttò, senza un'esitazione, un ripensamento. Cominciò cosìla nostra lunga amicizia. Due notti prima avevo sognato che trovavo ungatto minuscolo e che gli davo un nome più grande di lui: Catone. Chebel nome, pensai al risveglio, per un gatto. Per questo, quando Catonearrivò davvero, così fu battezzato. Era arrivato prima il nome,poi lui. Di questo nome fu all'altezza con quella speciale inimitabiledignità che hanno i gatti. Tutti, dal primo all'ultimo.
Èstato un bravo gatto, un po' scontroso, un po' affettuoso. Avventuroso,ma anche un po' prudente. Da piccolo, era così affamato che ci rubavai fagiolini dal piatto. Gli piacevano anche da matti i fagioli. Durantela sua prima estate in campagna si rivelò un formidabile cacciatore dilumache. Nel nostro giardino in campagna, c'era un amareno. Era lì daprima della mia nascita, chissà da quanto tempo: un alberello un po'stortignaccolo che, arrivato a un certo punto della crescita, si èfermato per rimanere immutato per un sacco di anni. Ogni primavera sicopriva di fiori immacolati, poi faceva delle amarene buonissime chenoi un po'  sbocconcellavamo un po' snobbavamo come si fa conle cose che si danno per scontate e si finisce per non vederle più,tanto sembrano ovvie. Ebbe il suo momento di gloria con Catone, appunto,che un giorno lo elesse a suo oggetto del desiderio. Ci passava su legiornate, come se stesse assolvendo a un ordine superiore, passando daun ramo all'altro, intento a scovare con concentrazione felina e metodicaprecisione le chiocciole della fiorente colonia che lo abitava, che poi,a una a una, con un colpetto secco della zampina bianca, buttava a terracon immensa e visibile soddisfazione, fino a che non le aveva fattecadere tutte. Per poi riprendere, con immutato godimento, il mattinosuccessivo.
Stamattina, all'alba abbiamo salutato Catone inun posto bellissimo sulla riva erbosa del naviglio ai piedi di una granderobinia.

Alcuni anni fa, ho scritto una poesia suun piccolo gatto triestino, incontrato in un vicolo di quella bellissimacittà. Era malato, magrissimo, sofferente e mi colpì moltissimo comeappariva sereno, disteso al sole, quieto, paziente. Oggi dedico questapoesia al nostro magnifico gatto.

OSignore delle cose celesti
scendi a questo vicolo di luce,al tuo terrestre
messaggero, appena venti grammi d'ossa -ossa splendenti di piccione
senza il dono del volo, ossa chetacciono, fatate, dal fondo dei millenni,
per umana virtù -un esercito invisibile di topi -
le bestie musicali, selvagge,amano sangue e agguati,
ai fratelli serafici dei muri,ebbri di sole, che la fame consuma,
la luce dona l'estasie il torpore,
la pazienza e la gioia dei beati afflittida uno sciame di mali.
Vieni, o Signore,
allospettacolo disteso della zampa, al gesto prodigioso
dalrosa di conchiglia che gli dei chiama a raccolta
e indical'orrore confuso del selciato ove trapassa
il bene in male:liquami, sputi, spazzatura, merda.
Venti leggerissimi grammid'uccello, per una vicinanza
con il cielo, perché la mancanzadi peso non affatichi il gesto,
quando da sopra stenderaila mano
a riprendertelo, perché paia di meno l'istantedella grazia
che scompare, ma un lieve, segreto, miseroandarsene di gatto,
questo prodigio danzante d'eleganza,deposto
sul fragore del mondo.