[di Alessio Cotena e Marco Isaia]
Lo scorso anno, a Savona, ha preso il via il primo festival della letteratura per l’adolescenza e l’infanzia Zerodiciannove. Un progetto voluto dal Comune di Savona e realizzato, anche grazie al sostegno della Fondazione De Mari, in collaborazione con gli istituti scolastici della città, le associazioni di promozione alla lettura del territorio, la società Cooperativa A.R.C.A. e la rivista Andersen. Le politiche culturali del Comune di Savona sono orientate al coinvolgimento dei comuni limitrofi per una sinergia che valorizzi tutto il territorio ed è per questa ragione che il Comune di Albissola Marina ha deciso di aderire e sostenere fin da subito il progetto presentando un evento collaterale al festival destinato alla scuola primaria Angelo Barile. Da più di vent’anni Italia Nostra insieme a LaboratorioL realizzano in questo istituto progetti educativi legati all’arte, ai linguaggi visivi e agli albi illustrati.
L’idea, quindi, è stata quella di intrecciare le attività laboratoriali con quelle del festival per creare un percorso che si potesse sviluppare durante l’anno scolastico coinvolgendo tutte le classi, in maniera verticale. La scelta di invitare Silvia Vecchini è stata naturale, dato che aveva già realizzato diverse attività con noi, conosceva il nostro territorio e le insegnanti, che avevano seguito dei percorsi formativi con lei, sia a Savona che a Casa Jorn ad Albissola Marina. In questo modo proseguiva il lavoro iniziato portando l’autrice a incontrare anche i bambini. Il tema della prima edizione di Zerodiciannove è stato Leggere la città, per sottolineare l’idea di un festival che partisse dalle comunità e che fosse un invito a riflettere su come la lettura possa essere bidirezionale: da noi al libro, ma anche dal libro a noi e di conseguenza al contesto nel quale viviamo. Torniamo dalle storie con nuovi equipaggiamenti per poter guardare il mondo con occhi diversi. Con Silvia Vecchini abbiamo scelto Jole: era perfetto per il nostro progetto!
Uno dei doni più preziosi nel lavorare con Silvia sta nella forza delle sue suggestioni, ma allo stesso tempo, nella grande libertà che lascia nel seguire il proprio percorso. Noi abbiamo messo in pratica il suo modo di presentare la parola che «è una postura, non un metodo». È proprio quello che abbiamo cercato di fare insieme alle insegnanti: stare in questa postura cioè in ascolto di quello che i bambini e i ragazzi avrebbero colto in questo racconto. Il punto di partenza del lavoro è stato, quindi, la lettura, ad alta voce, di Jole in tutte le classi, dalle prime alle quinte. La storia ha subito coinvolto i lettori, connettendoli alle loro esperienze quotidiane e alle fiabe che conoscevano. Ciò che ha colpito di più i bambini era l’aspetto del passaggio all’altro mondo, quel varco che può condurci altrove. Abbiamo deciso, quindi, che questo sarebbe stato l’inizio del nostro lavoro. Ogni classe si è occupata di un aspetto specifico legato alla storia, coinvolgendo tutti in un unico tessuto narrativo. Le classi prime hanno cercato, nella città, i passaggi reali verso mondi fantastici; le seconde hanno scoperto le chiavi che aprono queste porte; le terze hanno disegnato le mappe per orientarsi; le quarte e le quinte hanno dato vita a questi mondi attraverso la creazione di immagini e la scrittura. Con le classi prime lavoriamo spesso con il linguaggio fotografico, sia per la sua immediatezza sia per mostrare come questa tecnica possa aiutarci a leggere le cose in modi insoliti e inaspettati. Con i bambini siamo usciti fuori dalla scuola, in strada, ma questa volta con occhi nuovi, un po' con lo sguardo di Jole, alla ricerca di tutti quei passaggi ai mondi immaginari. È affascinante vedere come una porta possa aprirsi sul “mondo dell'acqua", dei tubi di sfiato su una parete ci conducano nel “mondo dello sguardo”. Anche il momento dello scatto della fotografia è stato fondamentale, abbiamo osservato, notando quanto la posizione potesse influenzare la resa finale, valutando cosa inserire nell’immagine e cosa lasciare fuori.
Una volta scattate, abbiamo passato le fotografie alle classi quinte perché pensassero a quali mondi potessero portare. È stato bello per i bambini scoprire come una stessa immagine potesse essere letta dagli altri compagn in maniera molto diversa e condurre a strade e percorsi inaspettati. Eravamo pronti per scoprire i nostri mondi: acquatico, dei cieli, dello sguardo, dell’ombra, delle persone piccole e la caverna dei draghi. Successivamente, le classi seconde hanno creato le chiavi che avrebbero aperto le porte. In questa attività si sono uniti diversi progetti che vengono portati avanti nella scuola, come quello di teatro sociale e di musica. Le chiavi infatti non sono state necessariamente oggetti, ma anche azioni, suoni o parole da dire con un certo tono e in un certo modo. Si è cercato, poi, di dare una restituzione grafica che potesse essere parte delle illustrazioni dei piccoli libri che abbiamo realizzato. Con le classi terze, la storia di Jole, ci ha spinti a riguardare le strade della nostra città e i percorsi che abitualmente facciamo, cercando però di cogliere tutto ciò a cui non prestiamo normalmente attenzione.
Nei laboratori d'arte il disegno è uno dei mezzi privilegiati anche per l’osservazione diretta: aiuta a fermarsi e guardare. Abbiamo usato le mappe non solo per scoprire il territorio e gli spazi della città, ma anche per indagare piccoli dettagli che nei mondi diventavano essenziali. Ad esempio, partire dalle parole chiave per aprire il mondo dello sguardo, ci ha spinto ad osservare dal vero un soffione nei suoi momenti di trasformazione. Quarte e quinte, invece, hanno dato vita agli immaginari di questi mondi, concentrandosi sull’aspetto visivo e unendo anche la scrittura poetica. Durante i laboratori, osservare le illustrazioni di Arianna Vairo e utilizzare diversi albi illustrati ha permesso ai ragazzi di riflettere sulle tecniche artistiche con le quali dare forma e immagine ai mondi.
Aver sperimentato negli anni precedenti diversi materiali ha permesso agli alunni di comprendere come anche il medium artistico sia portatore di una forza narrativa intrinseca. Per il mondo acquatico, i ragazzi, hanno scelto l’acquerello, con le sue sfumature e trasparenze, così come per il mondo dei cieli, unito, però, questa volta, alle velature dei pastelli e delle matite colorate; per il mondo dell’ombra sono stati prediletti i contrasti netti o sfumati fatti a carboncino; mentre per lo sguardo è stato il disegno la tecnica privilegiata. Ad aprile i bambini hanno incontrato Silvia Vecchini nei luoghi che avevamo esplorato e a loro cari come il parco di Villa Faraggiana e Casa Museo Jorn.
È stato un momento magico incontrare l’autrice della storia che avevamo letto e sulla quale avevamo lavorato. Molte sono state le curiosità e le domande che le sono state rivolte per scoprire come era nata la storia, il ruolo che vi hanno gli animali, quanto tempo avesse impiegato a scrivere il libro… I bambini hanno anche avuto l’occasione di mostrare i loro elaborati e di condividere con l’autrice come avevano interpretato il racconto di Jole. Alla fine dell’incontro, Silvia ha regalato i doni che aveva preparato: da diversi sacchettini i bambini hanno pescato una piccola chiave e una parola, chiave simbolica che può aprire le porte dell’immaginazione. Hanno inoltre estratto dei “compiti” da svolgere a casa. Il primo era il titolo di una fiaba da leggere ad alta voce insieme alle maestre; il secondo era un invito tratto dal suo libro Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno come, ad esempio, costruire una tenda con degli oggetti trovati in casa o andare in altalena e guardare con attenzione cosa succede intorno, ascoltando le emozioni provate. Piccoli oggetti e gesti che fanno parte della quotidianità, ma che insegnano a guardare il mondo nella sua semplicità con sguardo rinnovato dall’incontro con la poesia.
Questi due giorni ci ha permesso di fare il punto e di aprire nuove strade, soprattutto per le classi quinte che avevano scelto la parola poetica per dare voce ai mondi da loro immaginati. Attraverso le suggestioni di Silvia, trasmesse sia durante i corsi con le insegnanti sia durante i nostri oncontri con i bambini, si sono aperte diverse vie per la scrittura. Lentamente hanno preso forma immagini e scenari personali in cui si potevano leggere gli echi delle fiabe conosciute. Nei nostri laboratori la scrittura è sempre una compagna preziosa che, a seconda del momento dettato dall’ascolto della classe, può iniziare dall’immagine, come nel caso delle fotografie dei bambini di prima o delle illustrazione di Arianna Vairo, ma può anche innescare un laboratorio di acquerello o di disegno, come per il soffione, partendo da qualcosa che era stato scritto in precedenza.
Parola e immagine si intrecciano, diventando un linguaggio unico dove una non esiste senza l’altra ed entrambe aprono nuovi mondi e letture. Quella che vedete nelle immagini è solo una piccola parte di ciò che è stato realizzato e di quanto ogni classe ha esplorato. La realizzazione di questi piccoli libri ha permesso di dare una forma e una restituzione del lavoro svolto ai ragazzi, a Silvia Vecchini, ai genitori e alla comunità. Questa è la nostra idea di percorso educativo e di festival della letteratura: attività che durano un intero anno scolastico e sono frutto del lavoro di molteplici laboratori svolti negli anni, intrecci di immagini, parole, gesti e suoni, una pluralità di linguaggi che danno voce a tutti; territori che dialogano tra di loro per raccontarsi, leggersi e riguardarsi e trasformarsi ancora in un processo in continuo divenire.