Museo nomade è l'ultima creatura di Emanuela Bussolati, figura notissima e poliedrica della letteratura per bambini e ragazzi: architetto di formazione, progettista di libri per bambini, scrittrice, illustratrice, direttore editoriale, educatrice, animatrice di letture e scambi interculturali... Difficile trovare tante abilità in una sola persona.
Quando, qualche tempo fa, Museo nomade ha fatto la sua apparizione su Facebook, ci siamo incuriositi. Intanto ci è parso un oggetto molto bello in sé, pieno di promesse, poi quello che in poche righe si diceva di lui ci è sembrato interessante, innovativo e ci ha spinto a volerne sapere di più. Per questo abbiamo chiesto alla sua inventrice se era disponibile a rispondere a qualche domanda. E lei ha accolto la nostra richiesta, cosa per cui la ringraziamo.
Intanto il nome, Museo nomade. È un vero e proprio ossimoro: un museo è per definizione quanto di più statico, fermo nel tempo. Tu invece lo dichiari subito in movimento, lo fai camminare.
È vero, un museo nasce per conservare oggetti statici e quindi è immobile, nel significato profondo della parola. Eppure ogni museo contiene una infinità di storie e le storie, per loro natura non possono stare ferme. Non ne vogliono sapere di schemi, incasellamenti, categorie. Sono vive, mobili e non si possono trattenere tra quattro mura. Infatti un museo di sole storie, beni immateriali, non c’è. Sono alcune persone semmai a essere musei viventi di storie.
Riluttante alle suddivisioni del sapere in materie, difetto della scuola che spesso non prevede figure che le cuciano tra loro creando quel meraviglioso vestito di Arlecchino che la cultura dovrebbe essere, ho messo le ruote a un piccolo museo che contiene pochi oggetti, ma molte storie. Gli oggetti cambieranno via via che il viaggio procede e le storie si moltiplicheranno, si intrecceranno, si lasceranno in giro mentre se ne raccoglieranno altre.
Qual è la necessità, il contesto da cui nasce questo progetto?
Troppo spesso la scuola è chiusa all’esterno. Le passeggiate, le visite d’arte, l’incontro con le professioni e con le situazioni della vita sono rare, se non assenti. Il timore della responsabilità, la difficoltà di relazione tra insegnanti e genitori, le regole reali o supposte sono ostacoli a una scuola viva e di relazione.
Vorrei spingere docenti e studenti a scoprire che nulla è separato dal resto e anzi è proprio nelle infinite connessioni che sta la bellezza dell’esistenza e della conoscenza. Nei miei laboratori desidero incontrare lo sguardo dei bambini, poter dare a quelli trascurati una breve, ma significativa esperienza diversa. Scovare capacità che non erano riconosciute. Ma spesso mi chiedono di incontrare tanti bambini insieme. Con uno spettacolo lo si può fare e, anche se non sono un’attrice, la struttura di Museo nomade, studiata come minima macchina teatrale, mi aiuterà a farlo.
Museo nomade non è facilissimo da spiegare. Perché da una parte è un creatura concreta, materiale, ma per il 50% è una cosa invisibile, immateriale che cambierà di volta in volta facendo cambiare insieme a sé l'oggetto stesso. Insomma un po' come un corpo abitato dal pensiero.
Bella questa immagine! Sì è un po’ così: non ci sarà un incontro esattamente uguale all’altro, perché i bambini saranno diversi. I racconti saranno diversi. Gli oggetti del museo cambieranno. L’anima del museo è come un gioco di costruzioni, nel quale ci divertiamo a spostare un cubetto da un edificio all’altro, combinando e ricombinando un’infinità di curiosità, informazioni, miti, fiabe… storie insomma.
Museo nomade è molto interessante perché si configura come una sorta di macchina per raccontare storie (definizione che viene da un bellissimo ricordo di infanzia di Eric Carl). La sua natura modulare, a scomparti, è progettata per accogliere da una parte oggetti, dall'altra diversi momenti di rappresentazione e narrazione: lettura, recitazione, marionette, ombre, burattini.
“Io me e te eravamo in tre…” Era l’inizio della storia che Emma, la signora che lavorava a casa dei miei nonni mi raccontava quando ero piccola, in soffitta, “nel Teatro Bianchini, con sette materassi e tre cuscini”… Io intorno a questi inizi fantasticavo per ore. La voce, strumento meraviglioso del narrare, la ricordo ancora. Le ombre che si proiettavano sul muro erano delizia e paura insieme. La bellezza del teatro è che è fatto di nulla. Con carta stagnola, pupazzetti di gesso, un teatrino di legno, mio padre faceva meravigliosi spettacoli prendendo spunto dalle fiabe.
Con il Museo Nomade, che utilizzerà molti di questi linguaggi teatrali, vorrei riuscire a restituire parte di quella magia casalinga e semplice ma che fa pensare ai bambini: lo posso fare anche io!
Disegno realizzato da un piccolo spettatore del Museo Nomade.
Fra le tue esperienze c'è anche quella teatrale.
Al di là delle esperienze giovanili, col teatro nero e con i classici, più grande ho collaborato per troppo pochi ma intensi anni con la compagnia Carlo Colla e figli, per me importantissima perché i loro spettacoli sono stati fondamentali per me quando ero bambina. Vivendo questa esperienza ho imparato molto. E hanno condiviso tanto con molta generosità.
Nel teatro è presente la comicità. E bambini e i ragazzi hanno un gran bisogno di ridere. Meglio: avremmo tutti un gran bisogno di comicità, più che di ironia. Questo non vuol dire che niente è importante. Anzi, tutto è importante, ma possiamo imparare uno lettura del mondo meno drammatica e più attiva quando occorre.
La presenza fisica di Museo nomade è molto forte. A cosa ti sei ispirata, e come hai proceduto per la sua costruzione?
Fare insieme, tutti disponibili a scambiare competenze è fondamentale. Ho progettato il Museo Nomade pensando a un progetto di legno, a un progetto di idee e immaginando come lo volevo utilizzare, ho chiesto aiuto a una bravissima falegnama restauratrice, Giovanna Boccardi, che ama recuperare mobili e dargli nuova vita. Ha capito perfettamente il gioco. Perché il Museo Nomade è anche un gioco, oltre che un giocattolo. Insomma è una cosa seria. L’ho dipinto con i colori di Mondrian, un po’ perché sono forti, essenziali, visibili e un po’ perché come i segni Mondrian e come i teatrini che ho disegnato in Fiabe per occhi e bocca, anche questo si può smontare, aprire, trasformare. Può, insomma, a suo modo, partecipare alla narrazione. Ho pensato a Paul Klee per i burattini e alle atmosfere semplici del teatro d’ombre di piazza della tradizione orientale.
Un'altra cosa interessante è che Museo nomade da una parte metterà in scena tuoi progetti originali, dall'altra sarà anche aperto alle singole occasioni a cui sarà chiamato a partecipare, quindi aperto alle esigenze della committenza, diciamo così.
Credo sia fondamentale arrivare nelle scuole o nelle biblioteche o nei festival come uno strumento musicale entra nella musica: la musica era già lì ed ecco che lo strumento entra nel flusso, con la sua personalità e la sua voce, ma attento all’insieme. Dunque, se ci sono tematiche impostate, il Museo Nomade approfondirà quelle tematiche. O ne porterà di nuove che insegnanti, bibliotecari, persone di cultura vogliano poi approfondire con i bambini e i ragazzi.
Infine Museo nomade è fatto per interagire con i bambini, sollecitare la loro partecipazione e le loro riflessioni. Come avviene questa interazione?
Quando ci si incontra, nascono relazioni ed è bello se non finisce tutto con quell’incontro. Io ti offro delle storie e voi ne offrite a me. Il Museo Nomade parla di libri, perché anche i libri sono contenitori di storie. Usa diversi linguaggi letterari, dalla fiaba alla poesia, al mito. È aperto a intrecci e contaminazioni con autori di ieri e di oggi e con il pubblico. C’è sempre qualcuno che dopo avere ascoltato una storia desidera raccontarne una sua o scambiare un oggetto. Quell’oggetto entrerà a far parte del museo e inviteremo i bambini a mandarci le loro storie vere o inventate o tramandate in famiglia. Vorremmo creare un piccolo circuito di affetti e pensieri, se possibile, non limitandoci ad apparire e scomparire con il Museo Nomade. Anzi, alla fine dell’incontro, se sono in una scuola, lascio delle tracce di approfondimento che chi insegna può utilizzare, se lo desidera.
C'è già un calendario delle attività di Museo nomade?
Siamo da poco stati con il tema Terra nelle scuole di Negrar, all’apertura dell’incontro nazionale della Rete di cooperazione educativa C’è speranza se accade a… (le foto che corredano il post, di Luciana Bertinato, si riferiscono a questo evento), poi a Cuneo per Scrittorincittà, il 19 novembre e ad Albisola Marina per Il colore del vento, il 26 novembre.
Disegno realizzato da un piccolo spettatore del Museo Nomade.