Osservare il mondo e imparare a farsi domande

Pensiero ecologico e National Geographic

[di Rosa Tiziana Bruno]

Educare al pensiero ecologico, di Rosa Tiziana Bruno (Topipittori, 2020).

I libri hanno gambe lunghe che li portano lontanissimo e nei posti più impensati. Non si spiegano altrimenti i fatti sorprendenti della scorsa primavera, accaduti nel buio del mio studio, in una notte di fine marzo.

Ero al computer, intenta a chiudere l’ultimo file della giornata, quando ho sentito il trillo che annunciava l’arrivo di una mail.

- Chi sarà a quest’ora? – mi sono chiesta, sbadigliando. Sulle prime ho pensato a un messaggio spam, decidendo frettolosamente di ignorarlo. Ma un istante dopo la curiosità ha preso il sopravvento. No, non si trattava di noiosa pubblicità, bensì un invito che arrivava dalla lontana città di Washington. A scrivermi era la responsabile del dipartimento educativo del National Geographic che, in un inglese chiaro e inequivocabile, mi comunicava di aver letto alcuni stralci del saggio Educare al pensiero ecologico. Argomentava di essere rimasta colpita dal percorso didattico Fiabadiario, trovandolo utilissimo per avvicinare bambini e ragazzi al mondo naturale. In realtà lei lo chiamava Tale-diary, traducendo alla maniera americana un termine che mai avrei pensato potesse varcare l’oceano.

Illustrazione per La grande quercia, di Gerda Muller, edizioni Natura e Cultura 2018.

Non so in che modo il National Geographic sia venuto a conoscenza del mio libro, è probabile che a fare da ponte sia stata la partecipazione al premio UNESCO-Japan 2021. Poche settimane prima, infatti, il progetto Educare al pensiero ecologico era stato candidato al premio internazionale sull’educazione alla sostenibilità, in rappresentanza dell’Italia.

Ma non mi andava di indagare a fondo, è bello che certi piccoli misteri restino tali. In attesa di conoscere la decisione della giuria, quello che ora mi riempie di gioia è il gran bel viaggio che questo saggio Topipittori sta compiendo. Tornando all’inaspettata mail di quella notte di fine marzo, l’ultima frase, subito prima dei saluti, recitava così: «Saremmo lieti e onorati di accoglierla nella grande famiglia del National Geographic».

Quella frase segnò l’inizio di un’avventura assolutamente entusiasmante, anche se a tratti faticosa. Accettando l’invito, ho dovuto affrontare lunghi mesi di formazione, tra lezioni a distanza in inglese e complessi esercizi da svolgere quotidianamente, ma alla fine ce l’ho fatta: sono diventata un’educatrice National Geographic.

Cosa significa esattamente essere un’educatrice del National Geographic? La risposta sarebbe lunghissima, ma provando a sintetizzarla in una parola, possiamo usare un verbo: esplorare.

Alla base di tutto c’è l’approccio esplorativo finalizzato a cercare le relazioni fra le cose, per osservare il mondo e imparare a farsi domande. L’obiettivo è dunque incoraggiare una mentalità da esploratore, attraverso percorsi didattici che insegnino a guardare le cose oltre ciò che già crediamo di sapere, coltivando una mentalità aperta al possibile. Questo modo di intendere l’educazione contempla, tra i suoi aspetti fondamentali, che l’adulto si ponga sempre accanto ai bambini e ai ragazzi, orientato a conoscere il mondo insieme a loro. Ed è esattamente lo stesso pensiero di fondo che anima la strategia educativa del Fiabadiario, descritta nel saggio Educare al pensiero ecologico.

Sarà per questo, forse, che mi sono subito sentita a mio agio nella famiglia del National Geographic, composta da educatori provenienti da ogni continente, in un puzzle coloratissimo di volti e lingue differenti. Ho in mente dei progetti da realizzare insieme a loro, chissà se mai ci riuscirò, ma intanto abbiamo iniziato a scambiarci idee e speranze. Ed è successo che il diagramma del Fiabadiario, balzato fuori dal saggio, ora parla anche inglese e viaggia da un continente all’altro:

Sì, i libri hanno gambe lunghe per fare il giro del mondo.