Io mica ci credo che son passati sette anni. Sette anni dovrebbero essere un buco, una voragine, un gorgo che si porta via tutto. Una polvere che si deposita, riempie tutti gli spazi bianchi, e rimane solo il nero. Quel nero che Antonella grattava dallo scratchboard per svelare le sue storie lievi e profonde, per farci partecipi di una memoria antica che le era stata trasmessa, insieme ai geni - e poi mescolata nell'impasto della sfoglia e delle crescentine - dalla signora Gina.
Invece, il bianco è ancora tutto lì a far bel contrasto con quell'opaco nero fumo che sopravviveva al passaggio dello sgarzino che grattava e grattava e non si sognava nemmeno di seguire la guida della matita, la prima impressione. Grattava, grattava.
Grattava, grattava, anche se erano solo piccoli disegni: le facce e i gesti delle persone che incontrava tutti i giorni, che facevano parte della sua vita, che guardava di uno sguardo affettuoso, indagatore e acuto.
Antonella si era addestrata alla relativa sospensione del proprio giudizio: non penso di aver conosciuto persona più aperta e accogliente. Non che non avesse opinioni: ne aveva, eccome. Ma sapeva che erano, per l'appunto, opinioni. Questa sua caratteristica personale, così forte e inusitata, faceva in modo che il suo disegno riuscisse a mostrare quello che in altre condizioni si nasconde.
Grattava, grattava e ogni tratto diceva: «Ho visto questo. Questo c'è perché l'ho visto e così è fatto, anche se non so che cosa sia, né se sia bene o male, buono o cattivo, bello o brutto.» In questo senso, il suo grattare è impressionista. E, sempre in questo senso, i suoi disegni, anche questi, piccoli, contengono una grande quantità di invisibile: non di cose che non sono state viste ma solo immaginate, ma di cose che ci sono, ma non sono ancora state pensate e capite.
Fra questi piccoli disegni c'è anche un mio ritratto. Meglio, un abbozzo di un ritrattino che in seguito mi regalò. È l'immagine di me che più si avvicina alla verità di quel che sono o, a voler essere giusti, che vorrei essere. Essere IN quei segni è allegria. Tentare di essere quello che quei segni mostrano è fatica: certo, sono io; ma questo io qui, quello che vive, ha avuto troppo poca sfoglia, troppo poche crescentine (e forse anche i geni non sono proprio quelli lì).
Antonella Toffolo ha pubblicato per Topipittori Il pifferaio magico di Hamelin di Robert Browning e Il fazzoletto bianco, su testo di Viorel Boldis. Ogni anno, nei pressi del 21 febbraio, la ricordiamo su questo blog. Su di lei si possono leggere alcuni post comparsi qu questo blog e questo bell'articolo su Fumettologica di Paolo Interdonato.