Prima uscita dell'autunno 2025! Si tratta di La scuola degli animali, per la collana Minitopi, di María José Ferrada e Issa Watanabe, tradotto da Marta Rota Núñez.
[di Giovanna Zoboli]
La scuola degli animali è un libro di sopraffina eleganza. Difficile scrivere qualcosa che lo racconti. Le autrici, María José Ferrada, testi, e Issa Watanabe, illustrazioni, hanno optato per una tale delicatezza di voce e di segno, che qualsiasi riflessione sul senso e lo stile di queste storie rischia di equivocarne la lettura, appesantendo le intenzioni di chi lo ha realizzato, intenzioni che, si ha l’impressione, sarebbe bene restassero segrete. Quello che, infatti, si percepisce subito leggendo quel che accade in questa scuola, è una familiarità (se non amicizia) con il mistero, mistero poco decifrabile anche secondo le logiche dei più esperti pedagogisti.
Ferrada, peraltro, in tutta la sua produzione letteraria, ha abituato il lettore allo scarto, alla sorpresa o, meglio, allo spiazzamento sistematico. Leggere una sua pagina somiglia all’esperienza di girovagare per un bel paese di montagna, scoprendo all’improvviso, grazie a uno scorcio imprevedibilmente apertosi fra le case, di essere al mare. Come abbiamo fatto a prendere lucciole per lanterne? Ferrada suggerisce che questo accade perché tutto è possibile e per rendere credibile la sua indicazione, nei suoi romanzi, nelle sue poesie, nei suoi racconti, assume sempre il punto di vista più inusuale e da lì, sorridendo, guarda la ‘realtà’ o, almeno, quella che noi riteniamo tale. Così, eccola far parlare tazze, scatole di fiammiferi, frigoriferi. O dare ascolto alle leggende che fioriscono nelle teste dei bambini. O spiare attraverso i muri le storie delle case e dei loro abitanti.
Nel primo dei sette racconti che compongono La Scuola degli Animali, leggiamo, ripetuto ben due volte, che «la Scuola degli Animali somiglia abbastanza a quella dei bambini e delle bambine». Subito dopo, a smentire l'affermazione precedente, ecco una volpe che arriva a scuola in volo, ma solo al giovedì:
«Quel giorno – e soltanto quello – tutti fanno presto per sbirciare dai buchi nei muri della scuola. La volpe attraversa lenta il cielo, saluta le nuvole del mattino e atterra, come se nulla fosse, al suo banco.
Alcuni dicono che dentro lo zaino abbia un motore che ha rubato dall’autofficina del signor Fernández. Altri che, invece di un motore, abbia un uccello. C’è anche chi crede che sia più semplice di così: alla volpe, ogni giovedì, spuntano un paio di piccole ali sul dorso.
Succede a tutte le volpi?»
Nel racconto non viene premiata nessuna delle tre ipotesi. Il lettore è lasciato nell’incertezza: potrà trovare quella che per lui è migliore o, magari, ritenere che non sia poi così necessario.
Nessuno mette in dubbio nemmeno che l’ipotesi più balzana, quella delle ali che spuntano solo al giovedì, sia la ‘più semplice’. Sarebbe, dunque, cosa semplice lo spuntare di un paio di ali? E solo di giovedì? Cos’avrebbe, poi, il giovedì, che gli altri giorni non hanno? Nemmeno a questo si dà risposta.
Insomma, pare proprio che questa scuola non somigli per niente a quella dei bambini. Però…
È interessante notare che i bambini sbirciano da ‘buchi nei muri’ per osservare lo strano fenomeno della volpe volante. Buchi? Nei muri della scuola? Saranno stati fatti ad arte per permettere ai bambini di guardare cosa succede fuori? E da che geniale architetto? Forse, l'albero dell'illustrazione di Watanabe? O invece sono buchi che hanno fatto i bambini stessi? Nessuna risposta. Comunque sia, quando la classe è al completo, l'agnello, che è il maestro di scienze: «dice agli alunni di smetterla di sbirciare dai buchi e di stare attenti alla lavagna.» Lo dice proprio come se quei buchi misteriosi fossero del tutto normali. Che siano, dunque, normali finestre? Ma allora perché vengono definiti buchi?
A questo punto, il lettore pensa: forse è vero che la Scuola degli Aanimali somiglia abbastanza a quella dei bambini e delle bambine. Tante cose coincidono. C’è un maestro di scienze che dice di stare attenti. Ci sono bambini che guardano le cose straordinarie che accadono fuori dalla scuola. Le cose che accadono fuori sono sempre straordinarie, per i bambini, lo sanno tutti: cose come un coniglio che scende dal cielo, come ricorda la civetta, preside della Scuola degli Animali. O una volpe che vola. E meritano, perciò, di essere guardate con la dovuta distrazione a quel che succede sulla lavagna. Chi mai non si è distratto, in classe, osservandole? E i compagni di scuola, in effetti, a ben pensarci, che siano volpi, conigli o esseri umani, quando sei piccolo, non sono la cosa più misteriosa che si possa immaginare? Vengono da altre galassie (quindi, in volo), ovvero da quelle cose strane che sono le famiglie degli altri, dove accadono cose strane, tutte diverse dalle nostre, cose incredibili.
Quando l’agnello richiama i bambini e i lettori all’ordine, è ora di cominciare la lezione:
«Il giovedì alla prima ora c’è Scienze: «Negli orti qui intorno, come in tutti gli orti della Terra, le radici sostengono gli alberi, i trifogli, i fiori» spiega il maestro».
Ed è una lezione meravigliosa che insegna agli animali (e ai bambini) una cosa ancora più strana di una volpe a cui il giovedì spuntano le ali o di un coniglio che scende dal cielo. Perché è una cosa vera. Verissima, da qualsiasi parte la si guardi. Che roba, la scienza!
Ecco, questo è quel che accade quando si legge María José Ferrada. Gli altri sei racconti li lascio in pace, così il lettore e la lettrice li possano scoprire da soli. Sarebbe un peccato rovinar loro la sorpresa. Concludo con una menzione speciale a Issa Watanabe, giovane e bravissima illustratrice peruviana che, con tocco speciale, ha dato immagini a testi per nulla facili da illustrare, rispettandone la gentilezza e il candore.