Riflessioni a margine di una crisi /2: Far funzionare la propria idea, giorno dopo giorno

La libreria di Thomas,a Livigno (SO)


Frale tante, piacevoli conseguenze del nostro post di venerdì scorso, quella chepiù ci ha rallegrato e anche un po' inorgoglito è questo lungomessaggio di un libraio periferico e isolato, ma per nulla fuoridal mondo. Con un sentito ringraziamento e l'invito a continuarela nostra conversazione.

[di ThomasRuberto]

Sono un libraio (nonho nessun attestato, solo una piccola libreria da gestire) e spero didare un contributo a una discussione davvero intelligente che credoabbia toccato tutti i temi che riguardano il mondo dei libri. E perdare un contributo, vorrei parlare della nostra esperienza e di comeintendiamo evolverci (magari anche per dare una spintarella a chi vuoleaprire una nuova libreria), e naturalmente dire la mia su quello che holetto nei vari commenti.

Cinque anni fa abbiamodeciso (io e mia madre) di provare a destinare ai libri uno spazio di 20mq nel negozio di famiglia (con mille dubbi di mia madre, commercianteda trent'anni).
Passo indietro: vivo in un piccolo paese dimontagna a fortissima vocazione turistica, estremo nord Italia, 6milaabitanti. Prima della nostra non esistevano librerie in paese, tantoche quando si è sparsa la voce della (minuscola) imminente apertura, lasorpresa sui volti dei compaesani è durata almeno un anno, più o menoil periodo di vita che ci davano. Non esistevano librerie prima dellanostra, dicevo, così a chi ancora oggi mi chiede come vanno gli affari(sempre con annessa sorpresa sul volto), io rispondo che la sorpresanon deve stare nel fatto che la nostra libreria funzioni, ma che primanon ce ne fossero in paese. Io stesso, dopo aver finito l'universitàed essere tornato all'ovile, potevo acquistare libri solo sul web(in formato cartaceo, parlo di 6 anni fa).
Avevamo decisodi provare a dare un'opportunità ai libri, vista la nostra passioneper la lettura e la scrittura, ma per farlo non potevamo buttare tuttoil lavoro precedente e stravolgere un negozio per quello che in fondopoteva rivelarsi un azzardo: così 20 mq e un investimento inizialeminimo ci erano sembrati ideali per la nostra prova. Io ero convintodelle potenzialità dei libri nel mio paese, dovevo solo toccare conmano le risposte dei lettori-clienti.

Treanni dopo, nell'estate 2011, abbiamo ristrutturato l'intero negozio:la libreria è triplicata fino a occupare 60 mq al piano terra,gli altri articoli (borse e accessori) li abbiamo trasferiti alpiano interrato in circa 30 mq. La libreria ha continuato ad averesuccesso, a conquistare lettori e credibilità, a incrementare levendite. L'opportunità che avevamo dato ai libri si è rivelataun'opportunità per noi, e oggi possiamo dire di esserci consolidati. Perquesto abbiamo deciso che, entro fine anno, la libreria si estenderàal piano interrato. Elimineremo il reparto borse e accessori (qui sìche la crisi di vendite è forte) e punteremo ancora sui libri (dovela crisi c'è ma è meno marcata).

Siamoperò convinti che i libri da soli non bastino. Noi proporremo ancora dipiù una scelta di non-book di qualità (non scopriamo nulla di nuovo,e qui forse Diletta non sarà d'accordo con noi) e, vicino allascelta di libri di cucina che vogliamo incrementare introdurremo imigliori prodotti del territorio (anche qui non scopriamo nulla dinuovo, e qui forse Diletta ci darà dei banalotti). Un'offerta che,crediamo, possa rendere ancora più piacevole la scelta di un libro,in un ambiente accogliente e originale (per ciò che riguarda lanostra provincia). Credo sia lo stesso concetto seguito da Spazio B**K,solo che ogni persona mette se stessa nel proprio progetto, la propriasensibilità, le proprie intuizioni, sempre con la consapevolezza cheil tutto deve essere funzionale al luogo in cui si vive, al tipo dilettore che frequenta la libreria e all'evoluzione del mercato (primalocale, poi nazionale, poi mondiale).

Sonorimasto affascinato dalla libreria ideale di Anna, descritta nel suoprimo commento : potrebbe essere anche la mia libreria ideale e di moltialtri, sono convinto. Ma non sono convinto possa funzionare davvero,almeno in Italia (con l'eccezione di poche grosse città). Perché seè vero che l'Italia è fatta di province e cittadine (ed è vero),anche le librerie devono essere fatte a loro misura. Oggi i tempiper una libreria del genere in provincia (almeno nella mia) non sonomaturi. Spero lo saranno in un futuro non troppo lontano.
Peròla differenza tra libreria “da sogno” e libreria “da realtà”sta soprattutto nel fatto che la seconda è un'attività commerciale,e come per qualsiasi attività anche la libreria è prima di tutto unnegozio con un bilancio da far quadrare e con, oltre al lavoro giornalierodi libraio, spese di corrieri e di resi, bollette luce, riscaldamento,telefono e adsl, costi della gestione finanziaria e del conto corrente,pulizie e ordine dell'ambiente eccetera. Tutte cose ovvie, ma a volteè meglio ricordarle, sennò pare che il libraio debba solo pensare ailibri sugli scaffali (o un negoziante alla merce da esporre). Inoltre,la libreria “da sogno” credo non possa essere una piccola libreria,perché a uno o due librai non basterebbero 24 ore per gestire tuttoquello di cui parla Anna. E se in Italia si assumono uno o due dipendenti,si aggiungono altri costi (sostenibili?).

Per farla breve (e non ce l'ho con Anna,sia chiaro, perché la sua libreria “da sogno” potrebbe essere unmodello da seguire a Milano, Roma, Torino o Parigi), sono convinto chele belle idee, intriganti, stupefacenti e rivoluzionarie siano piuttostofacili da avere. La difficoltà più grande sta nel metterle in praticae soprattutto nel farle funzionare nel tempo. E, oggi, un libraio,con tutto quello che succede là fuori, deve prima di tutto essereconcentrato nel far funzionare la propria idea, giorno dopo giorno,e poter ribaltare piano piano ciò che di sbagliato c'è nel mondo deilibri.

Poi, sulla qualità della produzione cheogni giorno troviamo tra le novità, credo sia già stato detto tutto. Nonfaccio però parte di quei librai schizzinosi che decidono di non venderela D'Urso, oppure Brosio, oppure Vespa (una volta ho visto un cartellonella vetrina di una libreria con scritto “Noi non vendiamo i libri diBruno Vespa”). Come credo sia giusto fare, cerco di dare equilibrioalle proposte, esponendo libri di qualità per i lettori forti e perchi vorrebbe diventarlo, e libri ad alta “vendibilità” per chi noncerca altro. Per fare un esempio, è anche grazie alle centinaia di copievendute in estate della trilogia delle Sfumature,che dall'autunno all'Epifania abbiamo potuto proporre un bancone alcentro della libreria con circa 30/40 romanzi di piccoli editori diqualità.

E poi avete ragione: il pessimismo regnasovrano, ovunque, anche se è chiaro che è difficile stare allegri nellasituazione economica attuale e, direi, in quella istituzionale (italiana)degli ultimi decenni. Ma proprio l'aprire e gestire una piccola libreriami ha insegnato a puntare l'attenzione sugli aspetti positivi e suipunti di forza di un progetto, sul tentare nuove strade calcolando benei rischi, senza mai restare fermi nella posizione di partenza. Come diceDiletta, provare “a crescere investendo nelle idee, nei progetti diqualità, nelle tecnologie, in un'immagine attraente-seria”. Evolversi,appunto, anche solo nei limiti della piccola libreria, di unbudget limitato e delle possibilità dell'intelletto della singolapersona che gestisce il tutto.

La miaconclusione potrebbe farmi passare per individualista, ma in realtà nonè così: credo nel confronto fra librai ed editori come sta succedendoin questo blog, non credo nell'iscrizione fine a se stessa in qualcheassociazione di categoria; credo che per evolversi ogni libraio debbaprendere spunto da realtà diverse da quelle in cui ha la libreria, noncredo nell'omologazione delle librerie e del loro catalogo; credo cheil conflitto di interessi nel mondo italiano dei libri sia palese, dovei maggiori editori, distributori, librai lavorano per un'unica società,non credo che la situazione cambierà a breve finché le persone come voi,noi, resteranno in minoranza (ma si lavora per diventare maggioranza);credo nella carta e negli ebook e nella loro convivenza pacifica inlibreria, non credo che Amazon e compagnia siano la sola risposta; credoche sia bello uscire di casa ed entrare in una libreria, dove ci sonocose chiamate “scaffali” e sopra ci sono cose chiamate “libri”che si possono addirittura toccare, non credo sia bello se il futuro civedrà accendere un computer e fare tutto restando in poltrona; credo auna politica dei prezzi più razionale e a un miglioramento della leggeLevi, non credo agli sconti selvaggi di librerie di catena e librerieon-line; credo che un indirizzo web e un social network non sarannomai accoglienti e piacevoli quanto una piccola libreria ben tenuta;credo nei Topipittori e nei piccoli editori seri e capaci (fin dallanostra apertura abbiamo avuto qualche vostro titolo tra gli scaffali),ma non credo che il settore ragazzi e illustrati sia il punto fortedella nostra libreria; credo che il confronto con persone come voi siafondamentale per un piccolo e ancora poco esperto libraio come me.

La puntata precedente di Riflessionia margine di una crisi potete leggerla qui. E non mancate di leggere i molti,interessantissimi commenti.