Nel 2017, la casa editrice moscovita Nigma ha acquisito i diritti di quattro volumi del nostro catalogo: In una famiglia di topi e Gatto Felice, illustrati da Simona Mulazzani; Il topo che non c'era e Le vacanze del topo che non c'era, illustati da Lisa D'Andrea. I testi dei quattro libri sono di Giovanna Zoboli. Naturalmente siamo molto contenti di questa nuova collaborazione, soprattutto perché in Russia ci è capitato di vendere i diritti di qualche altro libro, ma sporadicamente. I piccoli lettori russi questa volta sembrano aver molto gradito le novità italiane. Per questa ragione la casa editrice Nigma ha voluto rivolgere questa intervista a Giovanna Zoboli. L'intervista è stata pubblicata nel sito delle biblioteche russe. Se capite il cirillico la potete leggere qui; ma nel caso non abbiate le competenze linguistiche per farlo, l'abbiamo tradotta e ve la proponiamo.
I nostri lettori vorrebbero conoscerti meglio, Giovanna. Puoi raccontarci qualcosa di te e della tua famiglia?
Sono nata a Milano, una grande e vivace città del nord Italia, nel 1962. Ho avuto la fortuna di avere una famiglia molto attenta alla mia educazione, che si è preoccupata di accompagnare la mia crescita con libri, film, teatro, musica, arte. Da piccola ho frequentato anche una scuola molto bella, immersa nel verde, dove i bambini erano seguiti e spesso le lezioni si facevano all’aperto, nel parco. C’era persino una fattoria, un orto e una piccola banca in cui portavamo i nostri risparmi. Per me questa scuola è stata molto importante. Le cose che da piccola amavo di più erano i libri e gli animali, oltre a giocare con mia sorella, con cui inventavo avventure senza fine, ispirate ai nostri libri. Spesso poi con i nostri genitori andavamo in vacanza: al mare, in montagna o in campagna, la natura è sempre stata molto importante per me, anche adesso è così. In generale sono sempre stata molto curiosa di tutto: delle epoche passate, di quello che ho intorno, persone, piante, animali, città, altri paesi del mondo.
I nostri lettori si sono fatti idee molto diverse fra loro sul significato di Il topo che non c’era. Alcuni pensano che sia un libro sull’amicizia, altri sulla solitudine. Altri ancora ritengono parli di raccoglimento e pace interiore. Perciò vorremmo sapere da te: qual è l’idea di fondo di questo libro, il suo messaggio principale?
Sono molto contenta che i lettori si siano fatti ognuno un’idea diversa del significato di questo libro. Credo che debba essere così, se un libro funziona. Quando scrivo, non penso mai al significato che il libro avrà, penso a raccontare una storia, e mentre procedo nella scrittura penso che questa debba essere interessante. Per me la storia è la scrittura, mi deve interessare, se mi annoio mentre scrivo, ecco quello è il segnale che qualcosa non va e devo fermarmi, provare un’altra strada finché la storia non riprende a funzionare. Il protagonista del libro, il gatto che è ossessionato dai topi, mi ha subito affascinato: è nato da un disegno che l’illustratice Lisa D’Andrea mi ha mostrato prima che nascesse il libro. È partito tutto da lì. Osservavo quel gatto disegnato da Lisa, e mi chiedevo cosa avesse in mente e perché mai avesse intorno quei topi. A un certo punto ho capito che erano topi immaginari. Così ho inziato a scrivere la storia. A quel punto è nato il topo che non c’era, che poi è l’unico topo in tutta la storia che esiste davvero.
Quali sono state le reazioni più interessanti che hai riscontrato nei lettori italiani a proposito di Il topo che non c’era?
Come i lettori russi, anche quelli italiani si sono fatti idee diverse. Direi che in generale capita più spesso che siano i genitori dei bambini a chiedersi che significato abbia il libro. I bambini lo leggono e si divertono e contemporaneamente ci riflettono: hanno senso dell’umorismo e istinto filosofico, e poi per loro testo e immagini non sono separati, leggono l’uno e le altre come una sola cosa. Se il testo in alcuni momenti sembra un po’ drammatico o malinconico accanto magari ha immagini che fanno ridere, e i bambini capiscono che ci sono momenti in cui dramma, malinconia e riso possono andare insieme. Sono i grandi che fanno più fatica, in questo senso. Penso in generale che per leggere questo libro sia necessario uno spiccato senso del surreale. È un libro amato dai lettori che percepiscono questo aspetto delle cose.
I tuoi libri sono pubblicati in tanti paesi diversi. Segui il loro andamento all’estero? Come sono stati accolti?
Io sono un po’ pigra, devo dire. Non seguo molto quel che accade ai miei libri quando escono negli altri paesi, per esempio gli articoli, le recensioni eccetera... Naturalmente sono molto felice che questi libri siano pubblicati all’estero, e mi incuriosisce molto pensare che in paesi lontanissimi dal mio un bambino terrà fra le mani un mio libro. A volte poi, se i libri vincono premi in altri paesi, o vengono organizzati incontri e mostre su di loro, mi capita anche di viaggiare: per esempio sono stata a New York, a Parigi, a Stoccolma, a San Francisco per presentare il mio lavoro. E ogni volta è stato magnifico vedere come le persone, grandi e piccole fossero interessate a quel che faccio. Tutte le volte che accade mi pare un po’ incredibile, a dire la verità. Scrivo da quando sono piccola, ma davvero mai avrei pensato di poter fare davvero questo lavoro. In generale, i miei libri sono stati accolti con curiosità e interesse, credo. I miei libri che hanno avuto più successo all’estero sono quelli che ho realizzato con le illustrazioni di Simona Mulazzani.
Nel tuo libro In una famiglia di topi si parla di una famiglia ideale. Tu segui le stesse regole e tradizioni di cui parli nel libro?
Beh, sì, sicuramente un po’ questa storia parla anche della mia famiglia di origine. Però la mia non era assolutamente una famiglia così numerosa. Eravamo solo in quattro. Sicuramente l’idea di essere ugualmente contenti sia dentro sia fuori la famiglia viene da lì. Così come l’andare felicemente a scuola da soli, ogni giorno scoprendo qualcosa lungo la strada, o anche i piccoli litigi fra fratelli nel suddividersi i compiti domestici. Però per esempio mia madre non aveva l’abitudine di chiedere permesso, entrando nella nostra camera. Così ho pensato che se qualche altra mamma fa così, è bene suggerire che è importante dire questa parola, quando si chiede l’attenzione di qualcuno. Poi sicuramente un po’ c’entra l’immaginazione, mi sono ispirata a famiglie che ho frequentato, ma soprattutto ho pensato a quello che un bambino potrebbe desiderare avere intorno: che tipo di relazioni umane, che adulti, parenti, amici... E per quanto riguarda me: sì cerco di essere come i topi della famiglia che descrivo.
Parlaci di Gatto felice. Questo libro è aperto e può essere interpretato in diversi modi, Qual è, però, il suo messaggio principale, secondo te? Per lettori di che età l’hai scritto?
Gatto Felice è un libro che ha molto testo. Mi sono divertita a scriverlo proprio per questo: avevo voglia di scrivere un testo ricco, più lungo di quello che di solito ha un albo illustrato, e mi è parso che la storia di un gatto che va a trovare i suoi parenti in giro per il mondo fosse perfetta per fare questo. Volevo che ci fosse dentro tutto il mistero del mondo felino. Ecco, la storia parla proprio di questo mistero, di questa bellezza e impenetrabilità dei pensieri dei felini per noi esseri umani. Quindi, sì, certamente il mistero può essere letto e interpretato in tanti modo diversi: tanti quanti sono i lettori. Penso che questo libro possa essere adatto dai cinque anni in poi, ma secondo me bisogna andarci cauti con le età. Ogni lettore, anche piccolo, ha abilità e gusti diversi. La cosa importante non è l'età, quando si dà un libro a un bambino, ma conoscerlo bene e immaginare cosa può gradire. E soprattutto fidarsi di lui e dei libri.
Ci descrivi la vita di uno scrittore per ragazzi, in Italia? Com’è la tua giornata? Quanto tempo dedichi alla scrittura? Quanto spesso incontri i tuoi lettori?
Oltre a essere scrittrice, io sono anche editrice. La mia casa editrice si chiama Topipittori, ed esiste ormai da quattrodici anni. Topipittori va molto bene, ma richiede molto lavoro. La maggior parte del mio tempo, perciò, non lo passo a scrivere i miei libri, ma a occuparmi dei libri degli altri. Vorrei che fosse il contrario, anche se sicuramente fare l'editore è un bel mestiere. Io non ho l'abitudine di scrivere tutti i giorni (e non ne ho nemmeno il tempo), scrivo solo quando mi viene una bella idea. Allora mi metto lì e ci lavoro finché non arrivo alla fine.
I piccoli lettori italiani conoscono la letteratura russa per ragazzi?
Nel nostro catalogo abbiamo un bellissimo libro russo L’elefante di Aleksandr Ivanovič Kuprin, un racconto che credo sia molto conosciuto e amato dai bambini russi. In generale in Italia, però, la letteratura russa per i bambini e i ragazzi è poco diffusa. Naturalmente un eccezione c’è, e sono le meravigliose fiabe del vostro paese, a cui sono state dedicate diverse pubblicazioni, qui in Italia, questo da sempre, ma in particolare ultimamente a causa del successo del cartone animato Masha e l’orso.
I genitori russi vorrebbero che i loro figli amassero la lettura. Ma non è facile trasmettere ai ragazzi l’amore per i libri. Come risolvete questo prolema in Italia e nella tua famiglia in particolare?
La mia è una famiglia di grandi lettori, perciò questo problema non c’è mai stato. In Italia invece quello della lettura è un problema enorme, ma più per gli adulti che per i bambini e i ragazzi. Infatti le statistiche ci dicono che le maggiori percentuali di lettori si hanno fra di loro: è quando si cresce che si smette di leggere. Gli italiani leggono poco, in generale. I libri sono poco amati, frequentati e diffusi, e questo è un problema enorme: sociale, politico, culturale. Un problema per il nostro futuro, soprattutto. Bibliotecari, librai, insegnanti, promotori della lettura fanno molto perché questo cambi. Il problema però è che queste iniziative spesso non trovano adeguato sostegno istituzionale. Insomma, sulla cultura in Italia si investe poco. Fatto incredibile se si pensa che l’Italia è famosa in tutto il mondo per il suo patrimonio artistico e culturale.
Che libri ti piaceva leggere quando eri piccola?
Quando ero piccola, amavo tutti i libri che leggevo. Ma proprio tutti, che fossero poesie, albi illustrati, romanzi, fiabe, leggende, miti, storie di animali, libri sulla natura. E non è cambiato, da allora.
Desideri dire qualcosa ai lettori russi?
Sono orgogliosa che oggi i miei libri stiano sugli scaffali delle librerie russe e che possano essere letti e apprezzati da bambini russi. Fra l’altro, siccome, nel vostro Paese non sono mai stata ma l’ho solo potuto immaginare attraverso i racconti di alcuni dei vostri grandi scrittori, beh, questa potrebbe essere l’occasione per visitarlo. Mi piacerebbe moltissimo!