[di Giovanna Zoboli]
Nel bel libro di Ambrogio Borsani La claque del libro. Storia della pubblicità editoriale da Gutenberg ai giorni nostri, dedicato alla storia delle promozioni editoriali nei secoli, un capitolo è dedicato alle aziende che nel tempo, in alcune occasioni hanno scelto di affidare il prestigio dei propri messaggi promozionali ai libri. Vi sono esempi illustri di cui vale la pena fare qualche esempio: nel 1931, Fiat per promuovere un nuovo modello di auto, la 522, commissionò a Massimo Bontempelli di scrivere un romanzo in cui l’auto fosse la protagonista; Bulgari, nel 2000, si accordò con Fay Weldon per un romanzo in cui fossero nominati i gioielli della casa almeno dodici volte, nacque così The Bulgari connection dove i gioielli furono citati però ben trentasei volte; il Consorzio Venezia Nuova, ente ministeriale preposto alla salvaguardia della città lagunare, nel 1989 inaugurò una collana di piccoli capolavori dedicati a Venezia di cui il più famoso è Fondamenta degli incurabili di Iosif Brodskij. E persino Paul Valéry, nel 1935, si è scomodato su richiesta di Perrier a scrivere il (magnifico) poemetto sull'acqua Louanges de l'eau, a introduzione del volume aziendale Au gaz naturel. In effetti, sono centinaia i libri che sono stati creati a questo scopo, più o meno noti. Si parva licet, Topipittori, alcuni anni fa ha realizzato un libro in stoffa, Nove storie sull’amore, nato su commissione della Fondazione Elena e Gabriella Miroglio, poi approdato al nostro catalogo in forma cartacea.
Perché un brand commerciale, che ha al proprio arco strumenti promozionali ben più pervasivi, può essere tentato di fare la scelta del libro? Di solito, per sottolineare la qualità del proprio operato. Uno spazio pubblicitario in metropolitana o uno spot in prima serata o un'inserzione su Facebook sono una cosa, ma se si vogliono dare lustro e autorevolezza a un prodotto fin dalla scelta del medium che veicolerà il messaggio, non esiste, tuttora, supporto più prestigioso del libro che ha un pedigree insuperabile per storia e cultura. Lo sanno tutti, persino coloro che i libri non li frequentano troppo, ma ne valutano l’efficacia in termini economici.
Nel 2018, il nostro studio di comunicazione, Calamus, ha lavorato a un interessante progetto di libro per i cantieri navali spezzini Sanlorenzo che hanno commissionato al milanese studio GraphX di studiare un libro strenna da offrire in regalo ai propri clienti sul tema del mare. L’idea di GraphX è stata quella di realizzare un cofanetto (in corian) contenente cinque fascicoli cartacei, ognuno dei quali affidato a un illustratore (e a un fotografo) chiamati a mettere in scena un racconto marino. La stesura dei cinque racconti è stata affidata a me.
Tutte le foto sono di Anna Martinucci.
Il risultato è un libro che offre un ventaglio di narrazioni diverse fra loro, a partire dagli stili visivi dei cinque autori. Come spesso mi capita, ho lavorato a partire dalle loro immagini e dal segno di ognuno di loro, in un processo che ha previsto scambi di idee e riflessioni, da cui cui sia il testo sia le immagini hanno poi preso spunto. La scrittura, preso atto della temperatura e della densità dell’immagine, ha tradotto le visioni dei disegnatori e del fotografo, in modo autonomo e libero, in una controparte testuale.
Il titolo del libro è Almanac n. 1, Sanlorenzo Voyage Adventure. Gli illustratori che hanno partecipato al progetto sono Sandro Fabbri che ha illustrato il racconto Pittore a bordo (un pittore sull'acqua perde la facoltà di disegnare per recuperarla appena ridisceso a terra); Giordano Poloni, Le luci parlanti (diventare marinaio per osservare le coste in lontananza); Guido Scarabottolo, Io sono Ulisse; Antonio Marinoni, I viaggiatori avventurosi (viaggiare nel presente usando guide del passato); Silvano Pupella (fotografo), In costruzione (nascita misteriosa di una nave).
Pittore a bordo, illustrato da Sandro Fabbri.
Le luci parlanti, illustrato da Giordano Poloni.
Io sono Ulisse, illustrato da Guido Scarabottolo.
Lavorare a questo tipo di progetti è interessante per vari motivi. Scrivere testi su commissione porta a cimentarsi con temi e stili su cui altrimenti è facile che non ci si metterebbe alla prova, sperimentandosi in campi anche lontani da quelli che solitamente si praticano; comporta fasi di ricerca mirate a mettere a fuoco il modo in cui affrontare e realizzare il progetto prima di cominciare a mettersi all’opera: momento fondamentale dal punto di vista progettuale e creativo; promuove l’incontro con modi di pensiero diversi dai propri e, come in questo caso, con il lavoro di creatori di immagini che hanno il merito di portare a sviluppare possibilità narrative nuove. Infine, progettare libri conduce inevitabilmente a riflettere sull’ampiezza e lo spessore di questo medium che continua a non avere rivali per ricchezza, profondità, efficacia, flessibilità, economia di risorse e bellezza, in particolare il libro illustrato che in ogni occasione si scopre dotato di potenzialità davvero infinite.
Per esempio dal confronto con Guido Scarabottolo è nata l'idea di elaborare una estrema sintesi dell'Odissea. È stato un lavoro molto interessante da svolgere. Per alcuni giorni ho studiato una edizione scolastica del poema del 1952, La Nuova Italia, commentata da Eugenio Treves, ereditata da mia zia, insegnante di lettere. Mi interessava la traduzione di Ippolito Pindemonte per la qualità letteraria e quindi fantastica. Ho cominciato a mettere a fuoco come svolgere il testo leggendo il sommario cronologico posto all'inizio del libro per far raccapezzare gli studenti sull'intricata vicenda. Questa griglia cronologica presentava sinossi esilaranti del vari canti, tipo: Canto V, versi 1-284, Concilio degli Dei. Mercurio scende a Ogigia. Il volere di Giove. Dolore di Calipso. Calipso annuncia a Ulisse che è libero. Cena. Riposo. Un tipo di testo a cavallo fra il titolo di giornale, un riassunto delle puntate precedenti di soap opera e il programma quotidiano di un crocerista. All'inizio pensai di emulare questo stile, ma non mi convinceva del tutto questa soluzione, così la mia attenzione si è focalizzata su quelli che sono forse gli stilemi più riconoscibili dell'opera ovvero i famosi epiteti omerici. Per fare un esempio, Atena occhi azzurri, Ulisse dai mille inganni, Achille piede leggero eccetera. Fra questi forse il più noto è l'aurora dalle dita di rosa. E in effetti rileggendo il poema mi sono anche accorta che l'aurora sembra stare molto a cuore sia a Omero che spesso la canta sia al suo eroe che spesso l'ammira, entrambi con passione. A questo punto, mettendo insieme tutti questi elementi, è nato il testo. La cosa interessante è che una volta che abbiamo deciso di raccontare un'Odissea ai minimi termini, separatamente abbiamo realizzato Guido le illustrazioni e io i testi. Poi li abbiamo combinati e hanno funzionato bene, almeno così ci è parso. Il testo è questo:
Io sono Ulisse
Avevo dodici navi. Insieme ai miei compagni vagai per mare, dieci anni.
Vidi le onde immense. Le sacre, solitarie valli. La sabbia azzurrina.
Vidi la densa caligine che sale dall’acqua. Le orribili tempeste. Le ombrose foreste.
Vidi le armi maledette. I banchetti sontuosi. Il terribile Èrebo.
Vidi l’oscura notte e le alte rupi.
Vidi Dee, giovinette, maghe, Ninfe, Sirene.
Vidi re, giganti, pastori, prìncipi, mangiatori di loto, ciclòpi.
Vidi mostri.
Ma più di tutto amai l’aurora, figlia del mattino, dai capelli d’oro e dalle dita rosate, la fronte cinta di purpuree rose, seduta sul suo trono d’oro.
La luce, origine e aurora di tutte le cose, che appare in cielo prima del sorgere del sole.
Tutte le parole e le frasi che ho utilizzato nel testo sono tratte dalla traduzione del Pindemonte, con queste poi ho proceduto a realizzare una sorta di collage. L'espressione finale "aurora delle cose", invece, viene dalla Piccola lettera sui miti di Paul Valéry.
I viaggiatori avventurosi, illustrato da Antonio Marinoni.
In costruzione, con fotografie di Silvano Pupella.