Chiara Carminati ha vinto il PremioAndersen 2012 come miglior autore. Una notizia bellissima,un premio meritatissimo.
Nel 2009, Chiara ha realizzatocon noi Poesie per aria. Lavorarecon lei, e con Clementina Mingozzi che del libroha realizzato le illustrazioni, è stato un regalo. Per un editormisurarsi con testi così raffinati, complessi e interessanti, piccolicongegni ad alta precisione, è un'esperienza preziosa, che offre ilmassimo della creatività, ma impone anche massimi misura, impegno erispetto. Un gioco che si gioca insieme all'autore. Poi Chiara ha idoni dell'umorismo e del garbo che rendono facili ogni cosa.
Le poesie che vi proponiamo oggi, per festeggiarla, sono duefra le molte, bellissime, che ha scritto, due fra le nostre preferite(cliccate sull'immagine per leggerle).
Una è tratta dal nostro volume,l'altra da Il mare in una rima diNuoveEdizioni Romane, libro imperdibile anche per le illustrazionidi PiaValentinis che con Chiara ha collaborato in tante altreoccasioni. Entrambe sono dedicate al mare, che a proposito dellapoesia di Chiara suggerisce alcuni aggettivi: fluidità, trasparenza,movimento, musicalità.
Quando penso a Chiara, mi vienesempre in mente una pagina, letta da studentessa, che il poeta Giovanni Giudici ha scritto in una raccoltadi saggi sulla poesia dal titolo, meraviglioso, La dama noncercata (Mondadori 1985), che poi sarebbe la poesia.
La dedichiamo a Chiara, in questa occasione.
La poesia è anche una damacapricciosa e difficile, la nostra coy mistress:con lei non bisogna esagerare nel chiedere, bisogna aspettarsi moltopoco per ottenere (e non è detto) qualcosa. E quando e se in noi essasfarfalla e si manifesta (o non sarà un disperato tichettio?) è daconsiderarsi un'ospite di grandissimo riguardo in una casa, la nostraquotidianità, abitata da inquilini volgari e taccagni. Questi inquilini,noi stessi, il poeta stesso, faranno dunque bene a tener presente ladifferenza di livello esistente fra la nobile ospite e la loro fatalmenteinopportuna corporeità, la loro talvolta grossolana ansia di concludere,la loro ingordigia di risultato.
Ondas do mar de Vigo
Se vistes meu amigo?
Ecco, vedete, quanto poco chiedeva alla suapoesia l'autore dell'antica cantìga portoghese, icui versi continuamente mi tornano alla memoria? Un desiderio semplice,una rima quasi banale: e tuttavia, come la rima fiore-amore che incantòSaba, anch'essa «la più antica del mondo». E tuttavia, la Poesia(scriviamola qui con la maiuscola come se fosse appunto una Dama) haamato quel poeta ed è ciò che conta, considerando quanto diffuso siail caso contrario di poeti o aspiranti poeti che, pur amando la Poesia,spesso con sincerità ma alquanto raramente con trasparente purezzadi cuore, non ne sono tuttavia corrisposti. Chiedere poco alla Poesiavuol dire non pretendere che essa si pieghi a ciò che noi vorremmoa tutti i costi esprimere: non è lei al nostro servizio, ma noi alsuo; può darsi che un giorno sia proprio lei a recarci inaspettatoil dono del poema che inutilmente abbiamo finora cercato di scrivere,ma non saremo noi a decidere il momento.
Chiara Carminati, PiaValentinis, Il mare in una rima, Nuove edizioni Romane,2011. |
Chiederepoco alla poesia è non gravare sulla sua volatile parola del peso e delciarpame ridondanti di intenzioni e intenzionalità che (si riferiscanoanche al più sincero e generoso dei nostri impegni pubblici e privati)finirebbero così per avvilirsi in volgare letteratura: senza contare checosì non si servono un impegno, una causa, ma si disservono. Chiederepoco, cercando di lasciarsi governare da quell'intelligenza poetica (evorrei dire: intelletto d'amore), che della lingua poetica è insiemepostulato e corollario, significa chiedere in realtà l'essenziale:che è l'essere toccati, visitati dalla Poesia. E questo è molto,è tutto; perché il poco di cui parlo è talesoltanto agli occhi del mondo pubblicano e bottegaio dei trafficanti diletteratura. Il molto che la Poesia può darci èun molto assoluto, un molto di utopia, attingibileattraverso quel poco apparente che, reduce dalla lettura di un saggiodi Hannah Arendt, mi fa pensare alle modestissime aspirazioni di K., ilprotagonista del Castello di Kafka: avere un lavoro,una casa, una famiglia, una comunità in cui essere accolto... E tuttavia,analoga a quel poco che alla Poesia possiamo chiedere, «questa modestaintenzione di realizzare i diritti umani è, proprio per la sua sempliceessenzialità, il progetto più grande e più difficile cui un uomopossa aspirare».
Complimenti,Chiara.