ovvero cucire parole d’ombra per un Piccolo Re
[di Enrica Carini]
Fatti piccolo, tutto piccolo piccolo e passa da qui.
Ogni inizio, in fondo, è solo un seguito.
Gli ingressi ai regni di fiaba, come ci ricorda Cristina Campo, sono quasi sempre pertugi o fenditure, spesso nascosti da speroni di roccia o cumuli di pietra, ed è solo scorgendo e attraversando queste magiche soglie che la presenza dell’immenso si manifesta, così delicata e tremendamente potente nel piccolo, e ci meraviglia. Anche Květa Pacovská scriveva qualcosa di simile, con sette sbilenche parole bianche e un piccolo buco su una pagina nera.
Particolare da The art of Květa Pacovská, biblioteca Sala Borsa Ragazzi.
Quando mi sono ritrovata tra le mani Il piccolo Re dei Fiori di Květa Pacovská per iniziare a scriverne una drammaturgia insieme a Fabrizio Montecchi, che anche qui e ancora ringrazio per la meraviglia di questa esperienza, e tradurlo così da libro illustrato a fiaba teatrale per ombre e danza, il primo pensiero è stato che non ci si potesse fermare al testo prescelto o a poco altro intorno a lui ma che fosse necessario conoscere un sillabario di parole e immagini che attingeva all’intero mondo dell’artista per cercare di pronunciare le intenzioni della fiaba tra le voci e i silenzi di una piccola poesia visiva.
Prima ancora di poter compilare un sillabario è necessario però avere familiarità con l’alfabeto che lo compone, con i segni grafici e i suoni che comporranno le sillabe e le parole, si rendeva dunque necessario un viaggio, reale e fantastico, nei territori dell’arte di Květa Pacovská. Non avendo a disposizione un magico e regale uccello ammaestrato, come il Piccolo Re, il treno mi ha accompagnata attraverso le città alla ricerca del pertugio da cui poter entrare in quel regno di fiaba (anche Květa Pacovská attaccava file di piccoli biglietti del metrò parigino a fianco dei suoi disegni, doveva quindi essere comunque un buon mezzo) e mi ha portata prima a Bologna e poi a Milano.
Il piccolo Re dei Fiori di Květa Pacovská e la scatola dei paper wish di scena. I biglietti e i ricami sono stati realizzati da chi scrive.
Bologna è stata casa per un poco, e ancor più in quegli anni è stata casa e culla la biblioteca comunale di Salaborsa Ragazzi dove sono cresciuta - letteralmente insieme ai miei figli - grazie all’accoglienza e alla pazienza di Nicoletta Gramantieri, ed è per questo che le stanze di quella biblioteca e la foresta dei suoi scaffali sono tutt’ora il posto dove lascio che i passi si perdano quando inizio una nuova ricerca. È stato lì che ho trovato quel piccolo pertugio nel regno di Květa Pacovská: «fais toi tout-petit et passe par ici». Era scritto in caratteri bianchi su una pagina nera intorno ad un piccolo buco e, una volta entrata, a poco a poco ho scoperto i colori, i ditali, la poesia, la musica, Claude e Laura, i piccoli libri, i paper wish.
Particolari delle opere di Květa Pacovská ritrovati tra i libri di Sala Borsa Ragazzi e la collezione di Paolo Canton e Giovanna Zoboli.
Poi c’è stato un altro treno, verso Milano dove Giovanna Zoboli e Paolo Canton, che hanno una cura infinita per i libri non solo quando li pubblicano ma anche quando li trovano tra vetrine e scaffali e li adottano, mi hanno accolta con la loro collezione di libri di Květa Pacovská distesa sul grande tavolo alle spalle di Giovanna, qui ho trovato pagine e copertine piene di orologi, stagioni, bottoni, spartiti musicali, fiori e boccioli, gatti, re, matite e personaggi che già attraversavano le pagine della Pacovská prima di approdare ne Il piccolo Re dei Fiori.
La collezione di libri di Květa Pacovská di Paolo Canton e Giovanna Zoboli.
Alle scoperte, soprattutto durante i viaggi in treno, spesso si sovrimpressionano i ricordi, e così è stato anche in quei giorni: al mondo di Květa Pacovská che scoprivo in quei viaggi si sovrapponeva sempre più chiaramente il ricordo di una poesia di Wisława Szymborska, quasi contemporanea alla fiaba del Piccolo Re e al tempo stesso proprio così vicina e così lontana. La poesia era Amore a prima vista e nella mia libreria stava in una piccola edizione Scheiwiller nera con una foto in copertina.
Una pagina tratta da The art of Květa Pacovská, Taccuino d’amore di Wislawa Szymborska nell’edizione Scheiwiller e il primo paper wish di scena.
Ogni bulbo, nella realtà come nella fiaba, è la culla di un desiderio e per questo vale un sogno. Mettere a dimora, avere cura, attendere e, infine, lasciarsi meravigliare da ciò che è cresciuto nei mesi in quel piccolo cuore addormentato fino a sbocciare, rappresenta, dunque, ciò che facciamo ogni volta che iniziamo a tenere una storia fra le mani. Tornavo da quei viaggi con le tasche piene di pensieri e desideri da mettere a dimora, come il Piccolo Re con i suoi bulbi di tulipano. Era autunno, era la stagione giusta, ci trovammo di fronte a un tavolo con Fabrizio Montecchi, Nicoletta Garioni, Valerio Longo, Paolo Codognola, Anna Adorno, e mettemmo al centro le impressioni e le ricerche di ognuno. Nicoletta, in special, modo aveva compiuto un lungo viaggio visivo alla base del suo lavoro sulle sagome, e portava un pugno di bulbi di tulipano. Con cura abbiamo iniziato a mettere entrambe le cose a dimora nel terreno di un grande vaso e nei nostri pensieri; avremmo debuttato la primavera seguente.
Ora che il cuore della storia stava sul fondo delle nostre tasche, stretto nelle mani, era giunto il momento di imbastire i fili della narrazione intessuti di parole, immagini, di ombre e corpi, in cui potesse trovare voce la storia o meglio le storie.
Cucire parole d’ombra per un Piccolo Re. Dopo averle scritte con Fabrizio Montecchi ho ricucito le parole della fiaba punto dopo punto sui tre paper wish di scena.
Le storie, al plurale, perché in questo caso le storie che sentivamo la necessità di raccontare nella drammaturgia dello spettacolo Fabrizio e io erano due: quella del Piccolo Re e della Principessa, ma anche quella di Claude e Laura, due giovani ritrovati tra le pagine di ritratti di Květa Pacovská, delle loro case, delle loro attese e del loro inizio che, in fondo, è solo un seguito, e quello della storia del Piccolo Re e della sua Principessa.
La storia racchiusa nel libro si anima attraverso due giovani: Claude, che si prende cura di una minuscola aiuola che trova davanti alla porta della sua nuova casa; e Laura, artista che ha il proprio studio nella casa di fronte, e che osservando i gesti e l’attenzione di Claude per il minuscolo giardino inizia a scrivere la fiaba del Piccolo Re.
Il Piccolo Re: sagoma di Nicoletta Garioni dai disegni di Květa Pacovská. Foto di Mauro del Papa.
Le parole scritte con attenzione non possono far altro che essere destinate: così, uno dopo l’altro, Laura lascia i biglietti della fiaba accanto alla piccola aiuola fino alla fioritura dei tulipani e a quello che lei pensava essere un lieto fine; qui il viaggio di entrambi ha inizio attraverso la fiaba e la realtà, nelle ombre e nei sogni, alla ricerca di ciò che veramente può colmare il vuoto di un giardino desolato.
Il viaggio del Piccolo Re: sagoma e lastre di Nicoletta Garioni e Agnese Meroni dai disegni di Květa Pacovská. Foto di Mauro del Papa.
I corpi e la danza raccontano la realtà, mentre le ombre animano la fiaba e i desideri, fino a che questi mondi, dopo un lungo viaggio che non sappiamo bene dire se attraversi un giorno e una notte oppure una vita, entrano l’uno nell’altro, si inseguono, si mancano, si cercano, si contaminano fino a culminare nel finale della storia in cui i protagonisti ricuciono, passo dopo passo e gesto dopo gesto, il mondo di fiaba con il reale e quello delle ombre con quello dei corpi. Nel nostro fare tutto improvvisamente si ricuciva attraverso un filo rosso di fiaba: i pertugi, il nero, le bocche, i personaggi, i viaggi, il tempo, le parole, i ditali, i biglietti, le attese, i desideri, i tulipani. Nell'ordito del racconto si tendono i fili che sembrano appartenere unicamente al reale, mentre quelli della trama lo attraversano rivelando le ombre della fiaba e, in esse, il ricamo dei desideri ancora invisibile alla luce della realtà.
I biglietti che Laura scrive per Claude e il suo giardino sono ispirati alla formula dei paper wish (foto sopra) scritta da Květa Pacovská, e portano cucite le figure e le parole con un filo rosso che, come quello tenuto nel becco dal regale e magico uccello del Piccolo Re, attraversa tutta la fiaba, dalla piccola bocca, al vento, al pentagramma della fioritura che riporta nei tulipani le note del tema musicale (composto da Paolo Codognola) per il Piccolo Re.
I paper wish su cui è cucita la fiaba. I biglietti e i ricami come il pugno di parole seguenti sono di chi scrive.
L’ago punge la trama sottile,
il filo l’attraversa muto, punto dopo punto incatenato.
Per proteggerti cuci una coperta,
unisci precisa il ricordo al giorno, la parola al corpo.
C’è un vento fortissimo stasera,
bello, freddo, inatteso,
stendila, ora,
anima l’ombra che hai smarrito.
Così, Laura, cucendo la storia del Piccolo re per Claude, a poco a poco rivela al pubblico e a sé stessa le ombre di una fiaba animate dalla luce e dai desideri della realtà.
L’attenzione, la cura, la speranza, l’attesa, la ricerca, la disperazione, l’abbandono, il ritorno, la felicità e di nuovo l’attenzione, la cura... sono l’immenso che le fiabe rivelano nel piccolo (nel piccolo di biglietti di carta, di bulbi di tulipano, di tasche, ditali, grembiuli, orologi, aghi e fili) e se ne ascoltiamo il risuonare sottile nelle parole d’ombra e seguiamo il filo rosso di quella silenziosa melodia, ogni cosa si svolgerà con desiderio dalla prima battuta all’ultima e, poi, di nuovo da capo, perché se ogni inizio è solo un seguito, ogni seguito, come in una partitura musicale sarà sempre un nuovo inizio.
Un fiore disegnato da Květa Pacovská e il tulipano piantato alla prima riunione delle prove e sbocciato la scorsa primavera.
[Dopo una lunga sospensione data dalla situazione di questi mesi Il piccolo Re dei fiori – fiaba per ombre e danza, tratta dal celebre libro di Květa Pacovská, una creazione di Valerio Longo e Fabrizio Montecchi coprodotto da Teatro Gioco Vita e Balletto di Roma, giunge al debutto. Sono così per noi i giorni in cui si chiudono gli ultimi punti, si assicurano i fili e si controlla che il lavoro fatto e il suo rovescio siano saldi e ben incatenati l’uno all’altro. Lo spettacolo debutterà domenica 14 febbraio 2021, con Marcello Giovani e Isabella Minosi, la drammaturgia di Enrica Carini e Fabrizio Montecchi, la regia e le scenografie di Fabrizio Montecchi, le coreografie di Valerio Longo, le sagome (tratte dei disegni di Květa Pacovská) di Nicoletta Garioni e Agnese Meroni, le musiche di Paolo Codognola, i costumi di Sara Bartesaghi Gallo e Nicoletta Garioni, le voci registrate di Valeria Barreca e Tiziano Ferrari, luci di Anna Adorno, realizzazione scene di Giovanni Mutti, Nicoletta Garioni e Agnese Meroni.]