[di Viola Niccolai]
A primavera sono stata contattata da Valentina Pagliarani dell'Associazione culturale Katrièm, a Cesena. Stava dando il via alla prima tappa di un progetto corale dal nome "favole urbane" che nasce, citando le sue parole, “dall’idea di coinvolgere una serie di illustratori di albi per ragazzi in un macro progetto di arte pubblica. La suggestione per questa favola urbana è quella di riprodurre illustrazioni di libri su muri di città attivando un processo di relazione tra diversi luoghi e diverse città coinvolte. Gli illustratori coinvolti saranno chiamati a scegliere per ogni città una propria illustrazione, ma sviluppando una relazione con le scelte degli altri artisti. Le illustrazioni, appartenenti a libri e a storie totalmente diverse si incontreranno tra loro formando un nuovo immaginario racconto”.
Per questa prima tappa, che parte da Cesena, ha pensato a La volpe e il polledrino.
Le dico che mi entusiasma l’idea, anche se non ho mai lavorato su un muro né su un formato tanto grande; d’estate ci incontriamo a Cesena e a fine settembre torno in Romagna per realizzare finalmente il progetto. Dopo varie richieste, d'accordo col comune di Cesena è stato infine scelto il muro di uno degli edifici esterni della scuola Carducci, in via Turchi, in centro. L’idea è di lavorare al muro (nei ritagli di tempo in cui non piove), oltre a condurre tutti i giorni laboratori proprio in quella scuola sulla storia di Gramsci.
Ogni volta che entro nelle scuole con l’albo, quando domando ai ragazzi se hanno mai visto una volpe, raccolgo una serie di risposte diverse a seconda dei luoghi in cui mi trovo. C’è che mi dice che l’ha vista solo allo zoo, chi morta ai margini dell’autostrada, chi l’ha vista sulla spiaggia e chi ha amici/nonni/zii che vivono in campagna e la vedono tutti i giorni. Mi fanno domande su Gramsci: perché doveva scrivere lettere ai figli e perché era in carcere per un’idea; sanno subito cos’è un polledrino, ma non sanno cos’è una cooperativa e dopo la spiegazione concludo: «È come la Coop», senza che nessuno capisca troppo cos’è questa Coop che, alle loro orecchie, suona piuttosto senza c. Mi chiedono quant’è vera questa storia, quanto c’è di fantastico e quanto di reale, e così cominciamo a fare lo stesso tipo di riflessione sulle mie illustrazioni.
Viola Niccolai, illustrazioni per La volpe e il polledrino, testo A. Gramsci.
Mi chiedono perché, pagina dopo pagina, la volpe cambia colore e dimensione; ci interroghiamo soprattutto sulla tavola in cui la volpe fugge come un lampo, per decidere che, anche se è fuggita, la volpe c’è, è una macchia gialla che si muove veloce, e quindi è appurato che anche quella pennellata è una volpe. Sono affascinati dalla scatola di latta che porto in classe e mostro una volta terminata la lettura, e qualcuno decide di disegnarla dal vero. In classe si lavora con la china, su grandi formati, spesso guardando le foto che sono servite a me per le tavole del libro. In più, i ragazzi hanno notato che il disegno sul muro sta prendendo forma. Ma piove quasi sempre durante i laboratori, e restiamo in classe a dipingere.
L’idea è di creare dei grandi leporelli che occupano, aperti, due banchi e su cui i bambini disegnano a coppie. Alla fine della settimana i loro elaborati vengono esposti alla sezione ragazzi della Biblioteca Malatestiana, come libri da sfogliare. La stessa biblioteca ospiterà la mostra delle tavole originali del libro, a partire dal 7 novembre.
Il lavoro al muro, fra il mal tempo e l’influenza che avanza, è durato una settimana, tra fine settembre e inizio ottobre. Già dalla prima volta in cui Valentina mi aveva parlato del progetto avevo chiara l’immagine del libro su cui avrei potuto lavorare, senza sapere quale muro della città sarebbe stato indicato. Avevo scelto da subito la tavola della corsa della cavalla intorno al piccolo, in mezzo ai bambini in posa per la foto di classe.
A settembre, prima di partire per Cesena, mi sono quindi ritrovata a disegnare su grandi fogli preparatori un bambino dopo l’altro, per adeguarlo alle proporzioni del muro. Poi è stata la volta del turchese, del blu e dell’ocra e via via che i dettagli venivano fuori, la gente che passava mi chiedeva di raccontare. In questo senso è stata un’opera partecipata, con la gente residente nella via che ogni giorno veniva a vedere a che punto ero e se il disegno progrediva. Ho cercato di attenermi il più possibile alla tavola, anche se già da subito il problema che è sorto spontaneo è stato come poter adattare il tratto del pennello al segno della matita che era sul libro.
Ho preferito puntare su un’immagine che ricordasse il più possibile la tavola illustrata, ma ho anche cercato di dare all’immagine nuova un valore a sé stante, perché non avrebbe avuto troppo senso cercare di ricalcare uno stile attraverso un’altra tecnica, rischiando di far diventare tutto il risultato molto macchinoso. Per me l’immagine su muro doveva richiamare certamente quella del libro, esserle fedele nelle proporzioni, nei volti delle figure, nei colori, ma doveva anche funzionare in maniera autonoma, in primis perché non era più in mezzo a una sequenza narrativa, e poi anche per il principio di diversità implicito nell’idea stessa di dare una nuova vita a quell’immagine.
Un ringraziamento a tutti quelli con cui mi sono consultata perché il muro venisse al meglio: Cristina Portolano, Marco Garofalo, Claudio Chimenti, il muratore di fiducia Fabrizio, la signora della mesticheria di Abbadia San Salvatore, nonché Gaia Cortesi che in Romagna mi fa sempre sentire a casa.