[di Sara Elena Rossetti]
Quando t’innamori di un libro vorresti non finisse mai per non doverlo lasciare, vorresti portarlo con te ovunque: in metro, in bus, a tavola e al supermercato. Vorresti leggerlo e rileggerlo, scoprendo ogni volta qualcosa che non avevi notato prima. Con Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno mi è successo proprio così e, anche se l’ho già letto più volte, di quando in quando lo riprendo, lo apro e vedo cosa ha da dirmi quel giorno.
Sono poesie delicate e sincere, fotografie poetiche che seguono il ciclo delle stagioni nella vita di un bambino o un adolescente e un po’ anche di tutti noi, dei nostri ricordi di scuola, gli amici, l’estate al mare, condito da tutte quelle cose che amavamo fare come guardare il treno passare, salvare un riccio per la strada, stare distesi su un prato a guardare il cielo. Tutto quello che in fondo non ci ha abbandonato e che vorremmo fare ancora oggi.
Da un paio d’anni avevo in testa l’idea di portare questo libro in classe, nel liceo linguistico dove insegno e leggere qualche poesia insieme ai ragazzi, condividere con loro quest’esperienza poetica e, perché no, provare a tradurre insieme qualche verso in inglese. All’inizio dello scorso anno avevo stabilito con gli studenti della 1CL che il sabato sarebbe stato il giorno della letteratura, della cultura e della civiltà, della lettura e forse in fondo anche del non seguire troppo le regole. Tutte le altre lezioni della settimana invece sarebbero state dedicate alla grammatica, ai vocaboli, alla conversazione. Il sabato quindi portavamo il nostro bel libro di cultura e civiltà e spaziavamo tra argomenti vari, da Londra a Stratford upon Avon, dall’uso dei social tra i teenager agli sport e all’istruzione, leggendo, facendo lavori di gruppo e scambiandoci opinioni. Verso la fine dell’anno ho detto agli studenti di non portare il libro perché per qualche sabato ci saremmo occupati di poesia.
Mi hanno guardata stupiti, forse perché la poesia si affronta in seconda in italiano o perché non sapevano cos’avessi in serbo per loro. Ho introdotto Poesie della notte, del giorno e di ogni cosa intorno e ho detto due parole su Silvia Vecchini e sulla casa editrice Topipittori, raccontando il libro ai ragazzi. Poi ho parlato loro della mia idea di leggere e tradurre insieme. Dopo i primi momenti di generale incredulità ("Chissà perché la prof. di inglese ogni tanto ci fa fare cose strane!") i ragazzi si sono entusiasmati.
Così, il sabato successivo abbiamo iniziato parlando di che cos’è la poesia per loro e di come la definirebbero; le risposte sono state varie, da “un’espressione in versi” (Danilo) a “esprimere se stessi con semplici frasi” (Rebecca), “l’arte di scrivere” (Matteo) e ancora “parole che nessuno capisce” (Andrea). Abbiamo messo insieme diverse idee e sulla definizione di Andrea ci siamo soffermati più a lungo, confrontandoci su come l’arte sia spesso enigmatica o criptica e non così facilmente definibile.
In seguito ci siamo passati il libro di mano in mano e gli studenti hanno letto ad alta voce alcuni versi. Non so quante volte avessero letto poesie ad alta voce prima di quel momento, comunque è stato un sabato emozionante. Alcuni di loro erano in imbarazzo, altri erano inaspettatamente serissimi, altri ancora non hanno proprio voluto esporsi. Di quando in quando arrivava qualche commento sulle poesie appena lette: chi ne apprezzava di più una rispetto a un’altra, chi diceva di non capire e chi avrebbe voluto provare a scriverne una.
Ricordo che, quel giorno, una delle poesie che riscosse maggior successo fu:
So che sei di sasso, fatta di pietra
e che non svegli né lupo né strega
ma se guardandoti riesco
a non vederti come un disco
ma tonda per via dell’ombra
dove non arriva il sole
allora il cuore fa un tuffo nello spazio.
È tutta un’altra cosa, cosa rara
avvertire il silenzio della notte larghissima
che ci separa.
A proposito di enigmi, mi sono resa conto che alcune poesie sono state lette più volte proprio perché ci sembrava di non averle comprese subito. Erano proprio i ragazzi a chiedere di rileggerle. Il sabato successivo abbiamo discusso di cosa voglia dire tradurre: se una poesia si traduce alla lettera oppure di pancia, se è il caso di usare il dizionario oppure no. Ho cercato di far capire agli studenti che secondo me, per tradurre, una delle prime cose da fare è provare ad afferrare il testo, farlo proprio e vedere che cos’ha da dirci. Quando abbiamo carpito un pezzettino della sua anima forse siamo pronti a iniziare. Poi abbiamo parlato del fatto che non c’è sempre una traduzione giusta e una traduzione sbagliata, non è sempre tutto o bianco o nero, piuttosto esistono interpretazioni diverse dello stesso verso, della stessa espressione, quindi il traduttore deve individuare la sfumatura che vuole dare perché sia quella che lui ha visto nel testo di partenza. In fondo il traduttore è uno scrittore. Per noi l’impresa sarebbe stata assai ardua: la mia richiesta era quella di tradurre le poesie di Silvia dalla nostra lingua madre, l’italiano, all’inglese, che è esattamente l’inverso di ciò che si fa di solito.
Ho poi assegnato una poesia a ogni studente - ben 26 studenti! - e ho chiesto loro di iniziare a leggere il testo. Il mio intento iniziale era quello di scegliere una poesia in base alle attitudini dello studente/essa, ai suoi gusti e a ciò che io avevo intuito del carattere ma non è stato così semplice e ho avuto le mie difficoltà nell’assegnare i testi. Qualcuno ha chiesto come mai gli avessi assegnato una poesia che parla di scarpe vecchie, o di uno studente che non ha molta voglia di fare i compiti. Con qualche commento ma nel generale entusiasmo, gli studenti hanno iniziato a lavorare da soli oppure in piccoli gruppi per farsi dare una mano.
Il punto è che questo lavoro stava diventando interessante e io non avevo calcolato bene i tempi: avremmo avuto certamente bisogno di più ore da dedicare al progetto e le lezioni stavano volgendo al termine. Il laboratorio d’informatica era spesso occupato e soprattutto alcuni studenti cominciavano a essere molto tesi per la fine dell’anno scolastico. Le ultime interrogazioni, le verifiche, la paura di non passare alla classe successiva, tutto questo mi pareva allontanarci dal terminare il nostro lavoro di traduzione. Altro che totale immersione nella traduzione e nella poesia: i punteggi, le medie, i timori sembravano remare da tutt’altra parte. Con ampi sforzi di lucidità e concentrazione siamo infine riusciti a continuare il nostro progetto in un’atmosfera serena e calma, abbiamo potuto mettere insieme gli ultimi test e interrogazioni e anche finire le traduzioni delle poesie che ci mancavano. Alcune studentesse, più veloci e zelanti, hanno tradotto più di una poesia e me le hanno inviate via email. Un giorno siamo andati in laboratorio e abbiamo iniziato a raccogliere tutti i nostri testi tradotti in inglese.
Forse non abbiamo avuto abbastanza tempo per tirare le somme di tutto il lavoro fatto, ma l’estate mi ha permesso di tornare a leggere e a riesaminare e quando ci rivedremo sarà bello vedere dove sono andate a maturare le parole.
1.
Sono a letto.
E’ scuro fuori, in casa tutto spento:
scendo con l’ascensore lento
nella miniera di carbone della notte.
Mi addormento. Voglio andare
giù piuttosto che salire,
dondolare come una moneta
nell’acqua della fontana
finire nel fondo,
scendere le scale che ho dentro
e perdermi un poco se è profondo.
I’m in my bed.
It’s dark outside, lights are off:
I go down with a slow lift
in the coal mine of the night.
I fall asleep. I want
to go down and not up,
dangling like a coin
in the water of the fountain
stop at the bottom,
go down the stairs I have inside
and get lost if it’s deep
2.
Quando senti l’estate arrivare
metti tra le cose da fare
cogliere un papavero premere
il pistillo stampare una stella
sulla fronte di un’amica
fischiare usando un filo d’erba
lasciare una briciola in terra
e aspettare una formica
cercare un soffione prendere
fiato soffiare insieme
ricordare che ogni desiderio
è un seme.
When you hear the summer coming
write among the things to do
taking a poppy pressing
the pistil printing a star
on a friend's forehead
whistling with a blade of grass
leaving a crumb on the ground
and waiting for an ant.
Looking for a dandelion taking
a breath blowing together
remembering that every desire
is a seed.
3.
Distesa sul prato,
il libro aperto sopra la faccia
mi ripara dal sole
mentre mi cascano dentro
tutte le parole.
Lying on the grass,
the book is open over my face
it protects me from the sun
while all the words
fall inside me.
4.
Con te il tempo è pane
io lo mordo, lo bevo come latte.
Si ferma, riparte
è lungo e breve insieme
è un seme con il sale
che sazia la fame e la fa tornare
quando
te ne devi andare.
With you time is bread
I bite it, I drink it like milk.
It stops, it starts again
it’s long and short together
it’s a salty seed
that satisfies my hunger and makes it come back
when
you have to go.
5.
Giorni che si stampano come piedi
sulla sabbia, come baci sulla guancia
fanno schiocchi sonori,
li tiri fuori quando vuoi,
non li dimentichi perché non puoi.
Days that plant on the sand
like feet, like kisses on the cheek
they click loudly,
you can fish them out when you like,
you don’t forget them because you can’t.
Illustrazioni di Marina Marcolin.