[di Rita Gamberini]
I bambini, di Giovanna Zoboli, con illustrazioni di Enrico Pantani (Interno Poesia Editore, 2022).
Il cane si è preso il libro e di corsa l’ha portato in cortile, l’ha strapazzato, mordicchiato, non voleva ucciderlo, solo giocarci, poi l’ha lasciato, orfano in mezzo all’erba, non gli interessava più. Come fanno i bambini quando, con l’entusiasmo che solo loro sanno cos’è e noi non lo capiamo, si dedicano a un oggetto, un gioco, un passatempo, ci mettono tutto l’impegno a quella cosa senza altro scopo che divertirsi, poi passano ad altro.
Ho recuperato il libro, era ancora leggibile, ho riletto tutte le poesie, a fianco delle più belle ho segnato una W a matita, viva questa e viva quest’altra. Molte W.
Poi sono andata a cercare le bambine, chissà, volevo forse accertarmi che Giovanna non avesse fatto loro un torto. Le ho trovate, nella loro completezza sfavillante e matura “entrare nel grembo del tempo pronte al buio e alla luce dell’esistere” e ho scelto.
La bambina è sonora.
Ha dentro tutte le voci del mondo
il cantare dei versi viventi.
Strilla altissima.
Rompe tutti i gusci.
Dalle uova escono tutte le creature
Di sua nascita universale.
***
Nel passeggino la bambina
spinge la scimmia pupazza
l’innamorata, folle d’amore
fatta di giungla e d’avventura.
Da lei apprende la felicità
del tempo senza ore,
la faccia chiara delle cose
eternamente grate
eternamente sole.
Nella raccolta I Bambini è come se Giovanna Zoboli, stringesse gli occhi, per vedere meglio; non c’è miopia, c’è la precisione nitida di chi osserva senza ammiccare, e tace assente – presente al muto esame delle cose.
Non c’è pedagogia, ma critica profonda, cosa abbiamo fatto per i nostri bambini, quelli di tutti intendo, da dover chiedere “pietà per questi orfani del cielo”?
Cosa abbiamo fatto se la bambina
“ascrive le nostre voci alla classe
delle catastrofi irrimediabili
alle cose senza la grazia di un nome.”?
Da come li nominiamo, questi bambini, si comprende
“l’entità della catastrofe
della perpetua violazione
del futuro come una tomba
nera, di questa assenza di mistero
che ci attanaglia.”
Con le loro voci, i saltelli, le mani nelle nostre mani, tristi o innaturalmente eccitati,
“i bambini si direbbero
tutti presi da qualche salvifica impresa
una fatica senza posa, intollerabile
come redimerci, scongiurare la catastrofe
saputo dell’apocalisse, prendersi tutta la colpa.”
Penso che davvero i bambini ci salvino, la salvezza che ci offrono è data dal non lasciarsi mai scrutare fino in fondo. Dipende da noi, dai nostri sguardi riuscire a intravedere quello che sono, stare al gioco, lasciare spazio all’invisibile. Come quando spingendo l’altalena solitaria
“senza mani senza corpo
mostrano l’invisibile
il seggiolino vuoto contro l’azzurro
verso il picco di luce
dell’infanzia.”
Lasciamo che il bambino sia “pastore del suo gregge” e che
“la madre sulla panchina
con la punta della scarpa nella ghiaia”
ricordi, frugando tra i sassolini, la bambina che è stata
che al momento dei saluti abbraccia le gambe grandissime
che sulla seggiovia batte le mani per il freddo
che dal grande bagliore del treno trasmigra tutta nel paesaggio e dice guarda il lago, il campo di girasoli, guarda come vola il mondo.
In questa raccolta poetica i bambini si vedono bene, non si può sbagliare, male interpretare, parole chiare e profonde si fondono nelle belle immagini di Enrico Pantani che sfumano e addolciscono senza nascondere niente. Siamo nella poesia pura. Chi la leggerà troverà tanto ancora, si tratta solo di lasciarsi andare alle cose sensibili, che come dice Giovanna è una bella espressione.
POESIE
La faccia felice delle giostre
quando in spiaggia
fra i rumori di caffè, di cappuccini
la mattina
aspettano i bambini.
***
Abbiamo camminato fin qui
ci siamo seduti sulla riva del lago
- un lago con le rive brune,
scivolose e l’acqua lucente, fredda.
C’era una latta vuota di spaghetti
vecchia arrugginita che ci ha salutati
come un ultimo baluardo d’avventura
- chissà da chi svuotata, appartenuta.
Ci piacerebbe, prima o poi, dormire qui
la notte, nella capanna disadorna
o mettere una tenda
sederci in silenzio
sotto le stelle – tirare fuori
il mangiare dallo zaino
aspettare che passi
anche tutta la vita.
***
Così piccolo, nel pentolone
del bagnetto il bambino
annuncia la favolosa
fucina delle fiabe, l’ucci ucci,
lo spignattare degli orchi, le manone
fare di ogni piccolo
un agnello
la prelibata cucina
degli affetti.